Una grande azienda agro?alimentare ramificata nei cinque continenti, quotata in Borsa, in continua espansione verso nuovi mercati e nuovi settori: quello che si dice un gioiellino. Il suo fondatore, Amanzio Rastelli, padre padrone dell’azienda, ha messo ai posti di comando i suoi parenti più stretti: il figlio, la nipote, più alcuni manager di provata fiducia ? malgrado i loro studi si fermino al diploma in ragioneria. Un management inadeguato ad affrontare le sfide che pone il mercato. E infatti il gruppo s'indebita. Sempre di più. Non basta falsificare i bilanci, gonfiare le vendite, chiedere appoggio ai politici, accollare il rischio sui risparmiatori attraverso operazioni di finanza creativa sempre più ardite. La voragine è diventata troppo grande e si prepara a inghiottire tutto.Il secondo lungometraggio del bravo Molaioli, dopo l'ottimo La ragazza del lago, sempre con il suo fidato Toni Servillo come protagonista, che ricalcava un certo cinema di genere del passato, stavolta prende spunto dalla vergognosa vicenda del crack Parmalat, di cui riprende personaggi ed episodi realmente accaduti (ma cambiando ovviamente i nomi per la solita questione dei problemi legali).
Lo stile è secco e documentaristico, come da tradizione nel cinema di impegno civile italiano, ed il suo punto di forza lo trova proprio nelle mille sfaccettature dei personaggi, a cominciare dal freddo e meticoloso ragionier Botta interpretato da un come sempre ottimo Servillo, oramai in tutto e per tutto il Volontè del nuovo millennio. Punta decisamente il dito contro lo squalo dell'alta finanza, ma evita accuratamente di addentrarsi in campi troppo ostici ai più profani, che avrebbero sicuramente poi penalizzato la visione, il tono dell'opera è decisamente freddo e distaccato, come la provincia che rappresenta, ed in questo merita menzione a livello visivo, il grande lavoro di Luca Bigazzi, il miglior direttore della fotografia italiano, da più di 10 anni a questa parte, che meriterebbe sicuramente più fortuna e non fermarsi solo al "provincialismo" del cinema italico.
Notevole comunque la critica anche al falso moralismo, all'ipocrisia ed al cinismo di fondo, della benestante provincia nordica, quella apparentemente tutta casa, chiesa e lavoro, che non si potrae all'esporsi con il bel Lamborghini fiammeggiante in piazza (il riferimento è ad una scena del film in cui appare il figlio di Tanzi/Rastelli interpretato da un mimetico Remo Girone).
Purtroppo come spesso accade, ha avuto una distribuzione ed una promozione ridicola, ed è purtroppo passato inosservato immeritatamente.
Da far vedere a quel maledetto zi prevete fesso del Crociato, che ostenta ipocrisia e moralismo da tutti i pori, tra l'altro nel film senza tanti mezzi termini, fa capire che una delle grosse cause delle prime perdite di bilancio della Parmalat (nel film è chiamata Leda), fu proprio il fatto di finanziare in maniera ossessiva quella squadretta di merda, tifata da quattro sfigati bimbominkia e che era per lo più lo sfizio personale del mamozio supremo e cazzillo ambulante del figlio di Tanzi. Che merda.
Merita le tre stelline, vedetevelo.
