Le caratteristiche del capitellismo invece non posso elencarle perché risulterei poco educato.
Il peso dell'ottavo scudetto consecutivo nel palmares di Ronaldo è uguale a zero quindi viene meno tutto il discorso del vincere o non vincere oltre al trofeo europeo.
Ronaldo è lì per alzare la Champions con la terza squadra consecutiva, in un ambiente che la ricerca ossessivamente, un attesa spasmodica che dura da venticinque anni.
Vuole diventare immortale. E chiudere il confronto con Messi una volta per tutte.
Allo stesso modo lo scudetto a Napoli sarebbe, per circostanze, qualcosa di storico ed epocale.
Se non lo fa, ha fallito e lo scudetto se lo mette nel culo. Come se non avesse vinto nulla.
Punto.
Poi: le parole di Ibra sono una gigantesca cazzata.
In primis perché lo svedese nel pieno della carriera, pur di vincere, è andato nella squadra più forte e che veniva da due Champions in quattro anni, quindi è l'ultimo che può parlare.
In secondo luogo perché è chiaro che Ronaldo se si muove da Madrid lo fa per una big europea. Poiché è calcio e non Holly e Benji direi che se il discorso è "doveva andare al Gladiator e portarlo in Serie A" o amenità del genere, possiamo fermarci qui.
Ronaldo a 34 anni, una carriera gloriosa, servito e riverito nella squadra più vincente di tutti i tempi e la più prestigiosa del globo, decide di andare a Torino per l'ultima consacrazione della carriera, riuscire in qualcosa che alla Juventus non riesce più da tempo. Tanto tempo.
Poteva fare qualsiasi cosa.
Rimanere al Real.
Andare in Inghilterra dove sarebbe stato servito e riverito e nessuno gli avrebbe contestato nemmeno un terzo posto in premier con lo United.
Andare a fottersi i soldi in campionati strevezi. Ancora più soldi, sì.
Ha deciso di rimettersi ancora in gioco.
Questa non è una scelta di comodo e tra tutte quelle sul tavolo è andato certamente sulla più difficile.
Dopo quella del Gladiator, ovviamente.
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