Basterebbe cominciare a ridurre il numero di squadre in A.
E poi, se uno dei miglior talenti del calcio italiano è Insigne, non è di certo colpa dei "negri dell'Udinese" (cit.).
La riduzione del numero di squadre, di A e non solo, è da farsi ma non riguarda strettamente il discorso dei giovani, cosi come pure la competitività dei campionati (anche in un campionato di basso livello possono uscire ottimi calciatori, vedi Verratti, El Sharaawy e il resto).
Poi la questione Insigne è un'altra storia, perchè si tratta di un buon talento che si sta perdendo per la strada o che non sta facendo i miglioramenti attesi, cosa che è nella norma (ce ne sono stati, ce ne saranno).
La questione riguarda proprio quell'altra categoria invece. Perchè il vero problema del calcio italiano è che l'aspetto sportivo è passato nettamente in secondo piano di fronte all'aspetto economico, che riguarda la maggior parte dei presidenti, dirigenti e intermediari che devono mangiare con questo traffico di calciatori, a discapito del calciatore che cresci in casa e non costa nulla (e fa mangiare meno).
Vedi caso Catania che è clamoroso, con un procuratore argentino alla guida della società

Ci sono esempi a murì...l'Udinese quest'anno ha avuto il coraggio di riportare in Italia Ivan Piris, quello che 2 anni fa a Roma fece ridere un paese intero. Non c'è un terzino italiano, tra A, B e LP che è meglio e chist? Non ci crederò mai.
Passando per il "messi greco" Ninis, uno della carica dei 101 tesserati del Parma che oggi, a 24 anni, è nientepopodimenoché svincolato dopo 1 anno a Parma e uno in prestito, passando per i Maxi Lopez che gira per i campi italiani campando su quella mezza stagione buona catanese di oramai 4 anni fa, per poi far notizia solo per le corna che gli ha messo la vacca argentina, e passando per le centinaia di casi umani che si aggirano, o si sono aggirati fino a poco fa, per i campi di A.
Non ci sono italiani meglio e sta gente? Ma anche no.
Menomale che esiste il Sassuolo...altrimenti col cavolo che Zaza e Berardi balzavano agli onori della cronaca (anche se ne hanno di strada da fare ancora)