Il teatrino popolare e facebookaro di post, contropost, tweet e retweet, indignazioni e contrindignazioni è lo scotto populista da pagare inevitabilmente con l'informazione al tempo del web. Non che a chi fa informazione dispiaccia, sia chiaro.
Il mostro in prima pagina, però, non è mica 'na cosa che si sono inventati or ora per vincer facile la battaglia dei click e vendere pubblicità a strafottere. Mostro in prima pagina era pure l'Alfred Dreyfus che fece discutere per giorni la bella società parigina, Piero Piccioni, figlio dell'allora ministro degli Esteri, che fu accusato negli anni Cinquanta dell'omicidio di Wilma Montesi, il ben più noto Girolimoni, passato alla storia, suo malgrado, come il più famoso pedofilo italiano negli anni del fascismo. Il popolo non si nutre solo di bilanci delle vittime e bollettini parlamentari: la gente vuole - a ragione - conoscere i fatti e i personaggi, anche se con particolare predilezione per quelli negativi. In parte, questa esigenza risponde a impulsi che potete definire bassi, da frustrati, ma che in realtà sono umanissimi e universali, e che aiutano gli individui a diffidare della realtà, ad esprimere rancore nei confronti di esempi negativi e a solleverasi sentendosi un po' migliori del mostro. In parte, i tratti caratteriali dei protagonisti di queste storie fanno cultura, pure nel senso alto del termine.
Per uno Schettino, prototipo d'un italiano meschino e codardo che ci pare d'incontrare ogni giorno e che scopriamo esser pure in grado d'arrivare a comandare navi, c'è un comandante De Falco che pare uscire da un'epoca oramai tramontata. Nella voce alterata, incazzata, indignata di quest'ultimo, il lettore italiano può trovare i suoni della propria rabbia, della propria indignazione, della propria incazzatura. E può trovare, pure, un esempio positivo per continuare (o cominciare) a fare bene, con dignità, il proprio lavoro.