Los Angeles, 1928: un mattino come tanti altri Christine Collins saluta suo figlio Walter e si reca al lavoro. Ma quando fa ritorno a casa scopre che il bambino è stato rapito. Le indagini sull’accaduto non portano alcun frutto, ma alcuni mesi dopo il piccolo Walter viene restituito alla famiglia. Nel mezzo di un gran clamore giornalistico, Christine accoglie Walter in casa, ma presto inizia a nutrire un terribile dubbio: che quello che ha potuto riabbracciare non sia realmente suo figlio. Basato su fatti realmente accaduti.E' senza dubbio un prodotto stilisticamente importante, come quasi tutti quelli del regista, e in questo anche il plot è notevole, teso fino alla fine.
Però il film presenta l'enorme difetto di fondo che mi rende insopportabile quasi tutta la produzione del vecchio: estremismo e patetismo.
Eastwood è manicheo e aggressivo nei confronti dello spettatore. Offre il punto di vista dei buoni condito di melensa morale cristiana e te lo sbatte in faccia. Non dà adito a coscienza critica, decide quando prenotarsi la lacrimuccia e conduce i fili con rapporti empatici tra personaggi samaritani che sembrano fatti di cera per quanto sono tipizzati. La stessa prova della Jolie lascia soltanto la maschera e un paio di pose sparate con il musso infuocato in primo piano.
Di buono resta l'affresco ambientale, dettagliato per quanto inattuale.
SpoilerIl film avrebbe guadagnato molto senza gli ultimi venti minuti, se fosse finito cioè con la partenza del bambino con la finta madre. C'avess sparagnato la scena del sacrificio popolare, il finto finale e "la speranza

".
***1/2