«Il problema di Roberto è "Saviano", la mitologia di un autore che vive nel paradosso fin dal primo libro - descrivere la realtà attraverso documenti altrui. Ma essere investito dal pubblico adorante di una funzione salvifica di testimonianza di verità che ha esercitato nel primo libro già a metà, che tuttavia poi è diventato paradosso tragico per lui (per quanto sprofondi in questo narcisismo uno che a 27 anni è stato costretto a fare una vita blindata, da me che ho il "lusso" di andare a teatro al cinematografo o fare l'aperitivo al Pigneto o a Pizza Bellini avrà sempre la mia comprensione), in ogni caso lui "la realtà" non la tocca più con mano. Quindi concordo, la giustificazione epistemologica è errata, ma se è un veleno è lui per primo ad averlo ingerito. Poi, certo, lo spande con l'ingenuità di uno che non è maturato - vedi l’attacco generico agli scrittori italiani. Circondato da squali - e uno Squalo ora in particolare - dovrebbe liberarsi dell’ossessione della testimonianza, di sé stesso, degli squali e mettersi ad inventare, a fare letteratura. Kafka, della sua dimensione di prigioniero di un incubo, ci ha costruito un sistema di interpretazione della realtà molto più efficace in termini di verità da risultare più vero e profetico di quello dei cronisti dell'orrore che venne dopo e che lui non vide mai, ma che intuì prepararsi nell’Europa del suo tempo.
Spero per lui che possa misurarsi con la letteratura, l'unico antidoto che può salvarlo ora finché è in tempo. Mi fa pena come uno che sta morendo di una malattia che può essere contagiosa, dato che il suo milione di follower lo aiuta in questo. Ma avere ad ogni libro un dimezzamento di lettori - certo tantissimi, da far dire che chi lo critica è invidioso - è il segno che il suo orizzonte non è la profezia, ma la polemica. Destinata a divenire sciame digitale. Manco il pesce il giorno dopo ci puoi incartare.»
Mario De Santis