“Infuria la battaglia contro gli stereotipi che invadono l’italiano di uso comune. Uno di questi, come è noto, è *esatto*.
Lo sappiamo, tutti ormai rispondono *esatto* quando vogliono comunicare il loro assenso.
L’uso è stato incoraggiato dai primi telequiz, dove per segnalare la risposta giusta si traduceva direttamente dall’americano *that’s right* o *that’s correct*.
Quindi non vi è nulla di fondamentalmente inesatto nel dire *esatto*, salvo che chi lo pronuncia dimostra di aver appreso l’italiano solo dalla televisione.
Dire *esatto* è come ostentare in soggiorno un’enciclopedia che notoriamente viene data in premio solo agli acquirenti di un detersivo.
Per venire incontro a chi volesse liberarsi da *esatto* faccio seguire una lista di domande o asserzioni a cui oggi si risponde di solito *esatto*, e metto tra parentesi il cenno di assenso alternativo che si potrebbe invece usare.
Napoleone è morto il 5 maggio 1821. (Bravo!)
Scusi è questa piazza Garibaldi? (Sì.)
Pronto, parlo con Mario Rossi? (Chi parla prego?)
Pronto sono Mario Bianchi, parlo con Mario Rossi? (Sono io, dica.)
Allora le devo ancora diecimila lire? (Sì diecimila.)
Come ha detto dottore, AIDS? (Eh sì, mi spiace.)
Lei telefona a ‘Chi l’ha visto’ per segnalare che ha incontrato la persona scomparsa? (Come ha fatto a indovinare?)
Polizia: è lei il signor Rossi? (Carla, la valigetta!)
Ma allora non porti le mutandine! (Te ne sei accorto, finalmente!)
Lei vuole dieci miliardi per il riscatto (E come mi pago il telefono sull’auto, se no?)
Se capisco bene, hai firmato un assegno a vuoto per dieci miliardi e hai dato il mio nome in garanzia? (Ammiro la tua perspicacia.)
Hanno già chiuso l’imbarco?! (Vede quel puntino nel cielo?)
Lei sta dicendo che sono un mascalzone! (Ha colto nel segno.)
Insomma mi direte, lei ci sta consigliando di non dire mai esatto?
Esatto!”
[Umberto Eco - Come non dire 'Esatto' - Il Secondo Diario Minimo]