dedicategli sti 15 minuti, si parla di cose reali e non del complotto plutogiudaico massonico
Mario Monti al Grande Appuntamento con Barack Obama. Una riflessione sullo scontro in atto tra le forze reazionarie e progressiste.
di Sergio Di Cori Modigliani
E così siamo arrivati al Grande Appuntamento, che fondamentalmente è La Grande Sfida. Minimizzata, nascosta fin dove è possibile, presentata ai cittadini, da parte della truppa mediatica nazionale, come un normale passaggio diplomatico, la visita del ragionier robotico Mario Monti al presidente Usa Barack Obama giunge -con inquietante precisione matematica e un rispetto totale dei dispositivi ordinati dalla oligarchia sovranazionale- nell’esatto momento indicato dal programma di definitiva espoliazione delle risorse d’Europa, sia umane che materiali.
Ci sarà senz’altro (c’è proprio da scommetterci) chi scriverà o spiegherà alla tivvù che il nostro pimpante ragioniere va a Washington con il cappello in mano per chiedere all’America di darci una mano, per ricevere il semaforo verde di apprezzamento, per chiedere aiuto per le nostre imprese, per rabbonire le agenzie di rating, ecc.
Tutto ciò è astutamente falso.
Con l’inguaribile pervicacia di chi conosce a menadito i propri polli e sa come manipolarli mentre se li cuoce nella padella dell’austerità da strozzini, la Repubblica Italiana sta vivendo –direi, forse, in assoluto- il livello più basso di consapevolezza collettiva mai raggiunto nel campo politico. Il governo va in brodo di giuggiole nel presentare l’Italia, ancora una volta, come una nazione traballante, appena appena accettata tra quelli che contano, malata di complesso di inferiorità, titubante e modesta, riottosa eppur disciplinata, che si sta rimboccando le maniche affrontando sacrifici per promuovere il proprio sviluppo futuro. Da cui la visita in America per farsi accettare dai Grandi.
Non è vero niente.
La verità è che Mario Monti va in Usa a ricattare Barack Obama. Sfacciatamente.
E gli americani l’hanno capito alla perfezione.
Lo fa da una posizione di enorme forza, in rappresentanza di quel gruppo di oligarchi massoni della destra tecnocratica sovra-nazionale liberista che ha chiuso con lui un patto di ferro, eleggendolo come proprio ambasciatore per andare a confrontarsi pubblicamente contro il loro più feroce nemico: un preoccupatissimo quanto traballante Obama, in rappresentanza –da tre mesi ormai in maniera smascherata- dell’ala sinistra massonica, democratica e liberale quanto anti-liberista. Quella che in Usa sta combattendo una battaglia epocale per consentire di riaffermare i principii di Thomas Jefferson.
Con i popoli, cioè noi, a guardare in attesa degli esiti di questa battaglia che sarà senz’altro molto importante nel quadro strategico della Guerra Invisibile. Certamente nessuno ci dirà nulla. Gli incontri saranno ufficiali, retorici e piatti. Abbracci e complimenti reciproci, dichiarazione enfatiche comuni di enorme alleanza, perché questa è la prassi diplomatica del palinsesto tra incontri tra capi di governo quando si è in pace (si fa per dire). Ma è chiaro anche a un bambino come stanno le cose. Basterebbe pensare al terzo dei sette incontri in programma, -ufficialmente un incontro “amichevole” tra alleati- quello in cui intorno a un tavolo allestito nella grande sala delle conferenze del prestigioso club “Figli di Cristoforo Colombo” in omaggio alla Repubblica Italiana, siederanno da una parte Mario Monti, Terzi, Catricalà, Corrado Passera e qualche loro consulente e dall’altra parte del tavolo, come già annunciato, Leon Panetta, Ben Bernanke, Paul Krugman, Joseph Stieglitz e Jo Biden in rappresentanza personale di Obama..
Due interpretazioni del mondo completamente diverse.
Noi italiani, purtroppo, rappresentiamo la parte più reazionaria, retriva, e culturalmente pre-moderna (nel senso di precedente alla rivoluzione francese) una estrema destra tecnocratica, magnificamente offerta in doppiopetto alla Giorgio Armani, a garanzia di quell’incontro perverso tra gli interessi dell’opus dei e quelli della finanza destabilizzante.
Basterebbe guardare l’andamento dello spread e della borsa valori di Milano per comprendere ciò che sta accadendo sopra le nostre teste e ciò che è accaduto nell’ultimo mese, il tutto finalizzato proprio a quest’incontro decisivo.
Negli ultimi trenta giorni, l’Istat, la Confcommercio, la CGIL-CISL-UIL, l’ufficio del lavoro della Banca d’Italia, l’ufficio studi della Consob, lo studio del Politecnico di Torino, la Confindustria, l’Abi, hanno fornito dati comuni: massimo livello di disoccupazione negli ultimi dieci anni, massimo livello di disoccupazione giovanile negli ultimi 25 anni, crollo del consumo interno, contrazione dell’espansione di mercato, crollo della produttività, arretramento del comparto industriale, record di evasione fiscale, massima forbice raggiunta tra inflazione e salari, aumento della povertà, diminuzione dell’erogazione di mutui e record negativo nella richiesta di mutui nel settore immobiliari, ma soprattutto la più alta diminuzione di crediti agevolati da parte delle banche alle imprese, abbattimento degli ammortizzatori sociali, fuga di capitali in Svizzera, downgrading negativo dei rating nazionali e una previsione relativa al nostro pil interno in caduta del 2% che indicano una collocazione dell’economia nazionale tra la piena recessione e l’anticamera dell’esplosione depressiva. A questa bisogna aggiungere l’idea –abilmente fornita dalla totalità della truppa mediatica- di un cambiamento di rotta politica, magnificata dall’uscita di scena definitiva del sultano di Arcore, esemplificata dal suo tono modesto e arrendevole nell’intervista rilasciata al Financial Times tre giorni fa.
Sufficiente (questo triste quadro della situazione reale nel nostro paese) per far salire il nostro spread alle stelle e provocare, inevitabilmente, una forte contrazione in borsa con i titoli più solidi in lenta ma costante discesa.
E invece, lo spread si abbassa. La borsa valori raggiunge il più forte rialzo mensile da quattro anni a questa parte, le dieci aziende più decotte in tutto il listino segnalano un aumento tra il 10 e il 25%, le banche, già dichiarate ad alto rischio di insolvibilità, volano. Con i titoli di tutte le aziende del gruppo Mediaset e Fininvest che guidano il rialzo finendo per garantire a Berlusconi & famiglia il recupero –con notevoli interessi aggiunti- di tutto ciò che aveva perso tra agosto e dicembre 2011.
Se uno spettatore esterno, di formazione razionale, venisse chiamato a dare una interpretazione direbbe che le cose sono due: o sono falsi tutti i dati riguardo alla reale situazione dell’economia italiana, oppure sono falsi (perché gonfiati) i dati della borsa.
Basterebbe questa semplice constatazione per comprendere il totale scollamento tra la realtà del mercato dei capitali e la realtà delle industrie e aziende che producono ricchezza materiale (cioè che producono merci che noi consumiamo); oltre che il totale scollamento tra la realtà politica (diventata tutta, ma proprio tutta, puramente virtuale) e la situazione “reale” del paese.
Quando il 9 gennaio 2012 Mario Monti era andato a Londra, la truppa mediatica aveva eseguito gli ordini dei consulenti della comunicazione montiana sostenendo che “il premier va a Londra con il cappello in mano” (la cosiddetta opposizione) oppure che “Monti va a Londra per garantire il nuovo corso italiano” (la cosiddetta maggioranza trasversale).
E invece, a Londra, Mario Monti ha saldato la costituzione di un quadrumvirato reazionario il cui fine immediato consiste nel far tutto ciò che è possibile per far vincere le elezioni al diàfano Sarkozy, per sostenere il massacratore sociale Cameron, per garantire alla Merkel che si seguiranno pedissequamente gli ordini di Berlino per aiutarla nella sua rielezione, con un totale appoggio dell’Italia che conta. Il prezzo da pagare in patria per avere il semaforo verde è uno squisito nonché sostanzioso salvacondotto per il sultano di Arcore, il quale, con la sua consueta abilità, usa (giustamente, dal suo punto di vista) il passaporto per uscire alla chetichella dalla porta principale e rientrare in assoluto silenzio dalla finestra del retro, approfittando della corruttela massificata in àmbito politico, da lui portata alla sua massima espressione capillare sistemica. Avendo la possibilità di scegliere, Monti sceglie di chiudere l’accordo con i suoi fratelli massoni appartenenti alla sezione tecnocrati reazionari e oligarchi in salsa scozzese e si pone “ufficialmente” come il garante e ambasciatore degli interessi reazionari politici il cui fine consiste nel condurre fino in fondo una battaglia politica vincente di abbattimento di tutte le conquiste psico-sociali ottenute negli ultimi 250 anni in Europa. Offre il contro-valore delle 2.500 tonnellate d’oro che rappresentano la nostra estrema riserva strategica nazionale (pari a 122 miliardi di euro) e un corridoio preferenziale, garantito e confermato da tutta la classe politica italiana con benedizione del trono di S. Pietro, che consente alle multinazionali britanniche di gestire l’intero comparto delle dismissioni e vendita del patrimonio pubblico nazionale. In cambio ottiene il permanente acquisto di bpt per abbattere lo spread portandolo fino a 200 e far credere che le sue manovre economiche sono salvifiche (dimostrando così che l’economia non sarebbe una scienza bensì un passatempo per dilettanti) nonché il costante acquisto di azioni in borsa che non valgono assolutamente nulla, per consentire al management di tale aziende (composto da personale assunto sulla base di competenze nella gerarchia partitica e privi di alcuna competenza professionale nel settore marketing operativo capitalista) e quindi garantire ai politici italiani che controllano la borsa di lucrare a man bassa con la carta straccia rinforzando i propri forzieri e le proprie casseforti. Le azioni personali di Mario Monti, quindi, salgono alle stelle e lui diventa l’ambasciatore della parte peggiore dell’Europa. Il Maestro Venerabile della loggia italiana massonica Grande Oriente Democratico –che in Italia rappresenta la più fiera opposizione all’attacco frontale della massoneria reazionaria tecnocratica europea di cui costantemente ne denunciano l’operatività perniciosa e avvelenante- Gioele Magaldi, usando la sua terminologia libero-muratoria lo definerebbe “un contro-iniziato all’assalto che non ha scelto la Luce”. Più laicamente, io lo definirei un reazionario conservatore a garanzia dello status quo per impedire la necessaria rivoluzione democratica in Italia. Un gioco da bambini.
Il popolo italiano, narcotizzato a dovere, osserva senza poter fare nulla, essendosi trovato senza alcuna rappresentanza politica adeguata (la vicenda Lusi/Margherita docet!).
Ma c’è un ma.
Piuttosto sostanzioso.
Che ci insegna, per l’ennesima volta, quanto sciocca e inutile sia ogni generalizzazione e stereotipo. Perché esiste sempre il potere personale. E c’è sempre qualcuno, (la Storia ce l’insegna) che a un certo punto si alza e dice: no, a me non sta bene. Così come c’è chi dice: sì.
Nel paniere festaiolo e fantasioso di questa banda di bricconi manigoldi criminali c’è una mela di colore diverso: l’America.
Perché la vera battaglia si combatte lì. Perché è tutt’ora la più solida potenza militare, economica, industriale e culturale del pianeta. Perché all’attuale presidente Usa, quest’accordo europeo non è piaciuto affatto. Perché lui –e chi gli sta accanto e dietro- la pensano diversamente. Odiano Sarkozy (che appoggia Mitt Romney), detestano David Cameron (che ha già annunciato il suo appoggio a Romney) sostengono i verdi tedeschi in funzione anti-Merkel, hanno volutamente fatto intendere di star fornendo tutto l’appoggio logistico necessario a Hollande in Francia, e hanno un’idea dell’economia e della politica completamente diversa. Rappresentano un’altra ala della massoneria.
Gli americani (intendo dire l’attuale governo) considerano il pareggio di bilancio “una bufala reazionaria” (Barack Obama il 23 dicembre 2011 su ABC), si sono innamorati di nuovo di Joseph Maynard Keynes e sfacciatamente hanno dichiarato che intendono far di tutto per andare in contro-tendenza aumentando il loro gigantesco disavanzo pur di affrontare il problema della disoccupazione, creando posti lavoro con investimenti welfare, infrastrutture, rilancio della ripresa a carico dello stato, aumento del 35% delle tasse alle sette grandi aziende petrolifere, patrimoniale secca su tutti i profitti netti superiori al milione di dollari con un’aliquota che dal 18% passa al 32% e abbattimento delle tasse per tutti i redditi medio-bassi, incentivazione fiscale alle imprese che “inventano” lavoro attraverso una campagna di sostegno statale nei confronti di chi assume almeno dieci disoccupati alla volta, e investimenti nel campo dell’istruzione, sanità e ricerca scientifica con un aumento vertiginoso delle tasse per tutte le aziende che investono in finanza virtuale e abbattimento delle aliquote per tutte le aziende che producono merci reali, soprattutto “beni di largo consumo” per riattivare il circuito virtuoso dell’allargamento del consumo interno. E’ il piano del “new deal for the future” che il comitato elettorale di Obama sta preparando per la campagna elettorale di primavera. Nel 2008 vinse le elezioni con lo slogan “Yes we can”. Quest’anno hanno scelto (e ne vedete l’immagine in bacheca) “Men at work” che in inglese ha un doppio significato: vuol dire “lavori in corso” ma anche “uomini al lavoro”. La battaglia intendono portarla sul lavoro, nel senso di “creazione da parte dello Stato di lavoro per far espandere l’economia”. Il nemico più forte del governo americano, in questo momento, è proprio Mario Monti, a nome di Cameron, Sarkozy, Merkel.
Sono due visioni del mondo incompatibili.
Ma l’America, che in Europa ha investito molto, subisce il ricatto di chi, invece, vuole imporre in Usa l’idea del contro-iniziato Monti.
All’esterrefatta intervistatrice di PBS (il corrispondente statunitense della Rai), Mario Monti, ieri ha detto: Obama può aiutare tutti con una gestione solida dell’economia nazionale. Al tempo stesso l’Europa può aiutare gli Usa, evitando l’esplosione di tensioni nel mondo economico al di fuori dell’eurozona”.
Non è piaciuto agli americani. Si sono davvero arrabbiati. Perché non sono abituati a farsi bacchettare sulle dita da un professore della Bocconi che attraversa l’oceano per andare a spiegare loro come organizzare una “solida gestione dell’economia nazionale” dato che Obama combatte l’idea del pareggio di bilancio, vuole aumentare la spesa pubblica, vuole varare la patrimoniale sui super ricchi e Mario Monti sostiene il contrario. Si è arrabbiata la sinistra ma si è arrabbiata anche la destra moderata finanziaria che annusa puzza di bruciato come se Monti mandasse loro a dire che “se l’Europa vuole manda in default in piena campagna elettorale americana Grecia, Portogallo, Irlanda e già che ci stiamo anche la Spagna, e dato che voi vi siete beccati qualcosa come almeno 800 miliardi di euro di bpt di tutte queste nazioni, ve ne accollate il costo”.
I bloggers indipendenti americani lo hanno soprannominato “Mario three hands” (trad.. colui che fa il gioco delle tre carte) e hanno cominciato a tambur battente a spiegare sui loro siti ciò che io ho sintetizzato in questo post. Con toni ben più vigorosi e aggressivi.
C’è chi addirittura parla di noi come di un paese che da un bordello delirante è passato a un fascismo di mattanza. Gli unici due ad accogliere Mario Monti come un vero amico, sono Mitt Romney e Rick Santorum i due candidati repubblicani contro Obama. Perché loro sono per il pareggio di bilancio e per l’abbattimento del welfare. Non a caso sono finanziati entrambi da Goldman Sachs che si è fatto i conti e ha calcolato che se dovesse rivincere Obama dovrebbe pagare circa 256 miliardi di euro di tasse a nome dei loro clienti. E usano Mario Monti, a nome del quadrumvirato europeo, contro Obama.
Hillary Clinton ha incontrato Papandreu e gli ha offerto una rischiosissima quanto succosa carta da giocare contro la BCE e contro la Merkel: un piano Marshall di circa 100 miliardi di dollari cash a disposizione per rilanciare l’economia ellenica nel caso scelgano il default a marzo con licenziamento del tecnocrate Papademos attualmente in carica (e sostenuto anche finanziariamente dalla più retriva destra statunitense). Una bella botta per la BCE. Questo è il motivo per cui ancora non si sono messi d’accordo.
Non viene accolto come amico, dunque, Mario Monti, in America, domani. Tutt’altro.
Viene ospitato con la consapevolezza che viene a ricattarli, che lavora per i repubblicani fingendo di essere un libertario. Mai era accaduto che un governo italiano venisse identificato come rappresentante degli interessi più retrivi e reazionari. Perché gli americani sono pragmatici e sempre ottimisti. A metà ottobre quando Berlusconi si dimise, accolsero con entusiasmo Mario Monti. Consideravano il sultano di Arcore come una specie di clown sporcaccione delirante e demodè. E quindi hanno accolto con entusiasmo Monti e l’hanno sostenuto, intervistato, appoggiato. Sono rimasti delusi. “Sta affondando l’Italia” ha detto questa mattina alla radio a New York il Nobel per l’economia Paul Krugman. I giochetti sullo spread e sulla borsa valori di Milano non se li è bevuti nessuno a Washington. “He was the right man in the right place: he made the wrong choices, he is pushing Europe into the dark zone”. Così, impietosamente, è stato identificato da Krugman il ragionier Mario Monti, un uomo banale (come lui stesso si è auto-definito confessandosi a Lilly Gruber alla tivvù) che avendo la possibilità storica, una volta tanto, di far conquistare alla nostra bella Italia un posto al sole nel nome dei principii di democrazia liberale, ha fatto la stessa identica scelta suicida che fece a suo tempo Benito Mussolini, nel 1936 quando si alleò con Adolf Hitler per sedersi al tavolo con i cosiddetti Grandi. Mutatis mutandis, Mario Monti –e chi lo appoggia- ha compiuto lo stesso identico errore. Sulla pelle silente del popolo italiano.
Al di là degli abbracci amichevoli di prammatica, non sono in grado di sapere quale sarà l’esito dell’incontro. Chissà, forse di là dall’oceano, Obama riuscirà a convincerlo a farsi sedurre all’idea di un new deal rooseveltiano in salsa mediterranea. Oppure vincerà il quadrumvirato europeo.
Nessuno ci dirà nulla.
Lo capiremo da noi.
Se da martedì della prossima settimana, quando sarà ritornato a casa, i toni “politici” di Monti saranno rimasti gli stessi e lo spread, guarda caso, ricomincerà a salire, allora vorrà dire che nella Guerra Invisibile si apre il fronte finanziario europeo anti-americano.
Personalmente non la considero affatto una buona prospettiva né per l’Italia né per gli italiani avere il governo americano attualmente in carica come nemico.
Spero e mi auguro, a nome di tutti, che in questa importantissima visita, il nostro ragionier banale si becchi una bella lezione di democrazia, di libertà sociale e di realpolitik.
Ci tenevo a condividere con i miei lettori la mia personale riflessione su questa visita ufficiale in America da tutti considerata in Italia con un profilo molto basso, minimizzandone gli echi, i significati.
Ma soprattutto il Senso ultimo dell’attuale duello tra le forze reazionarie e il risveglio dei popoli che vogliono combattere per il diritto al proprio sacrosanto caposaldo di salvaguardia degli inalienabili principii di eguaglianza sociale, libertà e progresso umano.
Soprattutto umano.
Perché sono in gioco le vite vere di veri esseri umani.
Altrimenti non sarebbe una Guerra. Anche se Invisibile