Ho visto la cosiddetta trilogia della glaciazione di Haneke e ne sono rimasto profondamente angosciato e disturbato, specialmente nel culmine dell'ultima parte de Il settimo continente, che ho visto per ultimo e che m'ha fatto mancà l'aria.
Haneke è una iniezione letale. Gelido come una morte in vitro. Scrupoloso e solerte come un chirurgo. Ha il raro dono di trattenere nella struttura più esile e controllata il più inconsolabile e traboccante oceano di disperazione.
Ho trovato notevole anche Funny Games, che è un gigante contraltare di quel che (non) è il cinema di Tarantino, partendo da un simile approccio. E' la biforcazione drammatica del sadismo, la foce della repressione. L'intesa con lo spettatore si costruisce sulla negazione alla morbosità sadica di questo: "non te lo faccio vedere così che tu possa accorgerti di morire dalla voglia di vederlo". Raggiunge lo stesso obiettivo di de-potenziare l'atto violento e farsene beffa facendolo sparire dal campo, e non esibendolo come un prezzolato spettacolo per scimmie. Alla fine del film ci si è divertiti e ci s'è incollati ugualmente alla poltrona, titillando tutti i piaceri alemaiani, ma si trema e s'ha paura della mostruosità della propria natura.
Ho visto anche Il tempo dei lupi, che segnala grandi momenti, ma si dissolve in troppe lungaggini. Evidentemente Haneke mal si presta al dramma "raccontato" ed il film risulta molto meno efficace a dispetto di una trama prospera di spunti (l'uomo in uno scenario post-catastrofico).