notizia su Radosevic, seguito da un articolo antologico (hahahaha) di Schira, su Giandonato
L'Avellino del presidente Walter Taccone, nonostante il grandissimo campionato che sta disputando, ha intenzione di rinforzarsi nel prossimo mercato invernale. La compagine irpina, infatti, vuole rinforzarsi in tutti i reparti, e se in attacco si punta a Guido Marilungo dell'Atalanta, il nome più gettonato a centrocampo è quello di Josip Radosevic del Napoli. Il centrocampista croato classe '94 è un vecchio pallino del ds De Vito che già in estate aveva provato a strapparlo ai partenopei.
Ad un certo punto, tu vuoi solo giocare al pallone.
Vinci Viareggio. Magari lo vinci nel 2010. Magari lo vinci con la Juventus. Magari sei il regista titolare di quella Juventus. Magari su dieci gol di Immobile, mattatore assoluto di quella edizione, la metà vengono da tuoi assist. Magari in quella Juventus mister Bruni tiene in panchina Giovinco, perché preferisce giocare con te, che fai il regista più arretrato.
Però, ad un certo punto, tu vuoi solo giocare al pallone.
Gli altri sono affamati, rabbiosi. Vogliono emergere. Però tu vuoi solo giocare al pallone. E a Torino se ne sono accorti. Tutti. I giocatori li battezzano da subito. Questo ha i maroni quadrati… questo no. Ma i numeri li hai. Ma la visione del gioco l’hai. Ma giocare al pallone non vuol dire giocare al calcio. Non in tempi in cui le cosce dei calciatori, quelli veri, sembrano quarti di un hereford da allevamento, saturi di muscoli e altro, anche se facciamo finta che altro non ci sia.
Debutti in prima squadra. All’Old Trafford. E segni. Segni su punizione. Esulti. Alzi il braccio destro. Composto. Sereno. Sicuro.
Sicuro? Di voler giocare al pallone, forse. Ma il calcio? Il calcio è un’altra cosa.
Sei cresciuto a Casoli, in Abruzzo. Non c’è niente a Casoli. Sei sceso dalla collina ai piedi della Majella. Sei andato a Lanciano. Poi a Pescara. E nel 2005 alla Juve. Alla Juve, dove le cose sono dannatamente serie. Dove non c’è tempo per giocare al pallone. Pagliari, il tuo agente, ti pompa. Devi maturare e la Juve ti manda a fare esperienza con il Lecce. Però il tuo ginocchio ti rema contro: dicembre, stop. Menisco: gennaio, stop. Torni. Qualche presenza. Ma sei un po’ più lento.
L’esperienza non funziona. E allora scendi di categoria e vai a Vicenza. Per uno che si è fatto tutta la trafila azzurra fino ad arrivare all’U-21 è uno smacco. La chiamano ‘faccia alla Caldirola’. La chiamano che a Vicenza, nonostante presenze nel girone d’andata e un gol, non sono contenti di te. E vieni a Cesena. Bisoli è l’uomo giusto per farti crescere. Manco lui ce la fa. Poche cose utili in partite inutili. Tipo a Bari. Tipo a Varese. Tipo sei lento. Tipo sei macchinoso. Il consigliere Giorgini si becca con l’amico allenatore: vai sostituito. Sempre. Gli addetti ai lavori dicono che ti manca personalità sia in campo che fuori. Te le dai con Djokovic. Finisce l’esperienza a Cesena, torni a Torino.
Tu vuoi solo giocare al pallone. La Juve vuole che giochi al calcio.
Non sei più della Juve. Guardi verso la Spagna. Guardi verso l’Inghilterra, memore di quel gol all’Old Trefford. Ma nessuno guarda te.
Tu sei Manuel Giandonato. L’ennesimo ‘nuovo Pirlo’. Un euro la dozzina. Hai 22 anni. E’ novembre. E non hai una squadra.
E ora… ora sì che puoi giocare al pallone.
Nel 2010, a Viareggio, agli ottavi di finale, hai battuto il Cesena 3-1. Due tuoi assist. Il gol della bandiera per i romagnoli lo ha fatto un certo Tabanelli. E’ alto, è secco. Corre storto. Vuole arrivare. E arriva. Fidati, arriva. Arriva anche se è molto, molto più scarso a giocare al pallone di te.
Ma il calcio… il calcio è un’altra cosa.
Il calcio è una gran puttana.