Premessa. Sappiate che quanto segue, la storia dell'Albero à–mor, progenitore degli emo, è il prodotto di una notte insonne, una storia immaginata alle 4:30 di stamattina quando improvvisamente mi sono svegliato dal sonno e non mi sono addormentato più: dire che l'ho immaginata non è esatto, in quanto in effetti più che immaginarla la ho...avuta dinnanzi agli occhi, già creata senza alcuno sforzo da parte mia, come se elementi del Piano dei Sogni fossero accidentalmente tracimati nella mia mente e ricombinati tra di loro per dar vita a questa storia, in un trip onirico come raramente ne ho avuti.
La storia è questa.
C'era una volta un grandissimo e meraviglioso albero, l'Albero à–mor, di che specie non è dato saperlo, ma si sa che era maestoso, rigoglioso, alto e forte: la sua corteccia era spessa e resistente, le sue fronde verdi e folte e i suoi frutti succosi e ricchi di vita.
Un giorno, per uno strano scherzo del destino, senza ragione apparente, l'Albero à–mor iniziò a mutare: la sua corteccia si imbrunì, diventando scura e secca; le sue fronde, un tempo verdi e rigogliose, ingrigirono, seccarono e si chinarono al suolo, dandogli l'aspetto di un vecchio salice malato; i suoi frutti persero la loro vita, diventando simili a delle enormi prugne secche. L'Albero à–mor era divenuto l'ombra di se stesso.
Quando furono maturi, i frutti caddero al suolo, ed essi iniziarono una strana e lenta mutazione: dalle loro rughe presero forma una testa bianca e ricoperta di una lunga peluria, delle rozze braccia e delle gambe tozze, anch'esse bianco latte, e la nera buccia che li avvolgeva si fece più spessa.
Quando giunse l'inverno, l'Albero à–mor iniziò a perdere le foglie: quelle foglie, che un tempo erano state così verdi e forti, erano diventate sottili e taglienti, e cadendo tagliuzzarono i rami dell'Albero, dai quali cominciò a colare una linfa densa e rossastra: la linfa cadde sui frutti ai suoi piedi, si sparse sulle loro testoline capellute e li risvegliò alla vita, creando i primi emo.
Costoro, appena venuti al mondo, si ritrovarono la testa ed il corpo cosparsi della linfa dell'Albero à–mor: avvertendo che quella linfa era la loro sorgente di vita, se ne cosparsero il capo, acconciandosi i capelli in maniera simile alle fronde del loro progenitore, indi se la spalmarono addosso, conferendo alle loro bucce nere un aspetto dimesso e malandato. Quindi, questi primi emo, si alzarono e si sparsero per il mondo, progenie di quell'antico Albero una volta fiero e maestoso.
Memori del proprio passato, gli emo ricordano l'Albero à–mor conservando l'aspetto che avevano alla nascita, con i capelli acconciati allo stesso modo ed indossando vestiti neri e cupi; inoltre, in memoria della linfa vitale dell'Albero che ha dato loro la vita, si tagliano e lasciano sgorgare il loro sangue, come fece tanto, tanto tempo fa l'Albero à–mor quando li risvegliò dal loro sonno.
L'Albero à–mor esiste ancora. Nessuno sa dove sia, ma per tutto questo tempo ha continuato a generare i propri frutti, che si sono ormai sparsi tra noi e sono ormai indistinguibili dagli esseri umani.