Intendiamoci subito. Pareggiare a San Siro contro la squadra Campione d’Italia in carica e forse probabile vincitrice del campionato (o giù di lì) non può essere un cattivo risultato, considerando quante poche volte il Napoli su quel campo e contro quell’avversario a strisce rossonere ha colto risultati positivi (ma non è che con la dirimpettaia nerazzurra le cose siano andate tanto meglio). E’ un campo tabù per tutti, visto che la storia degli ultimi 51 anni, tanto per partire dal calcio moderno degli anni ’60, ha visto trionfare 40 volte su 51 le tre grandi striate (Juve inclusa) e solo 11 volte il resto d’Italia (di cui 2 Maradona, pardon, il Napoli).
Quindi il pareggio è buono in sé, non si discute. Piuttosto direi che è stata la partita paradigmatica dell’intero campionato azzurro. Il campionato del “vorrei ma non posso”. Ed è stata la partita della definitiva dicotomia tra gli interessi del Napoli e del suo tecnico. Perché dico ciò? Presto detto. Il Napoli ha dimostrato il primo corno del mio assioma: è forte. E soprattutto è forte con le forti.
Verificato e certificato. Ha controllato abbastanza bene il primo tempo, è partita benissimo, ha spaventato il Milan che aveva timore ad attaccare per paura di scoprirsi. Questo fa ben sperare pure in chiave Chelsea. Quindi, da questo punto di vista, possiamo stare tranquilli: non abbiamo sopravvalutato i nostri eroi, anzi semmai aumenta la rabbia per il campionato anonimo che stanno facendo. Ma c’è il secondo corno del problema: il Napoli non sa più vincere, non sa osare, non ha più il fuoco dentro che la contraddistingueva nella gestione dell’attuale tecnico. Quella squadra che vinceva 10 volte fuori campo, un po’ garibaldina, non c’è più.
Oggi sembra la reincarnazione del principe Amleto, colta da profondi dubbi esistenziali, dalla sindrome “vorrei, ma non posso”. In questo è diventata ancora una volta lo specchio fedele del suo tecnico. Mazzarri era un condottiero pugnace ed ambizioso che aveva dato un’anima a questa squadra. Mazzarri ora non ci crede più, ha la testa alle coppe per salvare la “sua” stagione, e poter dire: avete visto, su 3 fronti non potevamo fare di più.
Giochiamo ogni 3 giorni. In fin dei conti che volete, siamo il settimo (sesto, invero) monte-salari del campionato, quindi è già tanto quel che stiamo facendo. Altre società hanno fatto peggio nelle stesse condizioni, vedi Lazio, Fiorentina e Sampdoria (ma ha dimenticato pure l’Udinese), che hanno rischiato perfino di retrocedere e qualcuna è caduta in B per davvero causa l’effetto Champions, Galliani non aveva detto forse che costa almeno 10 punti in campionato la partecipazione alla Coppa dei Campioni? Questa è la summa del Mazzarri-pensiero, cui va riconosciuto che tutte sciocchezze proprio non dice.
Non ci crede più, e la squadra – quasi fosse legata da un cordone ombelicale al suo tecnico – lo avverte e lo dimostra. Ma la partita di ieri ha certificato anche un’altra cosa, però: che gli interessi del tecnico e quelli del Napoli non coincidono più. Quando quel gran giocatore che è la reincarnazione vivente del Dott. Jeckill che si trasforma all’improvviso in Mister Hide, o meglio fa rivivere la trama di Psycho, che risponde al nome di Ztlatan Ibrahimovic è stato colto dal solito raptus che periodicamente lo attanaglia, e si è fatto espellere (con Aronica graziato dallo splendido Rizzoli, ma a rischio di prova televisiva), il Napoli ha avuto più di mezz’ora di tempo per vincere la partita, con un Milan tremebondo e raffazzonato pronto per essere “matato” come un toro stanco.
E Mazzarri cosa ha fatto? Ha avuto paura di perdere la partita e di finire sulla graticola, memore ancora dei primi fischi in assoluto ricevuti a Napoli dopo la gara col Cesena che aveva saputo sviare con la caccia agli errori arbitrali (che pure ci sono stati), e ha tenuto le briglia sul collo alla squadra, conservando 3 difensori a guardia del bidone contro il solo evanescente Robinho, gran calciatore ma anche gran divoratore di gol al cospetto di Dio, ed ha fatto solo il cambio conservativo di Dzemaili con l’inguardabile Inler di questi tempi, perdendo semmai qualcosa in dinamismo, e solo a 10 minuti dalla fine ha fatto fare capolino in campo al suo uomo più in forma, che è un delitto lasciare in panchina, Goran Pandev, proprio per provare il colpo gobbo nel finale, vai a vedere tu che non riesca… Ecco, il pareggio serve a poco se non a tacitare le critiche verso di lui, la vittoria avrebbe rilanciato il Napoli nella giornata dell’ennesima sconfitta dell’Udinese e dell’Inter, e pure della Lazio, che hanno atteso il Napoli ancora una volta, forse l’ultima.
Il guaio è che, frenata dopo frenata lì davanti, l’Udinese rimane sempre a 10 punti, la Lazio, l’Inter e la Roma sempre distanti, e da dietro ci stanno venendo a prendere pure le regine del mercato d’inverno, vale a dire Genoa, Palermo e Fiorentina. Alla fine, siamo sempre qui a dire la stessa cosa: occasione sprecata. Certo, senza la Champions, dal Bologna al Milan, 4 punti in 5 partite nel momento di accelerare, sono ben magro bottino. Ma Mazzarri non ci crede più, e questo campionato finirà nel più incolore dei modi. Che peccato! Umberto Chiariello per RispettaLoSport.
