La regola dice che se il fischio del pubblico interferisce in modo evidente sul gioco (tipo un giocatore blocca il pallone con le mani..o come in questo caso c'è stato proprio un goal visto che molti giocatori si son fermati), l'arbitro deve interrompere la partita e riprendere dal punto in cui era il pallone al momento dell'interruzione.
Mo al di là del fatto che accettano, respingono il ricorso..e di tutti i cazzi vari di classifica, io non ci trovo nulla di scandaloso nel voler far ricorso.
Se fosse accaduto al Napoli e non avessero fatto ricorso, sarebbe stata un'ingenuità (e sono sicuro che non lo facevano...perchè siamo fessi
).
La regola lascia spazio all'interpretazione. Leggi qua:
Non c’è dubbio che, l’epilogo di Udinese – Lazio di domenica sera, ha creato ormai uno spiacevole precedente. Non si assiste quasi mai infatti, ad episodi come quello che ha visto protagonista l’arbitro Bergonzi ed i calciatori della Lazio, spiazzati in egual modo, da una situazione “strana” e se vogliamo, anche paradossale. In tutta questo caos, l’unica certezza viene dal fatto che, solo l’arbitro ha la facoltà di interrompere il gioco. Questo viene messo nero su bianco dalla regola 5, in cui si evince che l’arbitro può interrompere la partita e ricominciare con una palla a due, solo quando ci sia un’interferenza che proviene dall’esterno. Il problema vero poi, parte proprio da qui. Come riporta anche Francesco Ceniti, nelle pagine de La Gazzetta dello Sport, la regola 5 lascia poi troppo spazio all’interpretazione da parte dell’arbitro. E questo purtroppo accade anche con altre regole, tipo quella del fuorigioco o del fallo di mano in area. Infatti di “interferenze” dagli spalti ne possono arrivare tantissime nell’arco di una partita, per questo gli arbitro sono portati a non fermare quasi mai il gioco per non consentire a nessun “disturbatore” di avere la possibilità di interrompere la partita ogni volta che un avversario si avvicina alla propria area di rigore. In questa maniera però, l’arbitro potrebbe ritrovarsi a distinguere ogni volta tra la buona fede di un calciatore ed il furbetto di turno, che magari si ferma e prende il pallone con le mani ad ogni fantomatico fischio proveniente dalla tribune. La discrezionalità arbitrale lascia per questo qualche interrogativo, considerando che l’arbitro inteso come essere umano, deve decidere tutto questo in un lasso di tempo bassissimo, con la possibilità che qualche volta cada in errore. Anche per questo la classe arbitrale è portata ad applicare l’altra facoltà concessa dalla regola 5, ovvero quella di far capire con ampi gesti ai giocatori che l’azione non si ferma perché non è stato lui a fischiare. Proprio come è accaduto domenica sera allo stadio “Friuli”, in cui l’arbitro Bergonzi, sentito il fischio provenire dalle tribune, ha fatto cenno di proseguire indicando che non era stato lui a fischiare. La regola quindi, come detto in precedenza, lascia molta (forse troppa) libertà di interpretazione all’arbitro, anche se di prassi tutta la classe arbitrale ha deciso quasi sempre di lasciar continuare per evitare confusioni e comportamenti irregolari. Questo anche nell’occasione in cui un calciatore prenda la palla con le mani in area o vengano lanciati altri palloni in campo quando la squadra avversaria sta attaccando. In questo si responsabilizzano anche i calciatori, che come gli viene insegnato fin dalle giovanili, devono fermarsi solo quando è ben chiaro che sia l’arbitro a dirlo. La sfortuna ha voluto che domenica sera ad Udine, Gonzales fosse di spalle a Bergonzi e per questo non ha potuto vedere gli ampi gesti dell’arbitro genovese. L’episodio di Udine farà parlare ancora molto, conseguenza inevitabile quando si è alle prese con una regola poco chiara. Basterebbe infatti togliere la facoltà di interpretazione da parte dell’arbitro, mettendo davvero nero su bianco, il fatto di doversi fermare sempre o non doversi fermare mai. In questo caso si aiuterebbero gli arbitri a sbagliare meno, perché il loro compito sarebbe solo quello di applicare una regola, senza interpretazioni di alcun genere.