AVETRANA (TARANTO) - Quarantadue giorni per sperare anche in un miracolo, pur sapendo - come ha sottolineato il procuratore di Taranto, Franco Sebastio - che piu' passava il tempo e meno possibilita' restavano di trovar viva Sara.La speranza si e' dissolta in una notte intera, stellata come non mai, quella necessaria per recuperare il corpo senza vita della quindicenne Sara, scomparsa il 26 agosto. E mentre i sommozzatori iniziavano il recupero in un budello pieno d'acqua in piena campagna, lo zio di Sara, Michele Misseri, snocciolava dinanzi a magistrati e carabinieri la sua confessione di morte:''Sara l'ho uccisa io, l'ho strangolata con una cordicella mentre era di spalle e ho abusato di lei dopo che era gia' morta''. Frasi agghiaccianti, pronunciate da una persona che appariva molto diversa da quella quasi impaurita, con le lacrime agli occhi, che qualche giorno prima aveva detto di aver trovato casualmente in campagna il telefonino della nipote. Michele Misseri, 57 anni, contadino, ora in carcere in stato di fermo di polizia giudiziaria per sequestro di persona, omicidio volontario e occultamento di cadavere, ha confessato e indicato agli inquirenti il luogo in cui aveva gettato il corpo seminudo di Sara - un corpo che dopo cosi' tanti giorni in acqua non e' stato fatto vedere neanche alla madre della ragazza - nel suo podere a due chilometri dal paese. Ma questo non vuol dire che la dinamica del delitto sia completamente chiarita. Il verbale dell'interrogatorio di Misseri e' stato secretato, e sull'eventualita' che l'uomo possa aver ricevuto aiuti gli inquirenti hanno riferito che ''sono in corso indagini''. Lo zio-omicida deve aver compiuto tutto in pochi minuti, alla base dovrebbero esserci state le sue avances sessuali nei confronti della nipote, che le avrebbe rifiutate nettamente pagando questo con la vita. Misseri deve aver 'agganciato' Sara poco prima che la quindicenne entrasse in casa per vedersi con Sabrina e andare al mare. L'uomo stava lavorando in garage, forse ha tentato l'ennesimo approccio e, al rifiuto di lei, e' scattato il raptus omicida. Sara e' stata strangolata con un cordicella, poi l'uomo l'ha spogliata e caricata presumibilmente a bordo di un'auto, portandola nel podere dove si e' liberato del corpo bruciando i vestiti. Il 29 settembre, 33 giorni dopo la scomparsa di Sara, ecco la messinscena del ritrovamento del telefonino mezzo bruciacchiato, privo di batteria e scheda Sim. Ma nel frattempo, secondo gli investigatori, qualcosa dev'essersi incrinato nella capacita' di Misseri di apparire un familiare in pena per nascondere il volto da assassino. Perche' ''e' possibile che in famiglia cominciassero a sospettare'' ha detto un investigatore stamani parlando con i giornalisti, e riferendosi probabilmente ad un intercettazione ambientale che sarebbe in mano agli inquirenti e nella quale Sabrina, riferendosi al padre, avrebbe pronunciato la frase ''allora se l'e' portata lui...''. Non solo. Misseri non ha precedenti specifici per reati sessuali, ma le avances nei confronti della nipote non erano nuove. Lo ha confermato il fratello di Sara, Claudio, parlando alla trasmissione 'La vita in diretta' e raccontando che la sera prima del delitto Sara si era lamentata con Sabrina per il comportamento dello zio. Ne era nato un litigio tra le due cugine, che poi si era ricomposto, tanto cheavevano preso appuntamento per il giorno dopo per recarsi al mare. ''E' una vicenda che ha segnato l'animo di noi tutti che abbiamo lavorato sperando sino all'ultimo in un esito positivo ''ha detto il procuratore Sebastio. E' la tragedia di un piccolo paese perche' colpisce direttamente piu' di un famiglia: quella di Sara Scazzi, innanzitutto, ma anche quella dei Misseri, che scoprono di avere in casa un papa' forse mai conosciuto a fondo. Il lutto cittadino per il giorno dei funerali, il rito funebre che probabilmente sara' celebrato al palazzetto dello sport o al campo sportivo per accogliere piu' gente possibile, forse unira' la gente per qualche ora nel dolore. Ma le ferite aperte in questi 42 giorni di ansie, ricerche, sospetti, accuse e lacrime sono troppo grandi per pensare che tutte si potranno rimarginare.
APPLAUSI E LACRIME QUANDO PASSA LA BARA - Il passaggio della bara di metallo grigio usata per il recupero del corpo di Sara Scazzi e' stato salutato da un applauso dei presenti, molti dei quali non hanno potuto trattenere le lacrime. Tra le decine di persone che hanno atteso vicino al podere in cui si trova il pozzo nel quale era stato gettato il corpo, tanti erano sul posto fin dalla notte scorsa. Il carro funebre con a bordo la bara si e' poi allontanato, scortato dai carabinieri.
PAESE SOTTO CHOC, AMICI ALLO ZIO 'FAI SCHIFO'
dell'inviato Francesco Loscalzo
E' un paese sotto choc Avetrana: 42 giorni dopo la notizia della scomparsa, oggi la certezza che Sara Scazzi è morta, uccisa brutalmente dallo zio che poi ha brutalmente abusato di lei, ha come paralizzato la piccola comunità , settemila persone, in provincia di Taranto, che si è stretta intorno alla famiglia, con in testa i compagni di scuola della studentessa quindicenne. Ad Avetrana - in questo clima di "paralisi" interiore - è stata una lunga giornata surreale, cominciata la notte scorsa, con decine di persone nelle campagne, a due chilometri dal centro abitato, in attesa che fosse portato via il cadavere della ragazza. Cosa che è avvenuta solo stamani, intorno alle ore 11, dopo ore di lavoro per raggiungere il fondo di un pozzo dove l'assassino l'aveva buttato: scortato dai carabinieri, il carro funebre ha lasciato le campagne. La gente di Avetrana ha applaudito, ma, soprattutto, ha pianto e ha gridato la sua rabbia "contro un delinquente. Uno zio - hanno detto le persone che hanno fatto il segno della croce al passaggio del carro - non può uccidere una ragazza di 15 anni".
Ma veri protagonisti della giornata sono stati anche i giovani, i compagni di scuola di Sara. Spontaneamente hanno deciso di non entrare in classe, nell'Istituto alberghiero "Mediterraneo" di Maruggio, a pochi chilometri da Avetrana. Con i pullman sono andati davanti all'abitazione di Sara. Lì si sono abbracciati, hanno pianto e hanno scritto su tre cartelloni l'addio "a un piccolo angelo". Poi, all'improvviso, hanno cambiato destinazione e sono andati a casa di Michele Misseri, "lo zio assassino, la bestia, che ci fa schifo e che deve avere l'ergastolo" (ma un coro chiedeva la pena di morte). Davanti a casa Misseri, c'é stato anche qualche momento di tensione con alcuni amici che sono andati a visitare la moglie Cosima e le figlie Sabrina e Valentina: pochi attimi e poi i ragazzi sono andati via. Il dolore di Avetrana però non finisce e il sindaco, Mario De Marco, ha annunciato il lutto cittadino in occasione dei funerali. L'amministrazione comunale ha già chiesto al parroco, don Dario De Stefano, che gli stessi funerali si svolgano "in uno spazio più grande", al campo sportivo o al palazzetto dello sport. Perchétutto il paese di Avetrana e anche tante altre persone dei paesi limitrofi vogliano dare l'ultimo saluto a Sara.
COSI' IN DODICI ORE CROLLA L'ALIBI DI ZIO MICHELE
Da testimone di secondo piano a indagato per omicidio: in 42 giorni la figura di Michele Misseri, nell'inchiesta sulla scomparsa e adesso anche l'uccisione di Sara Scazzi, è cambiata di 360 gradi. La prima comparsa dinanzi ai carabinieri il contadino di Avetrana la fece nelle ore immediatamente successive alla sparizione della nipote quindicenne. Da 'persona informata sui fatti' riferì che in quei frangenti nei quali Sara scomparve nel nulla, lui stava lavorando in garage. Verità che, alla resa dei conti, si rivelerà parziale. Nell'inchiesta Misseri, del quale la cognata e madre di Sara, Concetta Serrano Spagnolo, aveva sempre detto fino a 48 ore fa di 'fidarsi ciecamente', sembrava dovesse rimanere ai margini.
E' stato così fino al 28 settembre, quando Misseri venne convocato nuovamente dai carabinieri. Il motivo pare fosse legato ad una intercettazione ambientale che non avrebbe convinto gli investigatori, nella quale il nome del contadino sarebbe stato fatto in chiave negativa rispetto alla scomparsa di Sara. Come se, in sostanza, Misseri nascondesse qualcosa. Dalla sua audizione non emerse nulla, ma la mattina seguente il contadino chiamò a casa e fece dare l'allarme ai carabinieri consegnando il telefonino della nipote, parzialmente bruciato e privo di batteria e di scheda Sim. Ai carabinieri disse di averlo trovato casualmente vicino alle stoppie che aveva bruciato in un podere nel quale aveva lavorato il giorno prima per conto terzi. Nel podere Misseri ci sarebbe tornato da solo per riprendersi un cacciavite che aveva dimenticato. Ai più quella circostanza apparve tutt'altro che casuale: si pensò che qualcuno avesse collocato volontariamente lì quel telefonino, sapendo che vi aveva lavorato Misseri e, dunque, per cercare di metterlo in difficoltà . Ora, alla luce dell'esito dell'inchiesta, quel ritrovamento viene visto dagli inquirenti più che altro come una messinscena per cercare di discolparsi. La svolta è iniziata ieri mattina: lenta, lunga, inesorabile. Poco dopo le 10 nella caserma del comando provinciale dei carabinieri di Taranto sono stati convocati lo stesso Misseri, sua moglie, Cosima Spagnolo, e la figlia maggiore, Valentina. Il contadino, per quello che si è saputo oggi dopo il suo fermo, sarebbe stato sentito per ore, confrontando le sue dichiarazioni con quelle dei familiari. Misseri, ha riferito un investigatore, avrebbe cambiato un paio di alibi, che però non avrebbero trovato riscontri. Così la tranquillità e la capacità di autocontrollo di Misseri nel tardo pomeriggio ha cominciato a vacillare. Magistrati inquirenti e carabinieri hanno insistito su alcune circostanze di quei minuti fatali nei quali Sara, invece di bussare a casa della cugina Sabrina, è scomparsa nel nulla, pur essendo arrivata quasi sotto l'abitazione. Intorno alle 22, dopo 12 ore di confronti incrociati, Misseri ha iniziato a fare le prime parziali ammissioni. La confessione totale, spietata nella sua crudezza pensando alla fine riservata alla nipote, è arrivata poco dopo.
E mentre, giunta ormai la notte, moglie e figlia lasciavano la caserma per tornare a casa, Misseri è stato accompagnato in auto nel suo podere a due chilometri dal paese per indicare il luogo preciso in cui aveva gettato il corpo di Sara. Poi il provvedimento di fermo e il trasferimento in carcere, mentre di notte si iniziava a scavare per recuperare il corpo della ragazzina.