A proposito di Welles, oggi in biblioteca ho dato un'occhiata a un tomo dedicato a lui della collana Il castoro cinema che una volta usciva con l'Unità.
Nell'antologia c'erano sue citazioni che lasciano intendere come il titanismo e la vitalità dei personaggi che interpretava sono propri della sua personalità.
Qualche chicca:
Il suo regista preferito era De Sica, seguito dal primo Ford.
Odiava il cinema dell'Europa continentale, in particolare quello nordico di cui riconosceva in Bergman il principale esponente. Citando qualcosa che non ricordo chi disse a proposito della Norvegia disse che puzzava di paraffina spirituale. Si dissociava dalla cultura della paura della morte, non a caso abbracciava il cinema italiano a scapito totale di quello tedesco. Ammirava Fellini (genio troppo provinciale) e schifava completamente Rossellini. A proposito sosteneva che gli italiani avessero una predisposizione naturale alla recitazione e che quindi fosse facile fare buoni film anche per cristiani totalmente privi di talento.
Ultima cosa curiosa: intrattenne per anni un carteggio con Ejsenstejn sebbene disistimasse il suo unico film che vide, Ivan in terribile, perché una volta criticò aspramente l'opera suscitando la risposta piccata dell'espressionista sovietico con la capa a schizofrenico. Ne venne fuori un lungo dialogo sull'estetica cinematografica, probabilmente frutto delle teorie con cui saltuariamente peppewendell c'ammorba il pesce.
Su Welles ovviamente dissento da quello che ha detto kowalski, che in fatto di cinema tiene gusti che trovo un po' singolari.
Però c'è da dire che a differenza dei grandissimi di sempre (penso a Kubrick prima di tutto) sia stato un po' monotematico e schiavo di una certa retorica nwedealista. I migliori lavori sono opere psicologiche (probabilmente è stato un precursore a riguardo nonché uno degli autori più citati di sempre) che trattano sempre personalità enormi con la consueta contrapposizione tra il sano e patologico (con cui si finisce in simpatia). E' il marchio di fabbrica dello stesso Quarto Potere, di Arkadin e di Quinlan.
Tipico degli ammerecani comunque. A me interessa il patologico antisociale, lebbroso e chin 'e impulsi autodistruttivi.

Vorrei proporre un tema ormai riccorrente (ma nun è colpa mia se scrivimm sempre 'e solite quatt cinche strunz a tant'anne). Partendo dalla necessaria assunzione che la tecnica è niente se non applicata all'idea, io voglio sapere da voi (in particolare gli utenti più anziani e preparati che hanno una conoscenza molto più storica e tecnica della mia) quale ritenete che sia il regista più innovatore della storia del cinema. Innovazione non tecnica in senso stretto, per cui mi auguro non citiate il mestierante capo Hitchcock,il referenziale Scorsese ecc.
Grande innovazione applicata a grande talento. Tipo (restando sul tema Welles) la deframmentazione cronologica applicata all'analisi della psiche, il pan-focus per compiacere la messa a fuoco ottica dello spettatore "confidente" o le riprese prospettiche da terra per asservire il gigantismo di certi personaggi.