Ho conosciuto qualche film di Abbas Kiarostami, noto regista iraniano.
Ne Il sapore della ciliegia, il protagonista cerca qualcuno che lo aiuti a realizzare il suo piano di suicidio. Dapprima si rivolge a un militare, poi ad un seminarista. Alla fine sarà aiutato dal vecchio tassidermista di un museo.
Inquadratura fissa su un solo interlocutore per volta, l'altro è lo spettatore. Non interessano i moventi del suicidio, mai accennati, ma la nostra reazione. È rigettato il conforto della fede e della saggezza popolare, ed è attenuato il nichilismo del protagonista.
Finale metacinematografico con immagini della troupe al lavoro.
Ten è interamente girato nell'auto di una giovane donna, con cinepresa fissa sul cruscotto. Sei passeggeri, sei storie quotidiane a tratteggiare la società iraniana. Colpiscono la figura del bambino, già portatore del germe patogeno del maschilismo e della prepotenza del suo genere (recitazione assurda), e quella di una prostituta, mai inquadrata in volto e sottratta al nostro giudizio severo.
Duro da digerire ma tagliente e autentico.
Close up è una perla rara.
Un povero cristo riesce a farsi passare per il noto regista Makhmalbaf presso una ricca famiglia, finendo quasi per convincerla a finanziare un suo lavoro.
Un gioco di specchi vorticoso generato da meta-cinema all'ennesima potenza, in cui ogni attore interpreta se stesso. È anche una riuscita riflessione sulla finzione della recitazione poiché il protagonista scopre lo stesso piacere dell'inganno iniziale quando al processo ammette di aver finto d'esser Makhmalbaf per un irresistibile voglia d'esserlo realmente.
È quindi anche una dolce conclusione su quanto in Iran il cinema sia una chimera, e Kiarostami lo sottolinea esibendo la povertà dei suoi strumenti tecnici.
Questo è un film meraviglioso.
Ho visto anche il piccolo omaggio di Moretti a Close up, abbastanza bruttariello.
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