http://www.100x100napoli.it/notizie/item/6827-ciro,-la-mamma-dio-ha-avuto-un-progetto-diverso-dal-mio-su-ciro-nel-nome-di-mio-figlio-si-facciano-solo-cose-belle-de-laurentiis-ci-%C3%A8-stato-vicino-con-i-fatti.htmlSignora Esposito, qual è il messaggio che si sente di trasmettere in questo momento così doloroso e difficile?«Dico innanzitutto che il nome di mio figlio non dovrà mai essere utilizzato a fini di violenza, insulti o gesti di inciviltà. Nel suo nome voglio che si facciano solo cose belle. E lo sport deve essere una cosa bella».
Non le appartengono, è evidente, sentimenti di odio, vendetta…«No, affatto, né a me né alla mia famiglia. Quello di mio figlio non dev’essere un sacrificio inutile, il calcio non deve più essere violento. Ho perso parte della mia vita, a nessuno deve capitare una disgrazia come questa».
Conosce il mondo ultrà degli stadi?«No, conosco solo tifosi appassionati del Napoli come mio figlio. Che nulla hanno a che fare con la violenza».
Lei ha vissuto 53 giorni al capezzale di Ciro: ha provato la speranza e poi l’angoscia...«Ho vissuto tutte le ore, i minuti, gli attimi, la paura, la gioia, la speranza di un miracolo, la disperazione, c’è stato tutto. Ma io con mio figlio sono stata fino all’ultimo. E con me tutta la mia famiglia e i suoi amici».
Dopo quale intervento, tra i 10 che suo figlio ha subìto, ha nutrito più speranze?«Penso soprattutto alla prima operazione al polmone, perforato dal proiettile. Ricordo perfettamente quando gli è stata applicata la mascherina dell’ossigeno: in quel momento ci ho creduto davvero».
Quale sorriso di Ciro le è rimasto impresso in questo calvario?«Negli ultimi giorni non ha potuto più sorridere, purtroppo, il sorriso gli è tornato stamattina (ieri mattina, ndr), steso su quel letto…».
I medici hanno spiegato che Ciro, se si fosse ripreso, avrebbe continuato a vivere su una sedia a rotelle.«Sarebbe stata una gioia immensa… Io devo ringraziare i medici del Gemelli, devo farlo nei confronti del professor Antonelli e di tutto lo staff. Sono stati molto affettuosi con noi. Fortunatamente Ciro non ha sofferto molto psicologicamente, perché gli siamo stati tutti vicini fino all’ultimo, fisicamente invece sì».
Chi le è stata più vicino in questi lunghi, lunghissimi giorni?«Le persone della quotidianità. Il vicino di stanza, l’infermiera, lo spazzino, la gente che ha saputo del nostro dramma e si è avvicinata con generosità. Non lo dimenticherò mai».
Vi ha chiamato il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis?«Eccome. Mi ha telefonato e si è messo a disposizione, dicendo che noi facciamo parte della famiglia del Napoli. Ma non è stato grande solo a parole, ha pagato le nostre spese di albergo, ci ha aiutato coi fatti. Vuole pagare anche le spese del funerale di Ciro. E’ stato squisito».
Polemiche sono scoppiate invece a proposito del sindaco di Roma Ignazio Marino, fortemente criticato da molte persone vicine a Ciro «per non avergli fatto visita nei giorni di ricovero».«Del sindaco preferisco non parlare».
Chi era Ciro, signora?«Un ragazzo normalissimo, che amava la vita e i viaggi, e che sperava di tornare nel suo quartiere, che tanto amava, e dai suoi amici».
Gli piaceva lavorare. E si era pure indebitato per la sua attività.«Sì, lavorava con onestà e impegno e sognava che il suo autolavaggio decollasse. Sognava pure di sposarsi e farsi una famiglia. Ora, purtroppo, non c’è più niente di tutto questo».
E’ vero che Ciro, davanti alla foto di Daniele De Santis, accusato numero uno per avergli sparato i proiettili fatali, ha annuito col capo in un momento di lucidità, indicandolo quale colpevole?«Non ha annuito solo col capo, ha parlato, l’ha riconosciuto subito. Ha detto in napoletano “Questo è o’ chiattone e’ merda che mi ha sparato”. Ha ricordato tutto. Lo posso dire e lo dirò alle autorità competenti. Mio figlio ha riconosciuto il responsabile di questa tragedia».
Teme ritorsioni e vendette?«Io prego: che nessuno si vendichi. Non aggiungiamo violenza a violenza. La vendetta non serve, la giustizia sì e sono sicura che l’avrò. In nome dei ragazzi che amano la vita».
Con queste parole lei offre un’immagine positiva, un manifesto di civiltà: tocca a lei, a nome di tutte le famiglie che soffrono drammi così laceranti.«Io sono quella che sono. Non potevo pensare un giorno di poter essere un esempio per gli altri. Non me ne rendo conto. Dio ha avuto un progetto diverso dal mio su Ciro, ma io mi porto dentro la fede, gli occhi dolci e il sorriso meraviglioso, bellissimo di questo ragazzo perbene».