"Primo caso: il ricorso di Gianello. Parla Eduardo Chiacchio: "Non si evince dagli atti di questo processo che un comportamento illecito, pur pensato da Gianello, abbia valicato la sfera personale. Grava Cannavaro spiegano, molto prima che si pensasse a una ipotesi di illecito, prima ancora della trasmissione degli atti alla procura federale, spiega di non recepire al di là del fatto che sia stato detto o non detto, che si trattasse di una offerta illecita. Gianello, se ha avuto una intenzione, se ha avuto pure la volontà di commettere un illecito, non supera la sua sfera personale". In pratica, lo pensa ma non pensa mai di attuare l'illecito. Da qui la richiesta di derubricare in slealtà sportiva. "Perché è stato respinto il patteggiamento? Perché la stessa Disciplinare non gli crede, non crede alle sue parole, lo ritiene contraddittorio. Quello che va attribuito a Gianello è il lungo elenco di conversazioni con il presunto mandante della combine, in violazione ai concetti fondamentali della proibità sportiva. Va punito per questo, per violazione all'articolo 1, non per l'illecito".
Chiacchio aggiunge: non ci sono né elementi univoci e concordanti per poter parlare di illecito. "Per sette ore Gianello ha negato finché è stato possibile. Anche il verbale posto sotto gli occhi: lui non conferma mai il verbale del poliziotto".
11.17 Caso Cannavaro, la parola a Ruggiero Malagnini: "Voglio puntualizzare un passaggio decisivo: le parole di Gianello troverebbero il loro riscontro esterno nelle dichiarazioni del poliziotto alla Procura. Ebbene, alla scorta di queste dichiarazioni, arriva la condanna. Ma le dichiarazioni del poliziotto non sono riscontro esterno: il poliziotto non fa che riferire ciò che gli ha detto la fonte. Si tratta di un riscontro "circolare", non utilizzabile per condannare un tesserato.