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Off-topic => Focus On => Topic aperto da: bart - 02 Novembre, 2009, 20:30:50 pm
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Si suicida in carcere la neo Br Blefari
E' polemica sulla sorveglianza
I legali: "Disagio sottovalutato, ma non siamo stati creduti". La Procura apre un'inchiesta
Ionta (Dap): "La sistemazione in penitenziario era corretta. Era relativamente tranquilla"
ROMA - La neobrigatista Diana Blefari Melazzi, in carcere per l'omicidio del professor Marco Biagi nel 2002, si è suicidata. Ieri sera, dopo che le era stata notificata la sentenza della Cassazione che confermava l'ergastolo, ha tagliato le lenzuola, le ha annodate con cura facendo un cappio e si è impiccata nella cella di Rebibbia. Secondo alcune indiscrezioni negli ultimi tempi aveva cominciato a collaborare. Gli inquirenti la dovevano sentire su Massimo Papini, 34 anni, romano, arrestato un mese fa con l'accusa di partecipazione a banda armata delle Br-partito comunista combattente, indagato anche dalla Procura di Bologna per la partecipazione all'omicidio di Marco Biagi. Intanto scoppia la polemica sulla detenzione ma il capo del Dap Franco Ionta assicura: "La sistemazione in carcere era corretta".
Il suo ruolo nelle nuove Br. La donna, che nel giorno dell'arresto si era dichiarata "militante rivoluzionaria del partito comunista combattente", era l'affittuaria del covo di via Montecuccoli, un appartamento dove i terroristi responsabili della morte di Biagi e D'Antona custodivano un arsenale con 100 chili di esplosivo e l'archivio delle "Nuove Brigate Rosse". Riconosciuta come "la compagna Maria" - che Cinzia Banelli indicò fra le staffette che seguirono il professor Biagi la sera dell'omicidio - alla Blefari sono stati attribuiti il noleggio del furgone usato per la preparazione dell'omicidio e la partecipazione al pedinamento a Modena. Sul suo portatile fu rivenuto anche il file con la rivendicazione dell'omicidio.
Profondo stato di prostrazione psichica. All'inizio della detenzione si era mostrata sicura di sé, ricalcando l'atteggiamento già assunto da Nadia Desdemone Lioce, la mente della nuova organizzazione terroristica. Ben presto però le certezze si erano incrinate, lasciando spazio a un profondo stato di prostrazione psichica. Il giorno della condanna in primo grado fece a pezzi tutto quello che riuscì ad afferrare. Una scena violentissima, seguita da astenia, autoisolamento, rifiuto del cibo e dei liquidi.
Per lei trattamento sanitario obbligatorio. I medici di Rebibbia chiesero un trattamento sanitario obbligatorio "in altra struttura più idonea", essendo concreto, così scrissero, il pericolo di vita per la detenuta. L'ultima perizia psichiatrica è datata aprile. Era stata disposta per verificare la sua capacità di stare in giudizio e quella di intendere e di volere, dopo che la terrorista aveva aggredito un agente di polizia penitenziaria.
Ieri la notifica dell'ergastolo. Dopo la condanna in primo e secondo grado la Suprema Corte, il 7 dicembre 2007, aveva annullato con rinvio la sentenza d'appello emessa nei suoi confronti sottolineando vizi di motivazione sulla sua condizione psichica. L'Appello aveva riesaminato il caso disponendo una perizia psichiatrica con la quale era stata accertata la capacità dell'imputata di stare in giudizio. L'ergastolo era quindi stato confermato il 27 ottobre, e ieri pomeriggio il verdetto le era stato notificato in cella.
Poi il suicidio con le lenzuola. Dopo poche ore, attorno alle 22.30, utilizzando lenzuola tagliate e annodate, Diana Blefari Melazzi si è tolta la vita. Ad accorgersi quasi subito dell'accaduto sono stati gli agenti di polizia penitenziaria: nonostante l'immediato intervento, per la neobrigatista non c'è stato niente da fare. La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta per chiarire le cause del suicidio e ha disposto l'autopsia. L'indagine per ora è senza indagati, ma potrebbe essere riesaminato l'intero iter giudiziario della Blefari in considerazione della sua presunta patologia psichica, come emerso in questi anni dalle numerose richieste di consulenze.
"Un suicidio prevedibile". "Siamo sotto choc, abbiamo fatto tante battaglie, abbiamo cercato in tutti i modi di far riconoscere il suo profondo disagio. Ora è troppo tardi", commenta l'avvocato Caterina Calia. Il suo collega Valerio Spigarelli ammette di essere sconvolto così come non gli era mai capitato. "Era un suicidio prevedibile - fa eco il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni - Le mie collaboratrici mi dicevano che era un caso drammatico". Della stessa opinione Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione Antigone, che si batte per i diritti dei detenuti: "E' il sessantesimo caso di suicidio in carcere dall'inizio dell'anno, si tratta dunque di un emergenza a cui va data urgentemente una risposta".
Per lei attenta vigilanza e cella aperta. La neo brigatista non era più detenuta in 41 bis (il cosiddetto 'carcere duro') ma in regime di detenzione comune e, dopo una serie di trasferimenti dal penitenziario dell'Aquila a quello romano di Rebibbia passando attraverso l'ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino e il carcere di Sollicciano, lo scorso 21 ottobre era tornata nel carcere femminile della capitale dove le era stata assegnata una cella singola vicino al gabbiotto delle agenti di guardia. Nei confronti della Blefari sarebbero state adottate tutte le misure necessarie a una attento controllo. La direzione del carcere aveva infatti disposto che il blindato della cella della neobrigatista rimanesse aperto. La polizia penitenziaria, prima ancora che qualcuno sollevi dubbi sulla vigilanza della detenuta, fa sapere tramite una nota del sindacato Osapp: "Non abbiamo bisogno altre polemiche. Rebibbia è uno dei carceri più grandi d'Europa con il maggior disavanzo a livello di personale". E il capo del Dap Franco ionta, dopo un sopralluogo in carcere dice: "Ho constatato che la sistemazione in carcere di Diana Blefari Melazzi era corretta e che le recenti visite psichiatriche deponevano per una sua relativa tranquillità ".
Manconi: segnali di suicidio perché non protetta? Diana Blefari doveva essere ricoverata in una struttura psichiatrica protetta secondo Luigi Manconi, presidente di "A buon diritto" e sottosegretario alla Giustizia nel secondo governo Prodi, che ricorda: "Quando ero al governo mi interessai della Blefari, sollecitando l'amministrazione penitenziaria a seguirla con particolare attenzione perché già allora mostrava segni evidenti di instabilità psichica. Ne conseguì - prosegue Manconi - la declassificazione dal regime di 41 bis e l'assegnazione a un regime di sorveglianza a vista. Dunque, più che di un suicidio annunciato si è trattato di un atto proclamato, dichiarato. E le decine di perizie cui la Blefari è stata sottoposta sono lì a testimoniare di una condizione che avrebbe dovuto imporre il suo ricovero in una struttura psichiatrica protetta".
(1 novembre 2009)
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/suicidio-brigatista/suicidio-brigatista/suicidio-brigatista.html (http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/suicidio-brigatista/suicidio-brigatista/suicidio-brigatista.html)
ennesima vittima di quest'orrore giudiziario che corrisponde al nome di ergastolo, quante altre ne serviranno per far riflettere qualcuno?
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onore a Diana
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vittima di quest'orrore giudiziario che corrisponde al nome di ergastolo
Ancora cu' sta storia? :wall:
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Ancora cu' sta storia? :wall:
si finchè accadranno cose del genere
http://www.carceriemiliaromagna.it/wcm/carceriemiliaromagna/sezioni/suicidi/suic_2008.htm (http://www.carceriemiliaromagna.it/wcm/carceriemiliaromagna/sezioni/suicidi/suic_2008.htm)
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si finchè accadranno cose del genere
[url]http://www.carceriemiliaromagna.it/wcm/carceriemiliaromagna/sezioni/suicidi/suic_2008.htm[/url] ([url]http://www.carceriemiliaromagna.it/wcm/carceriemiliaromagna/sezioni/suicidi/suic_2008.htm[/url])
Ma è ovvio, sapere di dover passare il resto della vita in carcere è debilitante. Tu cosa proponi? Ammazzarli o rimetterli in libertà ? Non parlo della fattispecie, ci sarebbe tanto da dire sul reintegro di un terrorista in un sistema che disconosce. In generale, cosa proponi?
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In generale, cosa proponi?
te l'aggia spiegà n'ata vot? :doh: :look:
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riposi in pace
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"Però adesso che lui si è impiccato, la porta gli devono aprir"(FDA)
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sono l'unico che crede nella finalità rieducativa del carcere?
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sono l'unico che crede nella finalità rieducativa del carcere?
ma in teoria dovrebbe essere così. Ma in Italia è impossibile, quindi ben vengano gli ergastoli. Poi una rieducazione dovrebbe partire, prima di tutto, dalle strade.
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Ma in Italia è impossibile, quindi ben vengano gli ergastoli.
ma perchè, che senso ha tenere qualcuno rinchiuso in un carcere a vita? tienilo dentro 20, 30 anni, tutto il tempo che serve perchè questa persona una volta uscita di galera non possa più nuocere a nessuno, ma almeno fallo morire in pace tra la sua famiglia, a casa sua o in qualsiasi altro posto voglia, che cazz...
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ma perchè, che senso ha tenere qualcuno rinchiuso in un carcere a vita? tienilo dentro 20, 30 anni, tutto il tempo che serve perchè questa persona una volta uscita di galera non possa più nuocere a nessuno, ma almeno fallo morire in pace tra la sua famiglia, a casa sua o in qualsiasi altro posto voglia, che cazz...
Peppe ci vuole un pò di giustizia, la gente che non accetta le regole della società è giusto che viva al di fuori di essa. Se c'è la possibilità di reintegrare, riabilitare, istruire, bisogna farlo, ma bisogna anche accettare che ci sono casi in cui è inutile. Concludo con un pensiero del cazzo, che però sostengo: se un tizio distrugge in qualche modo una famiglia, per quale diavolo di motivo dovrebbe poi avere il privilegio di morire in santa pace? E poi, per il mio modo di ragionare, l'ergastolo a vita è un deterrente anche maggiore della pena di morte.
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la gente che non accetta le regole della società è giusto che viva al di fuori di essa.
secondo me quella non è vita, altrimenti non si spiegherebbe un numero tanto alto di suicidi tra gli ergastolani...
Concludo con un pensiero del cazzo, che però sostengo: se un tizio distrugge in qualche modo una famiglia, per quale diavolo di motivo dovrebbe poi avere il privilegio di morire in santa pace?.
chiunque una volta pagato il proprio debito con la giustizia avrebbe il diritto di morire in santa pace
E poi, per il mio modo di ragionare, l'ergastolo a vita è un deterrente anche maggiore della pena di morte.
sono d'accordo, infatti secondo me l'ergastolo è una tortura ben peggiore della pena di morte...
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o16149 (http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o16149)
praticamente è come se l'avessi scritto io :look: dagli un'occhiata
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secondo me quella non è vita, altrimenti non si spiegherebbe un numero tanto alto di suicidi tra gli ergastolani...
chiunque una volta pagato il proprio debito con la giustizia avrebbe il diritto di morire in santa pace
sono d'accordo, infatti secondo me l'ergastolo è una tortura ben peggiore della pena di morte...
[url]http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o16149[/url] ([url]http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o16149[/url])
praticamente è come se l'avessi scritto io :look: dagli un'occhiata
il punto è stimare il debito da pagare. Il link lo guardo volentieri domani, mo sto durmenn'
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Chi crede nella finalità rieducativa del carcere crede di fatto alla repressione ed alla negazione come metodo educativo, non è il mio caso.
Per me la finalità jailhouse è esclusivamente quella di contenimento, un sistema, non drastico, per togliere dalla circolazione un soggetto inadatto alla vita civile.
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il punto è stimare il debito da pagare. Il link lo guardo volentieri domani, mo sto durmenn'
cesare beccaria già alla fine del '700 (pieno illuminismo) avanzava una concezione profondamente diversa della pena: non debito da pagare ma rieducazione e riabilitazione. ed è sacrosanto che sia così: come si può stimare il debito provocato da un omicidio, dato che nè 1000 anni di carcere nè un omicidio di stato possono restituire la vita?
l'unico caso in cui non vedo nessuna possibilità di riabilitazione è per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso/camorristico/ndranghetistico. ben venga il 41bis a vita, a meno che non ti penti e parli.
PS sono daccordo anche sul discorso del contenimento di nando, ma per me non è necessariamente in contraddizione con la finalità riabilitativa, anzi.
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E poi, per il mio modo di ragionare, l'ergastolo a vita è un deterrente anche maggiore della pena di morte.
o' ver?per me basterebbe pure un solo mese di completo isolamento
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cesare beccaria già alla fine del '700 (pieno illuminismo) avanzava una concezione profondamente diversa della pena: non debito da pagare ma rieducazione e riabilitazione. ed è sacrosanto che sia così: come si può stimare il debito provocato da un omicidio, dato che nè 1000 anni di carcere nè un omicidio di stato possono restituire la vita?
l'unico caso in cui non vedo nessuna possibilità di riabilitazione è per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso/camorristico/ndranghetistico. ben venga il 41bis a vita, a meno che non ti penti e parli.
PS sono daccordo anche sul discorso del contenimento di nando, ma per me non è necessariamente in contraddizione con la finalità riabilitativa, anzi.
tutto quello che volete, io parto dal presupposto che la strada della rieducazione e del reintegro debba essere battuta pesantemente. Ma attualmente, in Italia, vedete la possibilità di seguirla questa strada? Io no, quindi ben vengano certe pene.
E comunque ripeto, una politica di recupero, all'interno delle carceri, deve essere preceduta da una politica di recupero al di fuori, nelle zone ad alto tasso di criminalità (ma non solo), altrimenti è inutile.
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tutto quello che volete, io parto dal presupposto che la strada della rieducazione e del reintegro debba essere battuta pesantemente. Ma attualmente, in Italia, vedete la possibilità di seguirla questa strada? Io no, quindi ben vengano certe pene.
E comunque ripeto, una politica di recupero, all'interno delle carceri, deve essere preceduta da una politica di recupero sviluppo al di fuori, nelle zone ad alto tasso di criminalità (ma non solo), altrimenti è inutile.
siamo grossomodo d'accordo, mi permetto solo questa correzione.
per sviluppo intendo sia quello economico, culturale e sociale. lo sviluppo è il grande assente della politica italiana da 20 anni circa
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siamo grossomodo d'accordo, mi permetto solo questa correzione.
per sviluppo intendo sia quello economico, culturale e sociale. lo sviluppo è il grande assente della politica italiana da 20 anni circa
sisi chiaro, hai espresso meglio ciò che intendevo :ok:
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sisi chiaro, hai espresso meglio ciò che intendevo :ok:
le parole sono importanti (cit.)
qui ci voleva la faccina del secchione :nono:
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Io credo nella funzione riabilitativa del carcere. Se mi venite a dire però che tutti i soggetti sono riassimilabili nella società senza nuocere nel giro di tot anni mi faccio una risata.
Certa gente non è in grado di vivere in società , per svariate ragioni, va isolata. E' uno dei tanti effetti collaterali del vivere in comunità .
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cesare beccaria già alla fine del '700 (pieno illuminismo) avanzava una concezione profondamente diversa della pena: non debito da pagare ma rieducazione e riabilitazione. ed è sacrosanto che sia così: come si può stimare il debito provocato da un omicidio, dato che nè 1000 anni di carcere nè un omicidio di stato possono restituire la vita?
l'unico caso in cui non vedo nessuna possibilità di riabilitazione è per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso/camorristico/ndranghetistico. ben venga il 41bis a vita, a meno che non ti penti e parli.
PS sono daccordo anche sul discorso del contenimento di nando, ma per me non è necessariamente in contraddizione con la finalità riabilitativa, anzi.
:ok:
Io credo nella funzione riabilitativa del carcere. Se mi venite a dire però che tutti i soggetti sono riassimilabili nella società senza nuocere nel giro di tot anni mi faccio una risata.
se li tieni rinchiusi e trattati come delle bestie certamente no... ma finchè si continuerà a ritenere il carcere unicamente un luogo di detenzione oltre che di riabilitazione allora ti dò il diritto di ridermi in faccia :peppe:
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Io credo nella funzione riabilitativa del carcere. Se mi venite a dire però che tutti i soggetti sono riassimilabili nella società senza nuocere nel giro di tot anni mi faccio una risata.
Certa gente non è in grado di vivere in società , per svariate ragioni, va isolata. E' uno dei tanti effetti collaterali del vivere in comunità .
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t'issa stancà a scrivere nu' comment... :nono:
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t'issa stancà a scrivere nu' comment... :nono:
E' quello che penso, a certa sfaccimma di gente la terrei chiusa per tutta la vita dentro, non possono vivere in comunità .
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E' quello che penso, a certa sfaccimma di gente la terrei chiusa per tutta la vita dentro, non possono vivere in comunità .
2 virgole tutte in una frase, azz :patt:
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se li tieni rinchiusi e trattati come delle bestie certamente no... ma finchè si continuerà a ritenere il carcere unicamente un luogo di detenzione oltre che di riabilitazione allora ti dò il diritto di ridermi in faccia :peppe:
il punto è che il discorso va un attimo diviso.
da una parte ci sono le funzioni dello stato, i suoi princìpi e i suoi doveri. guai a mettere in discussione i risultati più importanti raggiunti in secoli di evoluzione del pensiero politico... soprattutto quelli che derivano dal secolo dei lumi.
poi ti devi confrontare con la realtà e la devi accettare e trovare soluzioni quantoppiù coerenti con quei principi. se pensi alla realtà , purtroppo fiorenzo ha ragione. ecco perchè esistono gli ospedali psichiatrici (esistono? :look:) e il 41bis per i mafiosi.
che poi in italia gli unici a pagare davvero (forse persino troppo) sono solo i brigatisti direi che è tutt'altro tipo di discorso...
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il punto è che il discorso va un attimo diviso.
da una parte ci sono le funzioni dello stato, i suoi princìpi e i suoi doveri. guai a mettere in discussione i risultati più importanti raggiunti in secoli di evoluzione del pensiero politico... soprattutto quelli che derivano dal secolo dei lumi.
poi ti devi confrontare con la realtà e la devi accettare e trovare soluzioni quantoppiù coerenti con quei principi. se pensi alla realtà , purtroppo fiorenzo ha ragione. ecco perchè esistono gli ospedali psichiatrici (esistono? :look:) e il 41bis per i mafiosi.
che poi in italia gli unici a pagare davvero (forse persino troppo) sono solo i brigatisti direi che è tutt'altro tipo di discorso...
Diego, a me è proprio il concetto di carcere esistente in Italia a farmi ribrezzo... per l'ergastolo diciamo che il problema non si pone (se non sul piano umano e morale) perchè sei sicuro che chi ha commesso un reato non commetterebbe più, ma io non mi stupisco se chi si è beccato un qualsiasi numero di anni di carcere una volta fuori torna a delinquere, uno non impara mica a vivere in comunità standosene per anni chiuso in una cella a beccarsi violenze fisiche e psicologiche in continuazione... più comunità e meno carceri, è questo il mio sogno
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Diego, a me è proprio il concetto di carcere esistente in Italia a farmi ribrezzo... per l'ergastolo diciamo che il problema non si pone (se non sul piano umano e morale) perchè sei sicuro che chi ha commesso un reato non commetterebbe più, ma io non mi stupisco se chi si è beccato un qualsiasi numero di anni di carcere una volta fuori torna a delinquere, uno non impara mica a vivere in comunità standosene per anni chiuso in una cella a beccarsi violenze fisiche e psicologiche in continuazione... più comunità e meno carceri, è questo il mio sogno
Togliendo la punizione ti giochi il deterrente. Le persone si sentirebbero maggiormente integrate e valorizzate se potessero istruirsi, lavorare, chiavare, guardarsi le partite in una tv al plasma. Le carceri devono essere quello che sono, la riformazione è soprattutto personale. Ad uno stupratore seriale non si insegna niente, gli assassini sanno che uccidere è nocivo.
Se poi parli di abusi e trattamenti ai limiti dell'umano dobbiamo fermarci al caso particolare. Non generalizzo perchè non conosco la realtà delle carceri ma credo siano posti vivibili, stando ai reportage che passano ogni tanto.
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Le carceri devono essere quello che sono, la riformazione è soprattutto personale.
alcuni soggetti potrebbero aver bisogno d'aiuto, non credi?
Ad uno stupratore seriale non si insegna niente, gli assassini sanno che uccidere è nocivo.
vanno entrambi curati, o è forse preferibile rimetterli in libertà dopo qualche anno di detenzione?
Non generalizzo perchè non conosco la realtà delle carceri ma credo siano posti vivibili, stando ai reportage che passano ogni tanto.
mah, io non credo proprio...
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alcuni soggetti potrebbero aver bisogno d'aiuto, non credi?
vanno entrambi curati, o è forse preferibile rimetterli in libertà dopo qualche anno di detenzione?
mah, io non credo proprio...
I tuoi argomenti vanno bene per puffolandia. Il concetto di giustizia lo lasci per strada. La detenzione è prima di tutto deterrente, punizione. Un medico che opera ubriaco, tizio che favorisce amici nella vendita di appalti, l'operatore finanziario che si vende la mamma in un'operazione allo scoperto, devono essere puniti, non educati. I carnefici fanno vittime, vallo a raccontare a loro il "bisogno d'aiuto", la detenzione morbida e la scarcerazione facile.
La riabilitazione deve essere un impulso del singolo, lo stato deve mettere a disposizione mezzi adatti a verificarne la possibilità di reintegrazione. Lo stato non ha il dovere di recuperare chi piscia sul contratto sociale, ma di acconsentirne il recupero, in certi casi. Detto ciò sono straconvinto che certa gente debba essere isolata vita natural durante e che fuori dalla società debba essere messa in condizione di sudarsi il pane che mangia e mantenersi.
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sulla realtà carceraria sappiamo davvero poco o nulla, a parte il sovraffollamento
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SI SUICIDA NEL CARCERE DI VERONA
Giugliano. Si impicca in carcere, stringendo alla gola l'unica cosa che aveva: una maglia. Domenico Improta, 29 anni, è morto nel penitenziario di Montorio a Verona, dove era stato rinchiuso dopo una rapina.
Ora i suoi familiari chiedono verità e giustizia. I fratelli minori di Domenico, Giovanni e Diego, i genitori e la giovanissima moglie Cristina, hanno sporto denuncia contro la struttura carceraria. Secondo quanto riferito ai legali dei familiari, venuti a conoscenza della morte del loro parente, solo ventiquattro ore dopo il decesso, Domenico era da venti giorni in isolamento, gli somministravano tranquillanti per le ripetute proteste contro gli altri carcerati, le guardie ed il direttore stesso. Il decesso, stando al referto medico, sarebbe avvenuto sabato scorso.
Improta è agitato, viene portato in infermeria, è sorvegliato a vista da una guardia, ma ciononostante riesce a sfilarsi la maglietta che indossa, ad avvolgerla intorno alla gola e a stringere fino a morire.
“Come è possibile – protestano i fratelli – che né la guardia né i medici si siano accorti di quello che stava facendo, e poi - proseguono - ci spiegassero come può un ragazzo sedato, avere la forza di soffocarsi da soloâ€.
A supporto dei dubbi dei familiari un dato: nell’ultimo anno, nel carcere di Verona, si sono registrati più di 60 tentativi di suicidio. A testimoniare il suo amore per la vita, le letter che dal carcere scriveva ai fratelli, incoraggiandoli, invitandoli a non commettere i suoi stessi errori. Ora quelle lettere, sono tutto ciò che resta ai familiari insieme al desiderio di sapere cosa sia veramente successo e di affermare i diritti umani del loro congiunto e di tutti i detenuti per i quali il carcere dovrebbe essere riabilitativo
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SI SUICIDA NEL CARCERE DI VERONA
Giugliano. Si impicca in carcere, stringendo alla gola l'unica cosa che aveva: una maglia. Domenico Improta, 29 anni, è morto nel penitenziario di Montorio a Verona, dove era stato rinchiuso dopo una rapina.
Ora i suoi familiari chiedono verità e giustizia. I fratelli minori di Domenico, Giovanni e Diego, i genitori e la giovanissima moglie Cristina, hanno sporto denuncia contro la struttura carceraria. Secondo quanto riferito ai legali dei familiari, venuti a conoscenza della morte del loro parente, solo ventiquattro ore dopo il decesso, Domenico era da venti giorni in isolamento, gli somministravano tranquillanti per le ripetute proteste contro gli altri carcerati, le guardie ed il direttore stesso. Il decesso, stando al referto medico, sarebbe avvenuto sabato scorso.
Improta è agitato, viene portato in infermeria, è sorvegliato a vista da una guardia, ma ciononostante riesce a sfilarsi la maglietta che indossa, ad avvolgerla intorno alla gola e a stringere fino a morire.
“Come è possibile – protestano i fratelli – che né la guardia né i medici si siano accorti di quello che stava facendo, e poi - proseguono - ci spiegassero come può un ragazzo sedato, avere la forza di soffocarsi da soloâ€.
A supporto dei dubbi dei familiari un dato: nell’ultimo anno, nel carcere di Verona, si sono registrati più di 60 tentativi di suicidio. A testimoniare il suo amore per la vita, le letter che dal carcere scriveva ai fratelli, incoraggiandoli, invitandoli a non commettere i suoi stessi errori. Ora quelle lettere, sono tutto ciò che resta ai familiari insieme al desiderio di sapere cosa sia veramente successo e di affermare i diritti umani del loro congiunto e di tutti i detenuti per i quali il carcere dovrebbe essere riabilitativo
non ho manco la forza di commentare, in che merda di paese viviamo...
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da la Repubblica di ieri:
Le tappe
Alla società serve un percorso di reinserimento
RIDARE SENSO
ALLA PENA
Quando si parla di costruzione di nuove carceri per
dare una soluzione al problema del sovraffollamento,
bisognerebbe chiedersi quanto costerà la
gestione di queste carceri e poi pensare all’efficacia
di questa spesa. Ci sono tanti modi di scontare una pena. Stare
chiusi in carcere a fare nulla perché non ci sono le risorse
per le attività , e neppure per educatori, psicologi e agenti, e
nessuna possibilità di uscire con una misura alternativa in un
percorso graduale di reinserimento, è sicuramente il peggiore.
Il peggiore per i detenuti che non riescono a dare un
senso alla loro pena, e il peggiore per la società che si vedrà
restituire persone che in carcere si sono solo incattivite.
Questo è il sovraffollamento raccontato dai detenuti, galere
piene di corpi e vuote di senso.
Andrea: «In carcere ultimamente vedo arrivare ragazzi
sempre più giovani, consumati dalla droga, che passano le
giornate stesi in branda, da dove si alzano solo per prendere
quella che in galera si chiama la “Terapiaâ€, quegli psicofarmaci
che ti permettono di anestetizzare la sofferenza e l’assenza
di speranza dormendo. Tutte le volte che incontro facce
giovani, io che in carcere ci sono finito quando avevo poco
più di vent’anni per reati legati alla tossicodipendenza, e
ora di anni ne ho trentacinque, mi si stringe il cuore a pensare
al destino che li aspetta: mentre io, per lo meno, la detenzione
l’ho vissuta non buttando il tempo, ma impegnandomi
in attività che mi hanno aiutato a crescere, penso che per
loro il carcere sovraffollato di oggi sarà solo tempo inutile».
Gentian: «Le giornate nelle galere sovraffollate passano tra
lunghe attese per andare in doccia e turni imbarazzanti per
usare il bagno. In quel viavai di gente, in mezzo a quel fiume
di angoscia, non puoi permetterti debolezze e distrazioni,
devi sopravvivere. In quelle condizioni è difficile che una persona
prenda coscienza dei propri errori ed accetti le proprie
responsabilità per il reato commesso, e un possibile reinserimento
nella società diventa quasi un miraggio».
Vanni: «Un frustrante senso di impotenza ti attanaglia
quando varchi la soglia del carcere, dove tutto sfugge al tuo
controllo. Progressivamente si dilata anche la percezione del
tempo: la giornata del detenuto è fatta con lo stampino, una
clonazione continua degli stessi identici movimenti. Ma oggi,
nelle galere sovraffollate, si logorano sempre più anche i
progetti di vita. E non vedo come i cinque educatori del carcere
in cui sono recluso possano lavorare seriamente al reinserimento
di ottocento persone, quando tutto si riduce a un
unico colloquio annuo (se va bene) di dieci minuti. Il fatto che
un’alta percentuale dei detenuti, che scontano la pena in carcere
fino all’ultimo giorno, torni poi a delinquere, dimostra,
ma nessuno sembra accorgersene, che i penitenziari non sono
luoghi ove si impara a compiere scelte più rispettose della
legge di quelle compiute in passato».
Sergej: «Quando sei costretto a lottare per la sopravvivenza,
le difficoltà quotidiane assorbono tutte le tue energie e
non ti permettono di pensare ad altro. Né al tuo passato, su
cui invece avresti bisogno di riflettere per non ritrovarti, all’uscita
dalla galera, gli stessi problemi che avevi quando ci
sei finito dentro, né al tuo futuro, perché sei interamente preso
da un presente che non ti dà tregua».
In galera di questi tempi si vive da cani, si sta stretti, capita
anche di dormire per terra, eppure farne prevalentemente
una questione di spazi, e proporre un piano carceri che preveda
solo nuove celle, ha poco senso: oggi questo carcere distrugge
nelle persone ogni progetto, ogni speranza, e un metro
in più cambierebbe poco.
ORNELLA FAVERO
Un’istituzione che non funziona più
DOVE REGNA
L’ILLEGALITà€
La pena detentiva nasce, nel pensiero dei riformatori
settecenteschi, come la pena “perfettaâ€:
uguale, perché colpisce un bene comune;
giusta, perché proporzionabile all’infinito;
utile, perché in grado di impedire la recidiva mediante
il trattamento rieducativo. Ma le istituzioni penitenziarie
già sorte all’inizio dell’età moderna versavano in
condizioni spaventose: la denuncia del loro degrado e
della loro indegnità è immediata e vigorosa. Occorreva
trasformarle radicalmente. Si sviluppa così il tema
della riforma carceraria, che attraversa il XX e il XXI secolo,
con un impegno plurisecolare i cui esiti pratici somigliano
però alla carota appesa davanti al muso dell’asino.
Alla fine dell’Ottocento matura il frutto della
delusione e la consapevolezza dell’inanità : le nuove
parole d’ordine saranno la minimizzazione del ricorso
al carcere attraverso una miriade di alternative e la fuga
dalla pena detentiva mediante congegni deflattivi.
La finalità rieducativa, asse ideologico portante della
pena “utileâ€, si riduce ad una formula retorica, che
oscilla tra l’autoritarismo disciplinare, il collante istituzionale
sezionato da Foucault, e l’aspirazione indefessa
ad un ruolo vicario della detenzione: agendo contro
il delinquente, fare quello che la politica sociale ha
omesso di fare per lui. Il primo è la negazione stessa della
rieducazione, perché la disciplina in un’istituzione
totale non può mai essere funzionale alle esigenze dell’internato,
ma al contrario rende questo funzionale alle
sue. La seconda si basa sull’inganno che sia possibile
educare all’uso della libertà sopprimendola: insegnare
a correre legando le gambe.
Da sempre il carcere è inidoneo a svolgere la funzione
su cui sono state erette le sue fortune normative. Sopravvive
per ragioni che non hanno molto a che vedere
con la rieducazione, e che in Italia non la riguardano
affatto. Da noi, il degrado e la perversione riescono persino
a squarciare la cortina di invisibilità che normalmente
rende cieca la società civile e la “protegge†dallo
spettacolo della sua vergogna. Il nostro capolavoro
è di essere riusciti a rendere l’esecuzione penitenziaria
un fenomeno di illegalità , in contrasto manifesto con
le regole che pur ci siamo dati; anzi: un fenomeno criminoso,
perché il “trattamento rieducativo†si converte
in maltrattamenti. Il recupero della legalità ha un
percorso obbligato: la garanzia dei diritti della persona
detenuta. Un programma serio e severo che Arturo
Rocco (il fratello di Alfredo) aveva già tracciato nel
1910, opponendolo ai rieducatori d’antan. Se si parla
di garanzie, si parla di un giudice. Certo non dell’attuale
magistrato di sorveglianza, ridotto a inerme spettatore
dello sconcio e del degrado, ma un giudice posto
in grado di vincolare coercitivamente l’amministrazione
penitenziaria al rispetto dei diritti inviolabili della
persona detenuta, oppure – sia chiaro – di liberarla
da una condizione antigiuridica. àˆ un programma minimo
ma essenziale perché il carcere non assuma una
funzione diseducativa e criminogenetica. Non dimentichiamoci
che l’art. 27 della Costituzione, stabilendo
che “le pene†“devono tendere alla rieducazione del
condannatoâ€, non stende un pannicello sulla piaga,
ma confeziona un bisturi. Che ne facciamo di una pena,
quella carceraria, nel momento in cui finalmente
riconosciamo che svolge la funzione contraria?
TULLIO PADOVANI
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è ufficiale, amo Tullio Padovani :sisi: