Fermare il calcio può essere ipocrita, ma anche educativo
Massimiliano Gallo - 15 aprile 2012
Non nego che possa essere ipocrita la sospensione del campionato italiano in segno di lutto per la morte di Piermario Morosini, così come la domenica televisiva infarcita di servizi e testimonianze sulla giovane vittima. A parte che c’è chi la tv non la guarda (del resto non è obbligatorio), devo ammettere che oggi trascorrere la giornata a suon di moviole e accuse agli arbitri sarebbe stato davvero penoso. Le polemiche sui gol-non-gol ci avrebbero probabilmente messo di fronte alle nostre miserie, sarebbe stato un bagno di sano realismo, ma a volte provare a fermarsi può servire anche solo a respirare, o a illudersi che possiamo anche mostrare aspetti diversi di noi stessi.
Sulle morti si può dire sempre tutto e il contrario di tutto. Ciascuno reagisce a modo suo, rivelando probabilmente la reazione che desidererebbe alla sua scomparsa.
Ragionando sul concetto di ipocrisia, allora anche il minuto di raccoglimento è ipocrita. Certo, tutti dimentichiamo. Céline lo scrisse nel suo Viaggio, è il male dell’uomo. Probabilmente cedo alla retorica, cosa che in genere cerco di fare il meno possibile. Però magari oggi qualche ragazzino appassionato di calcio si starà domandando se la morte di un illustre sconosciuto su un campo di serie B non sia più importante della lotta scudetto tra Juventus e Milan. E secondo me non è un male. E domani? Come disse quel tale, a ciascun giorno basta la sua pena.