E’ il 9 gennaio 2011, ed allo Stadio San Paolo si gioca il posticipo serale della 19a giornata di Serie A tra Napoli e Juventus. Il cronometro segna il 56’ minuto quando Hamsik fa partire un traversone sul quale si avventa Cavani che segna in tuffo la sua personale tripletta ai bianconeri. Lo Stadio è una bolgia, i tifosi gioiscono, i giocatori si abbracciano. Un cameraman inquadra un settore dello stadio dove campeggia un’enorme maglia bianconera con il numero 71 (che nella Cabala Napoletana simboleggia l’uomo di m…) ed il nome di Quagliarella. Esattamente dodici mesi prima, Quagliarella vestiva la maglia del Napoli, ed inventava un gol quasi impossibile all’Atalanta. Pochi mesi dopo, sempre contro l’Atalanta, segnerà una doppietta che manderà i bergamaschi in B, ma soprattutto il Napoli in Europa. Finito il campionato, si riapre il mercato e Quagliarella viene ceduto, a 2 ore dalla gara di ritorno tra Elfsborg e Napoli, alla Juventus, la grande nemica azzurra. Cosa è successo, in dodici mesi?
Napoli unico amore. Fabio Quagliarella non è un giocatore qualunque: è napoletano, tifoso del Napoli, che sognava la maglia azzurra da una vita. Giocava nel trio dei napoletani, con Di Natale e Floro Flores, in quel di Udine, ma a differenza degli altri due, Fabio vuole il Napoli. Totò forse vorrebbe, ma la moglie ripete che da Udine non si vuole muovere. Rinuncia anche a grandi squadre, pur di accontentarla, resta ad Udine, ed ogni volta che becca il Napoli, tra l’altro, gli segna tre gol. Floro Flores rinunciò al Napoli quando era in una serie inferiore, ora verrebbe volentieri, ma la società guarda oltre. Solo Fabio verrebbe in ginocchio e sui ceci da Udine. Ed infatti, quando a fine campionato il presidente friulano Pozzo gli telefona dicendogli che c’è un interessamento del Napoli, lui si butta subito avanti. La trattativa viene chiusa in 24 ore, non c’è neanche bisogno di trattare, per Fabio: basta l’accordo tra le due società, Fabio è già a Castellammare da parenti ed amici: il sogno si è realizzato. La stampa ed i tifosi lo osannano. Lo chiamano Masaniello, perché per la prima volta dopo tanti anni, Napoli si rispecchia nel suo centravanti, è l’incarnazione dei sogni dei tanti scugnizzi che giocano nei vicoli, che sognano un gol con la maglia azzurra. Fabio ci è riuscito, le maglie vanno a ruba, oscura tutti gli altri giocatori. E a qualcuno questo non va giù.
Amaro svedese. Facciamo un salto avanti: mancano pochi giorni ad Elfsborg-Napoli, gara di ritorno del turno di spareggi dell’Europa League: Quagliarella ed Hamsik vengono alle mani nello spogliatoio di Castelvolturno. Lo riferisce Pierpaolo Paoletti, ex capo-ufficio stampa del Napoli, oggi giornalista. Arriva la gara con l’Elfsborg, il Napoli passa in Svezia 2-0 con doppietta dell’ultimo arrivato, Cavani. I tifosi, prima durante e dopo la partita intonano cori contro il presidente De Laurentiis e pro-Quagliarella (guarda il video). A pochi minuti dall’inizio della gara, inizia a circolare la voce che Quagliarella passerà alla Juventus, e l’ufficialità verrà data subito dopo la partita, nella quale Quagliarella non giocherà neanche un minuto. Fabio non dice nulla, era dato per titolare fino alle 17, poi gli viene preferito Cavani. Scelta tattica, assicura Mazzarri. A fine partita, Quagliarella va sotto il settore napoletano e spiega le sue ragioni. Poi, le parole di Paoletti, che arrivano come macigni. "Quagliarella è stato ceduto” – spiega in un’intervista a Canale21 – “perchè qualche giorno prima della trasferta in Svezia ha fatto a botte con Hamsik negli spogliatoi di Castelvolturno. La società, compreso che il rapporto tra l'attaccante ed una parte della squadra tra cui Lavezzi e Hamsik era deteriorato già da mesi, ha preferito darlo via". Cos’era accaduto, da portare Fabio a mettere le mani addosso ad Hamsik? Si era già parlato, in passato, di problemi tra il clan sudamericano, capeggiato da Lavezzi, e quello italiano, che con l’arrivo di Fabio aveva trovato il suo migliore leader. Lo schieramento di Hamsik non spiazza gli addetti ai lavori: il suo legame con i sudamericani è praticamente “sancito” dal fidanzamento della sorella con Gargano, che culminerà in matrimonio nel dicembre 2010. Come si sia arrivati alle mani, invece, è presto detto: con l’arrivo di Cavani, si viene a creare un trio di mezze punte curioso, cui va aggiunto il trequartista slovacco: inevitabile che uno dei quattro debba andare in panchina, ma chi? Quagliarella è l’idolo della tifoseria, Lavezzi non viene cambiato neanche quando non tocca palla perché, ed è la sua miglior caratteristica, ha i mezzi per inventare, all’improvviso, una giocata che risolva una partita, Cavani è l’ultimo arrivato, ma se lo compri per 17 milioni di euro non è certo per sederlo in panca. Resta Hamsik, che dei quattro è l’unico che non abbia spiccate doti di attaccante. Per di più, va a fasi alterne, oscilla tra una gara in cui ricorda Nedved ad altre in cui diventa il sosia scarso di Cataldo Montesanto: ed infatti, si inizia a parlare di un interessamento di squadre inglesi per lui. Mazzarri aveva provato a schierarli tutti e quattro contemporaneamente, stile Barcellona: l’esperimento durerà esattamente per 11 minuti durante Napoli-Elfsborg: il centrocampo non tiene, e così l’allenatore corre ai ripari e torna al modulo standard. Ed i tifosi capiscono: uno dei quattro andrà in panca, o forse via. I dubbi si scioglieranno pochi giorni dopo. Ma qualcun altro, forse, li aveva già sciolti prima.
Non solo calcio. Ci sono anche aspetti poco chiari riguardo la stagione 2009/2010, su cui la magistratura ha aperto dei fascicoli. Nuovo salto all’indietro: domenica 10 aprile 2010. Si gioca Napoli-Parma, con gli Azzurri che inseguono il 4° posto, valido per la qualificazione alla Champions League, mentre i ducali scendono all’ombra del Vesuvio per venirsi a fare un’allegra scampagnata, con la salvezza ormai blindata. Arbitra Romeo di Verona. Da qualche parte, lontano dai riflettori della televisione, lavorano le forze dell’ordine impegnate quotidianamente nella lotta ai clan della camorra. Sentono strane voci, negli ambienti criminali tra Secondigliano e Scampia, le roccaforti dei clan. Parlano per lo più di scommesse facili, giocate sicure, e cose del genere. Prettamente on-line, sui circuiti ufficiali. Inizia la gara, il Napoli va subito in vantaggio con una rete di Quagliarella al terzo minuto. Spreca una marea di occasioni per il raddoppio prima dell’intervallo, che si chiude sull’1-0 azzurro. A questo punto, la quota-vittoria del Parma schizza alle stelle. E partono, simultaneamente, un fiume di scommesse sulla vittoria ducale. Sempre tra Scampia e Secondigliano. Nella ripresa entra Crespo nel Parma, il Napoli soffre e subisce prima il pari e poi il sorpasso gialloblu. Arriva il pari di Hamsik, ma è solo illusione. La gara cambia al minuto 85: Quagliarella cade in area e chiede il rigore, l’arbitro dice di no: si accende una discussione, Fabio gli urla “Vergognati”, l’arbitro gli replica di smetterla e stare calmo, Quagliarella lo manda là dove non batte il sole, e l’arbitro lo espelle, aggiungendo: “Tu a me non mi ci mandi”. Due minuti dopo, contropiede ducale, e Parma che fa il 3-2 che costa caro anche a Mazzarri, che dalla panchina grida di tutto, entra perfino in campo: Romeo espelle anche lui. Il Napoli perde la gara e, di fatto, esce dalla corsa Champions, che diventa un affare tra Samp e Palermo. Fabio si becca tre giornate di squalifica, e l’ira del presidente si scatena. Da qualche parte, si stappano bottiglie e si festeggia una vincita alle scommesse pazzesca.
La rottura societaria. E’ dopo Napoli-Parma che la frattura tra la società ed il giocatore appare incolmabile. Che i rapporti non fossero idilliaci lo si era capito già qualche tempo prima. Emblematico fu De Laurentiis quando il 22 febbraio, durante Siena-Napoli, disse ignorando di essere inquadrato dalle telecamere che “Quagliarella non vale un cazzo”. Una frase prontamente smentita dal presidente che si difese dicendo di essere stato frainteso, che lui aveva detto “Quagliarella si fa un mazzo”. Un teatrino abbastanza stucchevole. La società, ad ogni modo, aveva già dato prova dello scarso feeling con il centravanti di Castellammare nei mesi prima, dando ampio spazio agli altri giocatori anche nel marketing, relegando Fabio quasi a comprimario: era stato lanciato il profumo “Marek”, mentre fu scelto Lavezzi come testimonial per il cronografo ufficiale. Neppure con Mazzari le cose andavano a vele spiegate: Quagliarella era stato acquistato con Donadoni in panchina, che aveva in mente di creare un Napoli che giocasse simile alla sua Italia, che di critiche ne aveva avute tante, ma era comunque arrivata ai quarti di un Europeo, eliminata solo ai rigori dalla Spagna che poi sarebbe stata Campione. Nella formazione di Mazzarri, c’è poco spazio per Quagliarella, è sempre lui quello sostituito. Lavezzi no, lui diventa intoccabile, anche quando non gioca un pallone. E la frattura col tecnico esplode pubblicamente durante Catania-Napoli: sostituito, inveisce verso la panchina, ricordando che per tutta la gara non aveva avuto neppure “una sfa***mmo di palla!” (l’espressione è stata censurata per i lettori minorenni, ndr). Con i compagni di squadra, invece, la frattura è avvenuta quasi subito. In primo luogo, con il clan dei sudamericani più Hamsik, che un paio di volte alza anche le mani proprio per difendere i sudamericani nel lungo contrasto con il clan degli italiani, quel contrasto che aveva portato alla disastrosa stagione 2008/2009. La settimana dopo la partita col Catania, il Napoli affronta in casa la Lazio, e siamo alla pantomima: Quagliarella viene letteralmente isolato dalla squadra, in particolare da Hamsik e Lavezzi che per ben due volte, sebbene lo stabiese fosse solo in area, non gli danno il pallone. Quagliarella perde le staffe, e quello che succede nel dopo gara ha quasi del grottesco. Nello spogliatoio si accende un parapiglia, ne nasce una colluttazione. Le urla di Fabio, infuriato con il Pocho, arrivano fino al parcheggio del sottopassaggio. Alla fine, in un clima surreale, il Pocho va via in auto con Denis, Dátolo e Gargano. La società ha provato a metterci una pezza, ma ormai era chiaro che qualcuno ne avrebbe pagato, a fine stagione, le conseguenze.
La campagna d’Africa. Nuovo balzo in avanti. E’ finita la stagione, con il Napoli al 6° posto, grazie alla doppietta di Quagliarella all’Atalanta, e qualificato per l’Europa League. Il Presidente lancia fendenti all’indirizzo di Fabio, ricordando che senza la sua fesseria (allude all’espulsione in Napoli-Parma ed alle 3 giornate di squalifica rimediate, ndr), il Napoli poteva arrivare anche in Champions League. Iniziano i mondiali, Quagliarella assieme a Maggio e De Sanctis, parte per il Sudafrica. L’unico sudamericano del Napoli impegnato ai mondiali sarà Gargano (Cavani è ancora del Palermo, anche se diverse voci lo danno sempre più vicino al Napoli), mentre Hamsik è con la Slovacchia proprio nel girone dell’Italia. Quagliarella sarà l’unico Azzurro d’Italia a salvare la faccia nella sciagurata disfatta di Johannesburg, e le sue lacrime dopo lo splendido ma inutile gol alla Slovacchia faranno il giro del mondo. Il prezzo aumenta, ed arriva un’offerta del Rubin Khazan, che pochi giorni dopo ufficializzerà un altro napoletano, il difensore Antonio Bocchetti. Per Fabio offre 25 milioni al Napoli e 3 al giocatore: il doppio di quanto prende al Napoli. Quagliarella rifiuta, vuole restare a Napoli. E così, si aspetta il momento buono per “piazzarlo” a qualcun altro. Forse alla Juventus, che cerca un valido centravanti. Quasi nessuno, tra i tifosi, ci crede. Fino alla trasferta di Boras, di cui si è già detto, quando pochi giorni prima Hamsik e Quagliarella vengono alle mani, e la società capisce che arriva il momento di fare fuori Fabio. L’offerta della Juventus è svantaggiosa: 4,5 milioni subito per il prestito, ed il diritto di riscatto fissato a 10,5 milioni. Totale 15 milioni di euro, meno di quanto pagato dal Napoli all’Udinese l’anno prima (17 milioni ed 800mila euro). L’ingaggio di Fabio è identico: poco più di un milione a stagione. Ed a spiegare bene il perché la cessione di Quagliarella sia avvenuta proprio in quei giorni, lo spiega bene un altro grande giornalista napoletano, Tullio Maddaloni: “Per me era già tutto fatto da tempo, ma De Laurentiis, Mazzarri e Bigon hanno aspettato il momento giusto per comunicarlo, quando Napoli ed i napoletani erano distratti dall'impegno di coppa, con la squadra lontano che resta via da Napoli per la partita di Firenze, e che torna a giocare davanti alla sua gente dopo due settimane a causa della sosta della nazionale. Tutto studiato ad arte, a tavolino, affinché i napoletani dimentichino presto, e si rassegnino “all’affare economico" del Presidente”. In effetti, dalla trasferta di Boras, passeranno esattamente 20 giorni prima che la squadra torni in campo a Napoli, con gli animi ormai più calmi rispetto all’immediato clima del dopo-cessione di Quagliarella.
L’approdo a Torino. Com’era prevedibile, l’arrivo di Fabio a Torino apre una marea di polemiche, alle quali in un primo momento lo stabiese non prende parte. "Le cose si fanno in tre, non è un tradimento la ragione a volte prevale sul cuore", dirà. Poi, alla fine del mercato, iniziano le prime stoccate. Le apre il padre di Fabio, Vittorio: “Mio figlio è stato messo in condizione di andare via da Napoli, in 24 ore il presidente ha fatto tutto, dicendogli che c’era una trattativa aperta con la Juventus. Fabio non rientrava più nei piani di Mazzarri e, nello stesso tempo, non era mai stato accettato da alcuni compagni di squadra. Una vicenda che ancora non riesco a spiegarmi, se si tiene conto che è stato anche svalutato il cartellino”. A Mazzarri la cosa non va giù, e spara a zero contro lo stabiese: “A Quagliarella, come a tutti, è stata prospettata la logica dell'alternanza. Fabio sapeva a cosa andava incontro. Nessuno gli aveva detto che non avrebbe giocato. Non abbiamo certamente preso Cavani per lasciare fuori lui. Anzi, tecnicamente la sua partenza mi dispiace perché io volevo una forte competizione all'interno dello spogliatoio visto che stavolta lotteremo su tre fronti”. Mazzarri è una furia. E per spiegare le sue ragioni, cita anche gli altri giocatori eccellenti ceduti: “A Cigarini è capitata un'occasione importante, siamo orgogliosi della sua convocazione in Nazionale ma ci sono equilibri tattici dove può rendere meno come, ad esempio, nel mio Napoli. Rinaudo è stato correttissimo, mi ha detto che non se la sentiva di stare un altro anno dietro Cannavaro. Con entrambi ci siamo salutati con rispetto e armonia, come è accaduto pure con Denis”. Insomma, sarebbe tutta colpa di Fabio. E difatti, pochi giorni dopo, rincara la dose: “Più volte l’ho difeso davanti alle critiche del pubblico e ricordo a tutti che sono stato criticato quando lo facevo giocare pur non essendo al top. Il comunicato nel quale ha ringraziato tutti era sincero. Io non ho mandato via nessuno, per crescere serve competizione e ogni singolo calciatore deve capirlo: è la mentalità dei grandi club. Quagliarella ha sempre giocato da titolare anche quest’anno e anzi erano in molti a dirmi che Cavani non stava giocando. Forse avrei ulteriormente rimandato il suo esordio se Fabio fosse rimasto ma poi in Svezia, nelle ultime ore, ho visto che la trattativa con i bianconeri si stava intensificando e non me la sono sentita di mandare in campo un calciatore che poteva avere in testa anche altri pensieri. I giocatori devono giocarsela e alla squadra quest’anno ho detto che darò meno spiegazioni perché voglio che siano in competizione l’uno con l’altro. Poi vale la regola che chi non è contento può andare via ma non è il caso di Quagliarella. Quelli che sono andati via è perchè non accettavano un ruolo che l’allenatore gli dava. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. L’interesse del Napoli viene prima e poi le cose si fanno in tre. È chiaro che avrei voluto tenerlo. Io volevo avere la possibilità di guardare il campo e dire ‘oggi gioca uno piuttosto che un altro’ e sono certo che nell’ottica della competizione quello che va in campo da il 150%”. Una serie di frecciate che finiranno solo durante il campionato, quando a Stadio Sprint, i due si scambieranno dei convenevoli: “Faccio i complimenti al mister per il pareggio ottenuto su un campo difficile come quello di Catania”. La replica di Mazzarri: “Ringrazio Fabio e ricambio l'in bocca al lupo per il suo campionato”.
Epilogo. Finisce qui il nostro viaggio. Non vuole essere, in nessun modo, una “verità”, ma una semplice ricostruzione di quanto accaduto, documentato, libero da voci di corridoio. Quanto riportato è solo quello raccontato in modo spezzettato in un anno calcistico che va da giugno 2009, con l’arrivo di un ragazzo di Napoli che vuole giocare con la maglia della sua squadra, e che termina a fine agosto 2010, il giorno del suo addio per approdare alla nemica sportiva per eccellenza del Napoli, la Juventus. In nessun modo quest’articolo vuole essere un mezzo a sostegno di una teoria piuttosto che un’altra. Sta al lettore, presa coscienza dei fatti, trarre le sue opinioni. Ed è al suo insindacabile giudizio che si rimette anche chi ha scritto quanto sopra.
fonte:
www.levanteonline.netdi Giuseppe Cozzolino
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chi mi fa un sunto?
