Continuo a pensare che la partita che ha salvato la panchina ad Ancelotti sia stata Liverpool Napoli.
Se il magliaro romano avesse visto gli ottavi di Champions difficili da raggiungere dopo una goleada ad Anfield, l'avrebbe esonerato.
Invece niente, catenaccio imperiale e Liverpool non in giornata gli hanno salvato il culo.
Per fortuna la pantomima sull'epico pareggio è durata meno di un piatto di gnocchi davanti a Cannavacciuolo: sarebbe stata un'offesa troppo grande alle nostre intelligenze.
De Laurentiis se lo tiene fino al termine della stagione, intasca il malloppo della fase a eliminazione diretta Champions, vende i forti della squadra e riparte con un nuovo progetto tattico fuori da ogni Coppa europea, in mano al D'Aversa di turno. Obiettivo stupire, sfruttando pienamente l'occasione di snellire questa rosa ormai diventata elefantiaca e poco profittevole.
Si ritorna a una dimensione economica più vicina al progetto-Napoli originario, prima della svolta beniteziana.
Il problema è che la piazza non è più quella di dieci anni fa e non credo risponderà con entusiasmo al downgrade; e il fenomeno inflattivo su cartellini e ingaggi ci renderà impossibile, in futuro, l'acquisto di giocatori di "nomi" da realtà di grande livello o i migliori giovani sul mercato, costringendoci in una dimensione inferiore a quella del triennio sarrista sia come possibilità sportive che aspettative.
Questa è una tragedia oltre il cambio allenatore, che a questo punto, dicembre inoltrato, arriverebbe comunque con due mesi di ritardo in una situazione probabilmente non più raddrizzabile e senza - come sempre - un mercato di riparazione sostanzioso.
Credo che abbiamo avuto il nostro momento, non abbiamo vinto un cazzo e la discesa sia inevitabile.
Allacciate le cinture.