Le guerre sono insensate quando le perdi. 
Ma che c'entra? Io che ho sangue napoletano nelle bene posso sentirmi assai più simile a un giovane musicista torinese che a uno scissionista di Scampia. Ma posso sentirmi pure simile a un giornalista algerino che abbia i miei stessi interessi, eh. Non è questo il punto. Non sono i tratti caratteristici comuni a fare un paese, altrimenti ci fermeremmo all'unico paese i cui caratteri sono sempre uguali a se stessi, ovvero la Russia. Poi ci sono naturalmente Lichtestein, Lussemburgo, Andorra e via dicendo.
Il punto è che io non percepisco l'Italia come un freddo "contratto sociale" delimitato da confini nazionali tracciati aleatoriamente nell'Ottocento. Siamo un insieme di comunità con una storia comune, obiettivi comuni, tradizioni comuni, cultura comune. Questo a prescindere dal fatto che a Catanzaro possano pisciare per terra e a Bolzano facciano la differenziata. Riconosco Troisi e Albertazzi come espressione della mia cultura, schifo Dario Fo ma schifo pure quei due scemi di Made in Sud. È l'orizzonte culturale a essere comune, la percezione di noi stessi, non il modo di scherzare, parlare o pensare.
Ma, se prendi un napoletano e un eschimese (non i concetti di napoletano e di eschimese ma proprio due persone: gennaro esposito e nome e cognome eschimese a scelta), sicuramente avranno, come tutte le persone, qualcosa in comune e qualcosa di diverso.
Su questo principio si basa il concetto che generalizzare, nell'analisi sociale, è sempre sbagliato.
Motivo per cui i concetti di: famiglia, rione, città, regione, nazione, continente e pianeta sono solo delle generalizzazioni che, ovviamente, quando vengono usati ex post per giustificare qualsiasi argomento, proprio perché generalizzano su qualcosa ci devono acchiappare per forza....
Ciononostante in ogni cultura si devono creare delle categorie perché, se volessino analizzare ogni situazione senza nessun pregiudizio, passeremmo la vita a pensare prima di fare una scelta. Per esempio diamo per scontato (generalizzazione), che chi guida una macchina non la guida per ammazzare la gente per cui, quando dobbiamo attraverare la strada, una volta che la macchina si è fermata per farci passare, attraversiamo. Se invece non dovessimo usare la generalizzazione ci verrebbe l'ingrippo che quello potrebbe essere uno psicopatico che ha fatto finta di fermarci e che invece vuole ripartire e scamazzarci sotto le ruote.
Il risultato, se non generalizzassimo, sarebbe che non attraverseremmo più la strada e, similmente, non faremmo più parecchie cose o almeno non le faremmo in scioltezza.
Mo che la generalizzazione sia un meccanismo sociale indispensabile (è anche la base delle categorizzazioni e della logica in generale) è fuor di luogo ma il prezzo che paghiamo per usarlo è il dare per scontato tutto e tutti.
Finchè il fine della generalizzazione è qualcosa di utile scegliere di usarla è una scelta utile (e qui si entra nell'etica).
Ma, se scegliamo di generalizzare su un argomento tipo quella costruzione ideologica chiamata nazione, creata all'unico fine di far arricchire le classi dominanti, eticamente (almeno per la mia etica), si entra nel campo dell'inaccettabilità oppure, se vogliamo decidere in basi a criteri ecologici o economici, a me (e a tutti i poveri maronni come noi) il concetto di nazione non ha mai portato niente di buono se non guerre.