M. de Giovanni: “Signor presidente, i piagnoni ringraziano…”
Il noto scrittore napoletano, a nome dei tifosi, fa gli auguri al patron del Napoli
Sentiamol’esigenza di ringraziare il Presidente, e così dovrebbero fare tutti i tifosi, ingrati, traditori, infantili e piagnoni che non sono altro. Grazie perché rinnova l’innata propensione a educare le masse, indicandogli quello che debbono pensare e come debbono agire, e grazie perché dopo un lungo imbarazzante silenzio ha ritrovato la voce, e ci ha di nuovo fornito i suoi preziosi insegnamenti. Il fatto è questo: in occasione della presentazione del suo nuovo capolavoro cinematografico, dal lisergico titolo «Un Natale stupefacente», ovviamente compulsato su questo fastidioso argomento che così onerosamente lo ha portato al centro dell’attenzione mediatica nazionale, il magico presidente ha chiesto di lasciarlo lavorare, con uno slogan berlusconiano e un po’ vetusto ma sempre incisivo. Successivamente ha spiegato che il tifoso napoletano, birichino e monello, è piagnone e criaturo, e poco incline a sostenere la squadra quando essa ha un attimo di comprensibile defaillance, interrompendo momentaneamente il trionfale cammino che sotto la sua gestione ha compiuto assicurandosi ben due coppe Italia e inanellando molte presenze in Europa. Lo scatenato produttore, in smagliante forma, ha poi enunciato uno dei suoi celeberrimi paraustielli in cui il tifoso è un uomo fidanzato con una donna bellissima che ottusamente lascia quando ella contrae un raffreddore, nella paura di rimanerne contagiato. Nel nostro piccolo, confessiamo di aver trovato il significato della parabola un po’oscuro.Forse il presidente ha sentito l’esigenza dell’esternazione perché teme di essere superato in rilevanza mediatica dal collega doriano Ferrero che non a caso calca gli stessi palcoscenici imprenditoriali e ne imita il look canuto, lungocrinito e barbuto. Forse ha voluto conferire al titolo del film in fase di lancio uno spessore più realistico, o forse ha voluto con parole di più ampio respiro confermare il concetto che qualche mese fa aveva espresso il di lui rampollo, che a domanda rispose con forbito eloquio: a noi dei tifosi ce ne frega e non ce ne frega. Sta di fatto che ancora una volta ha mostrato chiaro e forte il fastidio di essere costretto da quei rompiscatole di giornalisti a rendere conto di un andamento tecnico e di una gestione societaria che sente come un fatto privato e
doverosamente autarchico. Non l’ha detto, ma forse ha pensato che questi miserabili, raccolti a un angolo di strada quando erano falliti e non avevano i palloni e le tute e le scarpette eccetera eccetera, e la serie C coi campi in terra battuta eccetera, non hanno alcun diritto di lamentarsi. Non crediamo che il presidente leggerà queste righe, purtroppo. Ma se le leggesse, ci piacerebbe spiegargli che invece sì che il
tifoso ha il diritto di lamentarsi, e pure assai. Ci piacerebbe dirgli che il Napoli, il povero triste Napoli che ha pietosamente raccolto nelle aule del tribunale fallimentare, è ampiamente sovvenzionato dai piagnoni, che consentono al bilancio, tra le altre cose, di erogare svariati milioni di euro netti al consiglio d’amministrazione in massima parte formato dalla sua stessa famiglia, e di chiudere ciò non ostante in utile. Che il Napoli dell’attuale stagione è assai meno forte dello scorso anno, a causa della sua manifesta volontà di mantenere un profilo men che basso in sede di mercato estivo, e che se la voglia di internazionalità conclamata si estrinseca nell’acquisto di David Lopez e Michu preferiamo che si peschi negli angusti e provinciali confini nazionali. Gli chiederemmo, noi piagnoni, per quale motivo a oggi non sappiamo chi sarà alla guida tecnica del Napoli il prossimo anno; e se questo non finirà per far sì che i pochi campioni in squadra si guardino attorno alla ricerca di progetti di più alto profilo, e nel frattempo profondano in maglia azzurra molto meno impegno del dovuto. Gli chiederemmo, noi criaturi, per quale motivo si debbano subire mortificazioni come quelle di Berna e Milano e non si dovrebbe nemmeno avere il diritto di lamentarsi, come chiunque abbia pagato il biglietto per vedere un qualsiasi spettacolo che si riveli alla fine insoddisfacente: forse in questo è mal abituato dagli utenti dei suoi film, sempre soddisfatti dell’intelligente, culturalmente
edificante e divertente prodotto.E diremmo al signor presidente che i piagnoni e i criaturi sono sei milioni nel mondo, che sono l’unica vera insostituibile ricchezza del Napoli, e che nessuno si dovrebbe permettere di insultarne la passione e la dedizione che non sono seconde a nessuna; gli ricorderemmo che la storia di questo club, ben prima che lui ci onorasse della sua meravigliosa conduzione, ha visto due scudetti e una coppa Uefa e la presenza tra le sue file del più Grande calciatore di tutti i tempi, e che buon senso e intelligenza imporrebbero di trinciare giudizi solo quando simili risultati fossero ripetuti o, voglia Iddio, superati. Se leggesse queste righe chiederemmo al presidente di chiedere scusa ai tifosi del Napoli, nient’affatto piagnoni o criaturi, ma competenti e soprattutto tutt’altro che fessi; e di restare pure in silenzio come fatto fino a oggi, quando ci sarebbero state molte occasioni ben più necessarie di far sentire la voce della società, se poi deve produrre concetti come quelli che ha espresso. E gli augureremmo un Natale sereno: perché forse, ad augurarglielo «stupefacente», non gli vorremmo abbastanza bene.
M. de Giovanni, Il Mattino