Ancora sulla SuperLega.
Per usare un'espressione del lessico politico del secolo scorso, si è trattato di un'iniziativa avventurista, un fare il passo più lungo di una gamba. Un'iniziativa che pare proprio fallita.
Ma i problemi sottostanti, come ricordavo nel post di ieri (
https://www.facebook.com/dajackdaniel/posts/4349562111744805 ), mi paiono ancora tutti in piedi e non si risolvono certo con un ritorno allo status quo ante. Anche perché, di fatto, la SuperLega già esiste.
Nella tabella qui sotto ho riportato le squadre che hanno partecipato alle ultime 11 Champions League e sono arrivate in semifinale. In totale, quindi, 44 posti anche se, naturalmente, molte squadre compaiono più volte, come Bayern e Real che sono arrivate 8 volte in semifinale nelle ultimi 11 edizioni.
Bene, delle 44 semifinaliste (SF), 27 erano le 12 della SuperLega e si si fossero aggiunte Bayern, Borussia e PSG, che erano nei piani originari, sarebbero state 37 su 44. In finale si sono presentate in totale 22 squadre, 16 erano nella Superlega, con le due tedesche e il PSG si sarebbe fatto l'en plein. La finale, infine, ha visto 11 vincitrici: 9 nella Superlega e il Bayern.
La conclusione è che la concentrazione dei risultati è una realtà, da ormai un decennio. Se ci si oppone alla Superlega in nome dell'antico mondo del calcio, quello nel quale in cima all'Europa arrivavano Ajax, Celtics, Benfica e Steaua, quel mondo, da quanto è iniziato il millennio, non esiste più.
La Superlega pare proprio naufragata, figlia dell'improvvisazione e (forse) della disperazione di dover sistemare i bilanci. Ma nell'intervista concessa da Agnelli c'è un punto sul quale bisognerebbe interrogarsi: "All’origine vincevano le squadre delle grandi città — da Bucarest a Belgrado — perché avevano grandi stadi e grandi entrate, poi c’è stato l’avvento dei diritti tv e si sono imposti i Paesi: Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e Italia. Tutti gli altri — dall’Olanda alla Serbia — sono spariti non perché non meritevoli bensì perché non appartenenti a Paesi con un Pil che garantiva diritti televisivi importanti. Il prossimo passaggio sono i marchi globali: possono garantire entrate per garantire alla piramide del calcio ritorni davvero fiorenti. "
Delle 44 squadre semifinaliste, solo una (l'Ajax) non appartiene ai 5 campionati maggiori, quelli che distribuiscono maggiori diritti TV. Campionati interi sono spariti dalle posizioni di vertice. E, nell'ambito dei campionati nazionali, le cose non cambiano, visto che alcune squadre (PSG, Bayern, Juventus) hanno dominato per un decennio.
Conclusione: la concentrazione dei risultati in pochi campionati (i 5 maggiori) è realtà da una dozzina d'anni almeno. All'interno di questi campionati, alcune grandi squadre tendono a farla da padrone, o in solitaria o in ristretto condominio. Ci ricordiamo (e ci ricorderemo) del Leicester perché rappresenta l'eccezione memorabile, tant'è che fu definito, con 84 anni di anticipo, il risultato sportivo del secolo. Ma non è la regola, è il miracolo.
Questo è lo stato di fatto: concentrazione di soldi e quindi concentrazione di risultati.
E il futuro potrebbe risultare ancora più concentrato. Il progetto Superlega si proponeva di distribuire ad una ventina di squadre gli immensi proventi dei diritti TV. Cadendo la Superlega, accantonata l'idea di poter aumentare, anche se a favore di poche, la crescita dei diritti TV, c'è la possibilità che i risultati si concentrino ancora di più in una mezza dozzina di squadre che, avendo alle spalle qualche sceicco o magnate del petrolio, possano guardare con snobismo ai proventi delle TV, avendo mezzi, ora che anche quel simulacro di Fair Play finanziario è stato abolito, per far fronte a tutte le spese. Le altre (le italiane, forse le spagnole), appesantite dai debiti, è assai probabile che vengano ridimensionate a favore delle squadre sceicco. Perché le italiane campano di diritti TV (e, quindi, di tifosi), lo sceicco campa di petrolio.
La Superlega, insomma, è stata la risposta sbagliata a problemi del tutto reali. Personalmente sono favorevole ad un supercampionato delle migliori europee, con meccanismi di promozione e retrocessione e i campionati nazionali come porta di accesso al supercampionato. Credo che prima o poi ci si arriverà. Il mio timore è che il flop della SuperLega così mal pensata possa allontanare quella prospettiva e consegnare (ancora più di quanto non sia oggi) il calcio europeo ad un manipolo di sceicchi.
E sarebbe l'esito paradossale di questi due giorni, che dalla mobilitazione in nome del ritorno alle radici popolari e del tifo risultino vincitori degli sceicchi per nulla popolari e neanche tifosi.