che ne pensano i cinefili?
A venezia pago io e scelgo i giurati
“Dall’anno prossimo, visto che la Mostra è finanziata dallo Stato, voglio mettere becco anche nella scelta dei membri della giuriaâ€. Sandro Bondi vuole tornare all’antico. All’epoca dei telefoni bianchi in cui il Festival di Venezia era un tripudio di coppe Mussolini, non c’era giudice che non passasse la selezione di Pavolini e l’inaugurazione toccava a Goebbels in persona. L’afflato artistico non si distanzia da quello professato dal ministro della propaganda tedesco: “Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola†e a meno di voler pensare che a parlare di cinema in un’intervista ad Antonella Piperno di Panorama in edicola oggi, sia uno dei tanti parodistici fascisti su Marte dipinti da Guzzanti e non il titolare del dicastero dei Beni culturali in carica, assente dal Festival per imprecisate questioni “ familiariâ€, si rimane senza parole. Al Panorama di Berlusconi, Bondi offre un saggio di liberalità che avrebbe messo in imbarazzo Berjia. Nessuno, neanche nella più grigia delle ere democristiane, era mai giunto a tanto. La Repubblica italiana finanzia lo spettacolo della Mostra per più della metà dei complessivi 12 milioni di euro l’anno. Tra dodici mesi, il sottinteso, saranno denari condizionati al gusto e all’inclinazione del Ministro.
Tracollo del Palmarès? Sandro ride
Bondi aveva sostenuto in luglio l’inesportabilità del sistema Italia sullo schermo: “I nostri film non riescono più a superare i confini nazionali perché le storie raccontate sono asfitticheâ€. L’insuccesso veneziano (zero premi zero nel concorso ufficiale) invece di turbarlo lo esalta. Conferma le sue convinzioni. Lo spinge a superare i confini. Gli chiedono se si senta una Cassandra e lui gode, come un bambino davanti alla dispensa. “I risultati del Festival costringono tutti ad aprire gli occhi e fare autocriticaâ€. E quando dice tutti, Bondi intende l’universo ostile che evita di partecipare alle sue iniziative, lo critica aspramente, non gli lesina fischi e ‘dimentica’ quanto lui abbia fatto per la cultura: “Molto più di quanto non abbia prodotto la sinistra†come dichiarato con le lacrime agli occhi al Corsera a Mostra ancora aperta, mentre cenava ad Arcore. Quando gli amici o i potenziali sodali si defilano, il numero dei nemici aumenta esponenzialmente. Il tirassegno di Bondi è pieno di frecce. Curaro transnazionale. In cima alla lista, il Presidente della giuria, l’americano Quentin Tarantino. “Tarantino è espressione di una cultura èlitaria, relativista e snobistica. E la sua visione influenza anche i suoi giudizi critici, pure quelli verso i film stranieriâ€. Il relativismo bondiano è materia per il filosofo greco Gorgia, di cui l’ex comunista di Fivizzano dev’ essere appassionato. Il suo “tutto e il contrario di tutto†è l’architrave della conversazione con Panorama. Definire elitario un innamorato cultore del cinema di Lino Banfi, delle “Giovannona coscialunga†e dei poliziotteschi all’italiana è un estratto di comicità straordinario, non inferiore a quando Piperno gli domandi con puntualità se non gli abbia dato fastidio che Tarantino afflitto dal conflitto di interessi abbia premiato nell’ordine la sua ex fidanzata Coppola e il suo antico Mentore, il cinefilo Monte Hellman.
Il conflitto di interessi? Aria
L’argomento provoca a Bondi allergia immediata. Aleggia il fantasma di Ivan Pavlov: “Questo è un aspetto minore e tutto sommato trascurabile†minimizza. Ma leggendo meglio, si capisce che l’obbiettivo è più ardito. Primo, cacciare rapidamente Marco Mà¼ller, il direttore della Mostra, all’ultimo anno di mandato e occupare in omaggio alla Bulimia pidiellina anche una delle ultime caselle disponibili. Per prenderlo a pedate e rimanere in tema, Bondi sceglie la metafora preferita del capo, quella calcistica: “ Mà¼ller è innamorato dei propri schemi fino al punto di non privilegiare i talenti e le novità che sono sotto gli occhi di tuttiâ€. Ma queste luci, non è chiarissimo dove brillino, visto che il nostro cinema: “Manca di attori e sceneggiature adeguateâ€. E Siccome Elio Germano, premiato all’ultimo Cannes per “La nostra vita†ha notoriamente passaporto neozelandese, non si può fare a meno di intuire che la ragione di tanto malspeso livore sia economica. E infatti, quando la giornalista gli domanda se non si sia pentito di aver annunciato tagli al Fus che a detta dell’Agis, ridurrebbero il settore in miseria, Bondi non si smentisce e in un’immaginario agone con Brunetta lo supera all’ultima curva, quella dell’incoscienza: “Non mi sono affatto pentito. Sono andato a vedere personalmente molti dei film recentemente finanziati dallo Stato e li ho trovati bruttiâ€.
Garrone e Sorrentino? Monnezza
Non si sa se si riferisse a Garrone, Sorrentino, Frammartino o all’unico premiato in Laguna, l’Amedei del “20 sigarette a Nassyriaâ€. Però bisogna tagliare, scorciare comunque perché il finanziamento pubblico è una delle peggiori forme “di clientelismo esistenti, ovvero il contrario del vero cinema ed è ora di aprire gli occhiâ€. Sandro mani di forbice, più che a un eroe triste di Tim Burton, somiglia sempre più a quei pretori assaliti dalla pruderie degli anni ‘70, quelli che mandavano la Ps a soffocare ogni immagine che nell’Italia bigotta di allora offendeva il pubblico pudore. Però è un Ministro. Conta di più. Incide. Luca Guadagnino, che della giuria presieduta da Tarantino faceva parte insieme a Salvatores, sceglie l’ironia: “A voler ragionare così, dovrebbero scegliere i giurati anche i manager di Lancia e Nastro Azzurro, sponsor occulti ma pressanti della Mostra. Forse una scelta del genere abbatterebbe definitivamente l’ipocrisiaâ€. E sembra di capire, anche il complesso da incubo di una notte di fine estate.
da il Fatto Quotidiano del 17 settembre 2010