Evidentemente perché quando a Gennaro Nunziante e a Zalone gli mettono in mezzo a Monicelli, iss fa a capa mia sotto e piede suoje.
Non c'hano mire espansionistiche sul mar cinese meridionale, sanno che fanno i filmetti di alleggerimento, per ora non hanno mai girato cose tipo La tigre e la neve.
Io penso che è normale che uno debba essere giudicato in base alle proprie capacità, alle aspettative, al pubblico di riferimento.
Se Benigni ad un certo punto inizia a fare l'uomo di merda, la colpa foss di partenopeo?
Ieri in auto con un amico stavamo parlando del piano sequenza iniziale del film Una giornata particolare di Ettore Scola. Ad un certo punto c'è stato il silenzio, abbiamo ingoiato la saliva e non abbiamo parlato più dell'argomento precedente a Scola: quali dei registi della nuova generazione hanno girato scene che sono rimaste scolpite in maniera indelebile nella nostra mente? Ma non mezze scemenze senza anima, ma cose del tipo Charles Bronson che saluta Claudia Cardinale che poi esce fuori a portare l'acqua agli operai mostrando tutti i suoi zizzoni maestosi, la sua pelle bruna e sudata, la ferrovia che avanza e lo spettatore che se ne va in un'altra dimensione a sognare. Oppure di come cazzo erano bravi a scegliere gli attori, che spesso non erano nemmeno eccellenti, ma si limitavano a fare ciò che diceva il regista, ad essere prima di tutto caratteristi e portare avanti quel personaggio, quel carattere avanti per tutta la loro carriera. Abbiamo pensato a Pontecorvo, I soliti ignoti, La grande guerra, film che dovevi fare una fila lunghissima per poterli vedere al cinema, roba di successo e che se non volevi vedere qualcosa di impegnato te ne andavi ad un altro cinema, dove facevano Totò, Franco e Ciccio per volare alto o Amedeo Nazzari, Raffaello Matarazzo per volare basso. Ma si faceva cinema, era fatto per sognare tutti insieme, maestranze e spettatori, il primo Verdone ti restava nel cuore e lo fa ancora oggi con chi lo scopre attraverso la TV o internet, così come per Febbre da cavallo o altro ancora. La voglia di sognare, di stupire, di ridere insieme. Per me, Checco Zalone è un lumicino di speranza, finalmente qualcosa di nazional popolare capace di far ridere di gusto tutti, senza fare le messe cantate, senza vanità, solo per il piacere di regalare un sorriso o un sogno alla gente. Zalone è il sarrismo che avanza, il piacere di sentire al bar gente di tutte le estrazioni culturali e sociali raccontare qualcosa di quello che hanno visto senza trasformarsi in Goffredi Fofi o dementi totali a seconda dei casi.
Il cinema deve ritornare a far sognare la gente, basta con questi che avranno anche delle grandi idee, saranno tecnicamente bravissimi, ma sembrano dei tredicenni che si scapocchiano con piacere il cazzo davanti allo specchio. Rivoglio l'unico e inimitabile marchio di fabbrica del cinema italiano. Unico e inimitabile. Lo rivoglio.
Benigni deve morire.
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