La favoletta dei 'top player', la 'società nella società' e quell'illusione che serpeggia: il vero scudetto non è il tricolore
22.08.2012 18:55 di Redazione Calcionapoli24.it
"Sono carico a mille per la nuova stagione, lo scudetto dev'essere l'obiettivo di tutte. Faremo due squadre per tornare in Champions e per ben figurare in Coppa Italia ed Europa League". Poi sui due nuovi acquisti azzurri: "Gamberini e Behrami sono i due regali per Mazzarri nel rispetto del fair play finanziario". Lo aveva detto il Presidente De Laurentiis poco oltre la metà di Luglio giungendo nel ritiro di Dimaro. Qualche settimana dopo, precisamente il 6 agosto, Bigon ribadì la volontà di evitare ulteriori 'scosse' all'organico dopo la cessione di Lavezzi: "Per noi Gargano non è in uscita. Ci sono squadre interessate, ma è uno dei nostri". Oggi, 22 agosto, il Mota è un giocatore dell'Inter e allora alcune considerazioni sono doverose sia in relazione alle dichiarazioni del patron, sia a quelle del diesse. Ma proseguiamo con ordine.
C'è un verità sul mercato. Sfidiamo chiunque a credere, o meglio ad aver creduto, alla favoletta dei top player chiesti da Mazzarri. Si era addirittura parlato di lista A, B e C come se fossimo in un vecchio programma di Mike Bongiorno. Il problema è la 'dialettica'. In toni costruttivi non possiamo non evidenziare come la società abbia qualche pecca sul versante della comunicazione con i suoi tifosi, e la stampa diventa quasi un paracadute per puntare il dito e/o addossare responsabilità. Un dubbio frequente che si insinua tra i tifosi riguarda i misteriosi motivi per i quali spuntano nomi sul mercato, con tanto di conferme, e poi non si riesce a chiudere le trattative. In molti si chiedono che senso ha avere uno staff scouting, capitanato da Bigon, capace di monitorare il mondo e poi si va a far la spesa praticamente sotto casa: Behrami e Gamberini. In principio furono Bastos, Pereira, Balzaretti, Armero, Cissokho ecc. ecc. mentre ora riecheggia il nome di Mesto. Il perchè è un paradosso che ha un nome e cognome: Walter Mazzarri. Il mister livornese, infatti, è più contento di avere in organico un sua creatura collaudata ed esperta piuttosto che allenare 'scommesse' o giocatori di altri campionati. Si fida solo di ciò che conosce e, al massino, di quello che gli riferiscono i suoi più stretti collaboratori. In tal senso, riflettendoci, potremmo definire Mazzarri una società nella società: i collegamenti, infatti, in una cognizione piramidale dell'azienda Napoli, se pur dovessero esserci, non sono affatto evidenti. Detto questo, e continuando con il paradosso, non possiamo non riconoscere al tecnico toscano di essere l'arma in più di questo club per la sua capacità di ottimizzare l'organico e di far rendere la squadra al massimo (e ben oltre) delle sue reali potenzialità. Mazzarri, dunque, con un piede sull'acceleratore e l'altro sul freno.
Un anno di contratto. "Mi è capitato spesso nella mia carriera di lavorare con il contratto in scadenza: mi dà maggiori stimoli". Così Walter da San Vincenzo nella sala stampa dell'Olimpico, in risposta ad una nostra domanda, pochi minuti dopo aver alzato la Coppa Italia. Lo abbiamo detto in precedenza, lo ribadiamo oggi. Mazzarri ha tutte le carte in regola per fare non bene, ma benissimo. Le sue qualità non deve dimostrarle oltre perchè ha già fatto vedere di essere un campione della panchina. Il discorso, però, riguarda la progettualità del club. Dopo la cessione di Gargano, se non dovessero arrivare altri calciatori dal mercato, questo aspetto non darebbe senz'altro credibilità alla programmazione sventolata ad ogni piè sospinto.
Due cose inutili. Per tornare al difetto di comunicazione, e per allargare le maglie del ragionamento, avvertiamo fuori luogo lo sport di indicare il Napoli in corsa per lo scudetto. Tanti addetti ai lavori vogliono gli azzurri dietro solo alla Juventus e davanti alle milanesi e alla Roma. La rosa azzurra è di un livello abbastanza alto, annovera giocatori importanti e un paio di fuoriclasse, ma il nuovo modulo è tutto da maturare, metabolizzare e verificare. Parlare di tricolore non ha davvero senso se guardiamo come hanno operato gli altri club sul mercato. Questo però non vuol dire scartare gli azzurri dalla corsa al titolo, ma andiamoci piano perchè è evidente che l'organico, al momento, è scoperto in più ruoli. L'altra inutilità, restando in tema mercato, è attaccare Bigon. Riccardo non decide da solo. Il diesse azzurro è un esecutore discreto, educato, un professionista serio e di livello che prova a fare il meglio possibile rispettando bilanci e parametri imposti dal club e le direttive del tecnico. L'equilibrismo non è un lavoro semplice per nessuno. Il circo è un'altra cosa. Il vero investimento che ha fatto il Napoli è Mazzarri, con i suoi paradossi, pregi e difetti. Il tricolore principale è avere una società sana, con i conti in regola. E Vincere? Si, certo, anche vincere, aspettando il momento giusto e senza rischiare disastri e buchi finanziari. Riassumendo e concludendo: inutile e autolesionista illudere i tifosi, la parola d'ordine è sempre la stessa, ovvero crescere con calma, analizzare gli eventi e provare a piazzare lo sprint in corso d'opera senza follie. In quest'ottica, ache la cessione di Gargano ha un senso per chi ha ormai capito come agisce il club: vendere i calciatori che hanno dato tanto, forse tutto alla causa, prima che sia troppo tardi. Ovviamente per mantenere floride le casse sociali e progettare puntando su altri talenti da scoprire. Mazzarri permettendo. E il paradosso continua. Così è (se vi pare)...