A Roma (dove vivo da otto anni, so di cosa parlo) si campa benone (meglio che in tutto il resto d'Italia) se si dispone di soldi, un appartamento/stanza al centro, il posto di lavoro all'interno del Grande raccordo anulare. Perdi uno di questi tre fattori e la qualità della vita ti si abbassa a livelli pressappoco somali: passi quattro, cinque ore della tua giornata in macchina (due delle quali girando come un rapace attorno a un paio d'isolati per cercare parcheggio); in alternativa vivi nell'attesa d'un autobus che arriverà solo nel momento in cui, esausto, ti sei acceso la sigaretta; vai ad abitare nelle "nuove centralità", quartieri d'ispirazione brezneviana costruiti attorno al sogno capitalista del centro commerciale-calamita umana, ma senza adeguati collegamenti con il centro; vivi nella città più bella del mondo ma la passeggiata sul lungotevere, al tramonto, con tutte le guglie a ritagliare un cielo pittato con colori di cui non avresti mai sospettato l'esistenza, te la fai una volta ogni quattro anni. Io ho la fortuna di potermi (ancora) godere questa città, ma mi rendo conto d'essere un privilegiato e di non voler crescere qui un'eventualissima famiglia. Medito fughe bucoliche.
Per il resto ho campato per altri otto anni in uno dei posti più biechi, squallidi e brutti del Sud Italia, Andria, e altri otto - i primi - a Monteforte Irpino, una dolce infanzia tra pomeriggi di pallone e praterelli in fiore. Bello.
