Autore Topic: L'arte di vincere (Bennett Miller, 2011)  (Letto 1004 volte)  Share 

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Offline wendell

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L'arte di vincere (Bennett Miller, 2011)
« il: 24 Novembre, 2012, 01:23:33 am »


Il general manager degli Oakland Athletics, Billy Beane, deve rifondare la squadra. Peter Brand, un giovane laureato in economia a Yale, ha idee innovative su come valutare la qualità dei giocatori...
Oltre il baseball, è un film manageriale. Piccoli club con budget contenuto e l'ossessione del fairplay finanziario contro colossi dell'industria sportiva. Il focus sul backstage anzichè sul diamante :look: è ciò che rende universale il conflitto inscenato, esportabile al nostro contesto calcistico ma che può sfociare finanche in un più ampio discorso politico: il movente non è il desiderio di vittoria sportiva ma il ribaltamento del modello capitalista in favore di una democrazia reale. Più possibilità per tutti, non solo per chi detiene il potere. Partendo dallo sport. Bene tutto il cast, dal nervoso Pitt al trasandato mister Seymour-Hoffman. Il regista Miller non rinuncia a qualche cavalcata epica di troppo ma lo fa a partire da un mezzo miracolo sportivo che, in quanto tale, presta il fianco ad una simile trattazione.

Voto: ***
ho cercato di capire cosa sei.....terrificante.

Online Guallera V.2

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Re:L'arte di vincere (Bennett Miller, 2011)
« Risposta #1 il: 24 Novembre, 2012, 10:06:43 am »
Classico film da "morale americana", imperniato però di malinconia e di un inusuale cinismo (vedi il personaggio di Brad Pitt), che ha il merito nonostante parli di un argomento prettamente americano (il baseball ed il suo dietro le quinte), e che quindi a noi comuni mortali europei poteva indurre a più di uno sbadiglio, di fare un discorso più universale, per quanto riguarda la logica del denaro, e di evitare in parte quella retorica che spesso questi tipi di film vanno incontro. Convince ma non avvince in pieno, Pitt è molto bravo, ma la vera sorpresa è sicuramente l'uomo qualunque Jonah Hill, un ciccione che sembra preso direttamente da un fast food, al suo primo ruolo serio dopo una serie di commediacce prodotte da Judd Apatown, nuovo guru della commedia scostumata americana.
Anche per me tre stelline ci stanno tutte.