In pratica sulla gestione delle autonomie si compie un passo indietro di vent'anni, quando le regioni erano si e no tappezzeria.
Fino al 97, prima di Bassanini, la situazione era semplice: lo stato gestiva tutto e la decentralizzazione amministrativa - con gli uffici trasferiti solo a metà anni '70 - era rimasta su carta. Con la clausola di interesse nazionale tutto veniva portato al livello superiore, e le regioni non riuscivano nemmeno a gestire le materie esplicitamente affidate loro dalla Costituzione.
La riforma del 2001 come inquadrata dalla giurisprudenza costituzionale, che ha fatto un lavoro immane, ha ribaltato la situazione: un numero di materie ben precise è affidato allo Stato in competenza esclusiva, un altro numero di materie ben precise è in concorrenza tra stato e regioni.
Che significa in concorrenza ? Significa che lo stato mette la "cornice", cioè la legge (il cui nome è, appunto, legge cornice) che definisce i principi ed i criteri direttivi della materia e di per sé già autonoma ed operativa, e la regione il "quadro", la sostanza adattata al contesto territoriale e locale.
La novità rispetto alla precedente normativa è enorme: tutte le materie al di fuori di quelle tassativamente elencate in competenza esclusiva o concorrente sono appannaggio delle regioni e non più dello stato centrale (cd decentramento e clausola di residualità).
Ovviamente ci sono delle eccezioni: molte materie esclusive in realtà hanno un margine di azione più ampio e vanno interpretate estensivamente (cd. materie trasversali, che funzionano come contenitore a cui collegare un contenuto più ampio) e vale il principio di sussidiarietà, cioè l'azione è collocata al livello dove risulta più efficiente, principio mutuato dall'Unione Europea tra le altre cose.
Io lo trovo un sistema più efficiente, che ha riconosciuto anche la parametrizzazione costituzionale di elementi fondamentali come le fonti pattizie del diritto internazionale (i trattati) e delle norme CEDU come interpretate dalla Corte EDU. Inoltre si è definitivamente stabilizzato e pare funzionare, al contrario del sistema precedente - e che per molti aspetti questa riforma riporterebbe in auge - che ha di fatto relegato le regioni a comparse dell'ordinamento pubblico italiano.
Poi io sono un fermo sostenitore del decentramento amministrativo e di una localizzazione dei problemi che a livello molecolare possono essere meglio analizzati e risolti e che garantiscono tra l'altro una diminuzione del lavoro a carico dello stato centrale - il quale viene comunque considerato l'attore principale nel sistema ricostruito dalla giurisprudenza nazionale - che invece così si ritroverebbe a maneggiare molto più materiale con relativa estensione dei tempi, altro che semplificazione.
La cosa comica è che accanto ad una svalutazione delle regioni è stata inserita una camera delle autonomie, tipica degli stati federali. Camera che, come detto, dovrebbe entrare a pieno titolo nel sistema di traduzione legislativa delle direttive europee come fa adesso il Senato, senza essere però eletto direttamente dalla popolazione. E si tratta di un argomento delicatissimo, visto che la trasposizione di una direttiva europea significa indicare i mezzi con cui far fronte ad un obiettivo tassativamente stabilito dall'Unione, ed evitare le conseguenze che deriverebbero da una mancata traduzione.
E va bene che c'è la possibilità, o la promessa, che quel senato sia alla fine eletto a base regionale (o così mi pare aver letto qua e là) ma nella nuova Costituzione di questo non c'è traccia e verrebbe poi delegato ad apposite norme locali, con la possibilità di ottenere egualmente una Camera bloccata ed altamente diversa da quella "principale" che avrebbe poi il suo bel peso nel processo decisionale europeo di cui sopra, con una costituzionalizzazione di una procedura oggi delegata ad una legge ordinaria (legge La Pergola, modificata dalla 11/2005).
Ed in ogni caso, anche se così fosse, i tempi per l'attuazione e la scelta di normative regionali così delicate per l'elezione sarebbero biblici e soprattutto differenziata da regione a regione. Si parla di tempi minimi di 6 anni, d'altronde.
Le leggi, invece, risultano già essere specializzate nel sistema attuale ed esiste un meccanismo, quello della commissione deliberante ereditata nientepopodimenoche dal fascismo, che in teoria dovrebbe essere in grado di snellire la macchina burocratica.
Per il resto, come già detto, ritengo che quello della stabilità sia un problema politico e che la democrazia abbia i suoi tempi.
Una riforma in senso sostanziale della costituzione va affrontata, ma non è questa proposta dalla Renzi e dalla Boschi.
Una riforma che sarebbe accentratrice nelle competenze e nella riproposizione di uno stato centrale deus ex machina, di una semplificazione del procedimento legislativo solo su carta e di alcune confusioni e conflittualità.
Per me è NO.