Visti Men In Black 3, ottimo intrattenimento, e Cosmopolis. Non un capolavoro il film di Cronenberg, praticamente un piccolo film da camera, o da limousine, fatto essenzialmente di dialoghi, col regista canadese che ha fatto in modo di trasportare sullo schermo quasi intatti gran parte dei discorsi dei personaggi del romanzo di Don De Lillo. Attraverso questi dialoghi si snoda una riflessione filosofica sul capitalismo indubbiamente puntuale e preziosa, ma a mio avviso questo tipo di materiale perde efficacia nel passaggio da carta allo schermo, dove la fruizione è forzatamente più distratta e impressionista. Al cinema difficilmente lo spettatore può prendersi la libertà di lasciare spaziare la mente come un materiale così "pesante" richiederebbe per essere realmente metabolizzato, e se questo avviene è perché la struttura di un'opera lo consente, caso che non è certo quello di questo film, dove a dialogo ad alta intensità filosofica ne segue immediatamente un altro altrettanto esigente nei confronti dello spettatore. Inevitabile che alla fine del film del contenuto dei dialoghi resti soltanto qualche flash, e il messaggio dell'opera cinematografica finisce per condensarsi sinteticamente in una idea essenziale che non è così originale, di punizione della hybris di un personaggio che sente di essere il padrone del mondo, e il film finisce per avere un ruolo per forza di cose subalterno e ancillare rispetto all'opera letteraria di origine che riesce a trasmettere al lettore senza dubbio una maggiore complessità.
Questo film mi ha confermato l'idea che il cinema riesce (nella maggior parte dei casi) a veicolare meglio le idee attraverso l'uso degli strumenti che gli sono più congeniali, ovvero l'azione e le immagini, pur rimanendo questo Cronenberg minore una visione assolutamente interessante.