Chiunque detenga le monetine la paga,ancor peggio va ai cerebrolesi che investono in titoli di stato.
Il lato positivo è che a prescindere dalle vedute diverse, né io né tu acquisteremo mai titoli di stato...
Non ho afferrato l'ultimo pezzo della tua risposta.
Secondo me stai facendo confusione parlando di stato di natura,comunità-società e rivoluzione industriale.
Mi parli da sociologo o da economista? ancora non t'ho capito... 
Spesso tendo ad essere oscuro, la nostra attuale struttura economico-finanziaria è diretta conseguenza del modo come è strutturata la nostra società, una società in cui regna la legge del più forte, non è democratica ma oligarchica, e quindi ingiusta. Il sociologo tedesco è Tonnies (lo beccai per via di Nietzsche), appena hai tempo da buttare, dai uno sguardo qui
http://www.filosofico.net/tonnies.htm (molto sintetico ma diretto).
La rivoluzione industriale è, secondo Tonnies, ciò che conduce la comunità in società, incominciando a plasmare il culto del profitto esacerbato e del consumismo, rende molto l'idea quest'interessante articolo del fatto quotidiano (
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/18/gli-italiani-e-la-poverta-nata-dalla-ricchezza/119306/)
[...]scatta il meccanismo dell’emulazione, dell’invidia, su cui del resto si basa l’intero nostro modello di sviluppo. Raggiunto un obiettivo bisogna inseguirne immediatamente un altro e poi un altro ancora – a ciò costretti dall’ineludibile meccanismo produttivo, che ci sovrasta – e, sempre inappagati, non possiamo mai raggiungere un momento di equilibrio, di quiete, di serenità. Ludwig von Mises, il più estremo ma anche coerente teorico dell’industrial-capitalismo, rovesciando venti secoli di pensiero occidentale e orientale, ha affermato: “Non è bene accontentarsi di ciò che si ha”. Ha interpretato lo spirito del tempo coniugato con le esigenze del sistema. Ma poiché “ciò che non si ha” non ha limiti abbiamo creato il meccanismo perfetto dell’infelicità.Mi hai posto dei problemi che hanno natura sociale più che economica e ti ho risposto di diretto:
ex. Il problema della globalizzazione non è tanto causato dai trasferimenti produttivi, quanto, da una lato, avere noi occidentali che perdiamo lavoro e quindi potere d'acquisto, nel medio tempore non potendo acquistare direttamente quei beni "a noi destinati" lo facciamo indebitandoci ricorrendo alle rate, per poi entrare in crisi nel momento in cui perdiamo tutto, importando con la contrattazione collettiva, schiavitù; e dall'altro abbiamo gli schiavi del terzo mondo, persone che lavorano in condizioni disumane senza diritti, che producono beni (con 150$ al mese non puoi comprarti una lavatrice da 300$) che saranno in grado di acquistare solo nel medio-tempore ricorrendo anche loro al debito, per poi finire, pure loro, "cornuti e mazziati", mentre le corporations si arricchiscono di brutto e massimizzano i profitti. La matrice è economica, ma in un sistema sociale dove ci sono "persone che ragionano", stai certo che fin da subito, l'intera collettività avrebbe boicottato prodotti non "Made in My Country"