Che topic pregno di vita... Esperienze, timori, progetti...
Io sono nella fase in cui si iniziano a rivalutare le "frasi della nonna", quelle a cui si risponde con un "sehhh" supponente, con la presunzione giovanile di sapere qualcosa in più di chi ha vissuto molto più di te...
Alle superiori ho fatto l'Itis, indirizzo informatico. Mi piacevano i computer, per l'idea di computer che può avere un 13enne. Nelle materie scientifiche sono sempre andato piuttosto bene. Ma col passare degli anni ho capito che la mia impronta era di tipo umanistico... Pensare di passare un'intera vita a tu per tu con uno schermo mi terrorizzava. Così, dopo un diploma senza infamia e senza lode (84/100), mi iscrissi a lingue, seguendo la mia passione per il mondo russo. Il problema è che, in quella facoltà, mi piaceva solo quello. Il resto non mi stimolava, non seguivo i corsi, mi disperdevo in giro per la Liguria con alcuni miei compagni o con la mia amichetta dell'epoca.
Così, inevitabilmente, alla fine del primo anno decisi che non faceva per me. Subito prima di avere l'opportunità di andare per un mese a San Pietroburgo a prezzo agevolatissimo. Il mio sogno... Ma dopo aver deciso, non me la sentii di approfittare dell'occasione, andare via un mese, tornare e rendere noto che non mi sarei iscritto al secondo anno.
Proprio in quel periodo, mi chiamò un'azienda informatica. Colloquio. Esito positivo. ...dopo un mese, sono fuggito a gambe levate. Terrore all'idea di fare quella roba lì per quarant'anni...
Senso di colpa: facoltà lasciata, lavoro lasciato... Spinte a fare ingegneria, o simili amenità, non prese in considerazione...
Sentivo di non potermi arenare, non era il momento di avere il culetto al caldo.
Così, seguendo la mia impronta umanistica, mi sono iscritto a Scienze Pedagogiche. "Pedagogia? Quella che parla dei bambini?!" No, nella mia facoltà si parla MOLTO poco di bambini Il taglio è teoretico, filosofico. Fin dall'inizio, fu un'altra storia, rispetto a lingue. Finalmente avevo preso una decisione giusta...
Tre splendidi anni, una laurea senza intoppi, un gruppo di amici-studio fenomenale e la probabile-ragazza della mia vita.
Facoltà decisiva. Ma, per quanto siano stati tre anni memorabili, l'università è un limbo. Dopo inizia tutto un altro discorso... La vita spinge giù.
Dopo qualche tentennamento riguardo alla specialistica, ho deciso di buttarmi nella ricerca di un lavoro. La specialistica non fa la differenza, nel mio ramo.
E così... le prime esperienze: degradanti, allucinanti. Brevi, per mia scelta o per natura del lavoro in sé. Per fortuna, non mi ci sono adagiato.
Dopo non molto tempo, il responsabile di una comunità mi ha telefonato, per un curriculum inviatogli un paio di mesi prima.
Colloquio positivo...e via.
Lavoro lì da sette mesi, ho già avuto un rinnovo e spero di averne uno ulteriore alla scadenza di quello attuale, cioè il 31 ottobre. Lo stipendio non è né alto né basso. Diventa alto considerando la situazione attuale: per un neo-assunto è un signor stipendio.
E' una comunità di minori stranieri non problematici (cioè, senza precedenti giudiziari). Semplicemente, minori ma stranieri. Da portare alla maggiore età. Una bella sfida, mi piace parecchio, ho addirittura paura che mi stia piacendo troppo. Insegnare l'italiano, accompagnare la loro inevitabile spinta al cazzeggio venata di paure.. Inoltre, è una piccola realtà, isolata, ed è questa la mia condizione ideale. C'è qualche contro: a volte lavoro di notte (sono appena smontato), nel fine settimana la comunità non chiude (ovviamente) e il luogo è in mezzo ai monti. Ma l'unica cosa che mi pesa davvero è il costo della benzina
Tutto questo noioso panegirico per dire che hai davanti a te delle scelte importanti ma non ancora irrecuperabili. Puoi permetterti di sbagliare, puoi tornare sui tuoi passi, puoi capire se e cosa davvero ti prema, ti dia una motivazione maggiore rispetto al resto.
L'università è un mondo a sé stante, da godere ma senza staccare il cervello, anzi... Sono anni da mettere a frutto. Lascia stare chi ti dice che è sbagliato "pensare troppo". Non vuol dire nulla, è un non-senso. Inevitabilmente, pensiamo. Anche quando "pensiamo" di lasciarci andare.
Il problema è la QUALITA' dei pensieri. Non farti rendere gretto dall'esistenza...
