Giovanni ha detto tutt'altro.

Per intrattenimento intendo l'usa e getta, erroneamente. Non pensavo che dovevamo fare la questione sul termine.
L'opposto non è necessariamente il film con impianto filosofico di base, ma un prodotto che abbia rilevanza artistica. La complessità tematica è solo un fattore che può essere la ciliegina sulla torta quanto un surplus inutile. Ve ne sono di mille altri, a partire dall'originalità stilistica, la scrittura, le interpretazioni, per finire alla stessa godibilità. Sono cose che mi insegnate voi. Quindi è inutile ridurre la questione allo sbiribizzo dell'amante del cinema da camera.
Può essere importante il prodotto di Bunuel quanto quello di Hitchcock, non è questo il problema.
La questione del genere la pongo perché ve ne sono alcuni che sono rilegati a certi canoni popolari che ne fanno prodotti standardizzati. E' il caso dei musical per me. E se dico che i cult del genere che m'aggia vist (Dancer in the dark, Grease, Gesù Cristo superstar, Blues Brothers e via discorrendo) sono anni luce distanti da quelli del comico e del drammatico in senso lato nun me sento 'e dicere 'na stunzata.
Vale la stessa cosa per la musica e la letteratura. Una volta che mi sono ascoltato Bach e Massimo Ranieri non mi faccio nessun problema a dire che la musica leggera italiana, che è un prodotto di consumo, ha dignità inferiore rispetto alla classica, che è armonia universale. E con la musica ci sta da avere ancora maggior rispetto perché forma d'arte primordiale e quasi sempre apprezzabile per un motivo o per un'altro.
Stesso discorso se devo giudicare il Laudae di Iacopone da Todi, scritto per preveticchi mentecatti, e la Divina Commedia.
Se non è una questione di qualità (e qua vi posso venire incontro) ne faccio una di sensibilità. C'è roba che tocca la parte più alta della possibilità di comprensione umana e stati di coscienza superiori. Per me ci sta l'arte di serie A, che è una cosa che può essere vincolata solo ai canoni formali classici, e quella di serie B, legata al rapporto meschino tra produttore e consumatore. Full Monty è un bene di consumo, però fa paria' e vince gli oscar. Io lo metto un gradino sotto in partenza, non perché diverte e nun è radical chic ma perché è stato concepito senza la pretesa di creare un'opera immortale, un'eccellenza nel suo genere. Sembra patetico a dirsi ma io la penso accussi'.
Se intervengo ancora a riguardo mi auguro di cacare la testa di Carlo Paris.
