Incapaci di accettare la perdita del figlio nello tsunami del 2005, Jeanne e Paul Belhmer sono rimasti a Phuket. Aggrappandosi disperatamente al fatto che il cadavere non è mai stato rinvenuto, Jeanne crede che il figlio sia ancora vivo. Partendo da una piaga reale (il traffico di bambini dispersi) e dalla difficile elaborazione del lutto per la morte di un figlio, Du Welz mette in scena un dramma interiore e il suo estrinsecarsi fino alla totale fusione con la natura selvaggia del sud-est asiatico. Flagellati da monsoni, ossessioni e fantasmi (più o meno interiori) i protagonisti cercano il loro bambino e perdono se stessi, fisicamente e moralmente. Si perde qualche colpo nei dialoghi iniziali ma poi emerge la straordinaria interpretazione della Beart e una regia importante: l'incipit prolungato in acqua, la macchina a mano traballante sui marciapiedi di una Pukhet orgiastica, la contemplazione di paesaggi incontaminati dal fascino mortifero sono momenti memorabili.
Voto: ****Perdita di un bambino, uomo razionale che affianca una donna sulla strada della perdizione... un anno prima di Antichrist

Forse Gually ha ragione su von Trier
