Parla Stefano Palazzi, il capo della Pocura federale. "Questo è un procedimento che si fonda sulle dichiarazione accusatorie di Gianello. C'è un riscontro giuridico per quello che dice: il primo quello che dice al poliziotto, fonte qualificata. Gianello quando si confida con il suo amico, non immaginava di riferirlo al poliziotto. Le accuse sono confermate sia dinnanzi alla procura della Repubblica che dinnanzi a noi. Gianello davanti ai pm si trova in imbarazzo ma il suo è un percorso genuino quando fa le sue ammissioni. Già in primo grado, non si capisce il motivo per cui tirare in ballo i suoi compagni. Poteva ritrattare, dire che anche quello che aveva riferito all'ispettore era pura millanteria. Invece non lo ha fatto. Perché se sarebbe stata una via d'uscita semplice? C'era un rapporto ottimo con la squadra e con il gruppo e non si capisce perché tirarli in ballo. I rapporti con Giusti sono scolpiti ed evidenziati dalle intercettazioni. C'è il comportamento dei compagni di squadra, che rifiutano con sdegno. Il riscontro esterno delle dichiarazioni accusatorie deve essere logico e non è necessariamente "un quid minoris". Gianello contradditorio? Per me non è così. Respinge prima le accuse poi le ammette. Come è normale così. Poi c'è Quagliarella: quando ha capito che le sue accuse avrebbero avuto delle conseguenze, Gianello le ha subito ridimensionate, messo davanti alle sue responsabilità puntualizza le parole su Quagliarella.