Pochi giorni fa è stato assegnato il nobel per la letteratura a Peter Handke (ricordate la poesia all'inizio de Il cielo sopra Berlino? Lui).
Bene, questo evento ha scatenato in me un conflitto. Io difendo fieramente il principio che l'arte e il giudizio sull'arte debbano essere rigidamente separati dal giudizio sulla biografia degli autiri e da qualsivoglia posizione politica.
Però. Però Handke è un infame: ha strizzato l'occhio a Milosevic, ha negato il massacro di Srebrenica, ha negato l'assedio di Sarajevo. È un filo-serbo. Secondo lui, i musulmani boaniaci si sono ammazzati da soli per far ricadere la colpa sui serbi.
Un figlio di puttana, insomma.
Il problema è che la guerra nei Balcani è uno degli eventi che mi smuove maggiormente.
Non riesco a conciliare il mio principio della separazione tra arte e vita e tra arte e politica con il mio tumulto interiore rigusrdo alla guerra nei Balcani. È un paradosso, è una contraddizione (ma, del resto, chi di noi non ne ha?).
Cosa ne pensate? Io non mi capacito di come l'Accademia svedese abbia potuto dare il Nobel a un negazionista