Cassazione, il procuratore generale: nessuna prova sull’agevolazione mafiosa per Cuffaro
Secondo il pg Galati rimane in piedi solo il reato del favoreggiamento. Se la Corte d’Appello dovesse accogliere le richieste, l’ex governatore rischierebbe quattro anni e potrebbe usufruire dell’indulto 
«L'aggravante dell'agevolazione mafiosa nei confronti di Salvatore Cuffaro non è provata». Lo ha detto il procuratore generale, Giovanni Galati, nell'udienza davanti alla Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione cui spetterà la decisione se confermare o meno i sette anni di condanna inflitti a Totò Cuffaro in appello, il 23 gennaio dell'anno scorso. Secondo il procuratore generale, già nel primo grado di giudizio il Tribunale di Palermo aveva escluso l'aggravante dell'agevolazione mafiosa nei confronti dell'ex presidente della Regione Sicilia su stessa richiesta del pubblico ministero dell'epoca. Venendo quindi meno l'aggravante dell'agevolazione mafiosa, per il procuratore generale della Corte di Cassazione Galati rimane in piedi solo il reato del favoreggiamento semplice per due episodi risalenti al 2001. Si tratta di informazioni che lo stesso Cuffaro avrebbe riferito al boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro, e al suo uomo di fiducia, Miceli. In particolare Guttadauro sarebbe stato avvisato della presenza di una microspia nel salotto di casa.
Per il procuratore generale Galati è invece da rigettare il ricorso presentato dalla difesa di Cuffaro in merito al favoreggiamento nei confronti dell'imprenditore della sanità privata, Michele Aiello, per episodi che risalgono all'ottobre del 2003. In sostanza, la Corte d'Appello di Palermo, nel caso in cui dovessero essere accolte le richieste del procuratore generale di Cassazione, dovrebbe ricalcolare soltanto la pena nei confronti di Cuffaro senza più entrare nel merito. L'ex presidente della Regione Sicilia potrebbe così giungere ad un massimo di quattro anni di pena usufruendo quindi anche dell'indulto.
Il procuratore generale della Cassazione ha inoltre chiesto il rigetto del ricorso per l'imprenditore Michele Aiello. Chiesta la conferma della condanna di secondo grado anche per il maresciallo dei carabinieri di Palermo, Giorgio Riolo, per cui è stato chiesto l'annullamento con rinvio solo in merito ad un reato di rivelazione di segreto d'ufficio. Chiesta la conferma delle condanne di appello anche per il radiologo Aldo Carcione e Antonella Buttitta, collaboratrice di un sostituto procuratore antimafia di Palermo.