Tre idee per la Champions League del futuro. Il torneo così com’è resisterà fino al 2015, poi si cambia. Lo vogliono i grandi club e le grandi Leghe che sognano più entrate e più posti in Europa. E anche l’Uefa s’è resa conto che qualcosa non va: oltretutto – in cambio del fair play e della centralizzazione dei diritti delle Nazionali – qualcosa dovrà concedere. I club ne parlano da un po’, sono partite le trattative informali con l’Uefa e anche qui a Venezia se n’è discusso a margine dell’Esecutivo. Una cosa è sicura: l’Europa League deve cambiare dimensione e, probabilmente, trasformarsi in qualcosa di diverso, tipo un torneo di qualificazione.
Troppa Champions – La Champions uccide gli altri trofei. Se tutte le migliori finiscono lì, resta poco per la Coppa Coppe (eliminata) e per l’Uefa (diventata Euroleague dall’appeal basso): pochi ricavi, pochi premi, torneo minore (anche se ora ci sono «retrocesse» eccellenti da Manchester). Il sogno dei club è un torneo unico con più squadre per nazione: le 4/5 potenze sportivo-economiche (Inghilterra, Italia, Germania, Spagna) hanno più club da Champions che posti disponibili.
Riforma Platini – La Champions di Platini, più democratica e aperta ai campioni, va in senso opposto. Ma in Italia, oltre a Milan, Inter e Napoli, almeno Juve, Roma, Lazio e Fiorentina sono in corsa. Per non dire dell’Inghilterra dove sei club (Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Liverpool, Tottenham) vogliono solo quello. Solo che la strada si restringe: massimo tre posti sicuri, più uno dai playoff. Però i club spendono e s’indebitano: e, se poi falliscono l’obiettivo, i guai si moltiplicano.
Tempi medi – Che fare? Fino alla finale 2015 i contratti sono firmati e cambiare, pur non tecnicamente impossibile, non sarebbe giusto né corretto. Però dalla Champions 2015-16 si può. Solo che le trattative devono cominciare subito: il 2012 servirà a confrontarsi e porre i paletti; nel 2013 andrà definita la formula; ed entro il 2015 venduti i contratti.
Entrate ok – La Champions non smette mai di crescere: da quando la seconda fase a gruppi è diventata a eliminazione diretta (da 17 a 13 gare) i ricavi sono sempre aumentati. Ogni stagione vale circa 1,1 miliardi di euro. Il triennio si avvicina ai 3,5 miliardi. L’impressione è che si possa avere di più. I club temono la centralizzazione dei diritti delle Nazionali che drenerà risorse oggi non illimitate. Qualche concessione andrà fatta. Diversi messaggi sono già arrivati all’Uefa. Sul tavolo, tre progetti: due «dentro», uno fuori dall’Uefa.
1) Champions a 64 – Il più semplice: Champions a 64 squadre, 16 gruppi da 4, niente Euroleague. Da 80 club oggi nelle coppe dopo i preliminari (32+48) si scende a 64. Le 32 qualificate (2 per gruppo) passano ai sedicesimi da febbraio. In pratica: 2 partite in più (da 13 a 15), le date ci sono. La richiesta è che le grandi nazioni abbiano 4 sicure più 2 nei playoff.
2) Champions A/B – Più complicato. Doppia Champions: una di serie A, che assegna la coppa; una di B, in un necessario sistema di promozioni/retrocessioni (con sistema di playout). AllaA si iscriverebbero i club delle prime 10 del ranking: 4 per le grandi, 3 per le medie (Francia), 2 oppure 1 per le piccole (Russia). Diciamo 25/26 sicure più 6/7 dai playoff. Il problema: chi, per ranking, è dopo il decimo posto dovrebbe aspettare due anni per essere promosso e poi vincere. L’Uefa farà resistenza.
3) Superlega – Infine, il metodo più traumatico: fuori dal sistema. Come l’Eurolega di basket ha fatto con la Fiba. I grandi creano un mega torneo di 48 squadre (qualcuno in Spagna pensa a 24) dove accedono per diritto: 1) club di grandi paesi; 2) campioni di Champions; 3) chi ha i migliori risultati; 4) più alcuni club dai campionati. Con un periodo minimo di permanenza (come nel basket), ma con uscita in caso di risultati negativi. Non facile anche perché, rispetto agli anni 90, non c’è un Media Partners che mette sul piatto i miliardi necessari. Ma il conto alla rovescia per la nuova Champions League è partito: c’è da capire solo «come».