Lo scudetto dei veleni àˆ una calda domenica di fine Aprile e la città esplode di nuovo di gioia. Come un anno prima per la Coppa Uefa, come tre anni prima per il primo scudetto.
Un campionato altalenante conteso al Milan di Sacchi, rivale storico di quegli anni. La testa della classifica agguantata dall’inizio dal Napoli di Bigon pur senza il fenomeno Diego, ribelle e autoesiliatosi da Ferlaino; il presidente già suo nemico dopo la promessa non mantenuta di cessione al Marsiglia di Bernard Tapie per giocare in un calcio meno stressante prima dei Mondiali. Un patto sussurrato all’orecchio a Stoccarda prima di alzare al cielo la Coppa UEFA, siglato con sorrisi e abbracci. E invece Ferlaino quel patto non lo rispettò.
A surrogare Maradona ci pensa all’inizio il suo allievo, un giovane Gianfranco Zola che pure ci riesce bene. El Pibe de oro torna barbuto e in sovrappeso alla quinta giornata e trova la panchina in un Napoli in testa alla classifica, a punteggio pieno, più tre sul Milan. Di fronte la Fiorentina di Baggio che toglie il proscenio a Maradona con due goal di cui uno in serpentina fino in porta. 0-2, c’è bisogno di Diego che entra e sbaglia un rigore, ma poi il Napoli rimonta e vince per 3-2 all’ultimo istante. L’Italia calcistica già trema.
Al San Paolo cade la rivale diretta Milan sommerso da tre reti, e poi l’Inter campione d’Italia. Il girone d’andata è condotto alla grande dal Napoli ma poi le milanesi si prendono la rivincita al ritorno, mettendo in discussione le ambizioni azzurre. Napoli e Milan si controsorpassano a vicenda fino al finale dei veleni che travolgono il campionato a quattro giornate dalla fine. Il Napoli è a Bergamo in ritardo di un punto rispetto al Milan che è a Bologna. Contro l’Atalanta gli azzurri si avviano verso uno scialbo risultato a reti bianche quando una monetina da 100 lire lanciata dalle gradinate colpisce il brasiliano Alemao.
Accorre il mitico massaggiatore Carmando, tanti centimetri in meno del giocatore da medicare in testa, che urla “buttati a terra†per soccorrerlo. Alemao viene sostituito con Zola e va in ospedale; per questo il Napoli ottiene la vittoria a tavolino per 0-3 e agguanta i rossoneri in testa. Il Milan grida allo scandalo nascondendo però che nella stessa giornata, a Bologna, un autogoal di Filippo Galli non è stato ravvisato dall’arbitro.
Le polemiche si trascinano per due settimane quando le due contendenti, a pari punti, si presentano di nuovo in trasferta: il Napoli a Bologna e il Milan a Verona. Gli azzurri strapazzano gli emiliani con una prova di forza eloquente mentre contro gli scaligeri il Milan perde la testa dopo essere passato in vantaggio. L’arbitro Lo Bello viene contestato dai rossoneri che chiedono l’assegnazione di un paio di rigori. Sacchi viene allontanato prima del pareggio veronese di Sotomayor che scatena la rabbia milanista. Vengono espulsi anche Rijkaard prima e Van Basten poi che lancia la maglia a terra; contro nove uomini, ne approfitta il Verona che sorpassa con un goal di Pellegrini e vince non prima di un’altra esplusione comminata a Costacurta. Il Milan impazzisce di rabbia!
Due punti di vantaggio del Napoli al quale basta un pareggio per cucire il tricolore sulle maglie. 29 Aprile 1990: in un “San Paolo†pronto e stravolto per i mondiali di “Italia 90â€, arriva la Lazio e 80.000 spettatori già pronti a festeggiare. Il goal dello scudetto arriva presto, al minuto 7, e a siglarlo é Marco Baroni che svetta al centro dell’area a raccogliere un calcio piazzato di Maradona. Poi solo attesa che sfocia in una festa prima dentro e poi fuori lo stadio.
La città impazzisce tra le sue mille bandiere azzurre e i suoi striscioni divertenti, mentre da Milano si getta fango su uno scudetto legittimo e vinto con due punti di distacco, non uno, quello contestato e regalato dalla giustizia sportiva che ha fatto montare la furia di Berlusconi e del suo staff. Una caduta di stile che ha il suo apice in Silvano Ramaccioni, team manager del Milan, che in diretta tv afferma di non riconoscere lo scudetto al Napoli, dando il via ad una delegittimazione di quel trionfo meritato che ancora oggi viene etichettato da Berlusconi, Sacchi e Galliani come quello della monetina di Alemao.
Solo qualche mese più tardi lo stesso Galliani ritirerà la sua squadra dal campo di Marsiglia per evitare un’eliminazione in Coppa dei Campioni esponendo il club ad una brutta figura a livello internazionale. Ci penserà poi anche Ferlaino più in là col tempo a farsi pubblicità parlando di una certa “amicizia†con Lo Bello, che invece fermamente prenderà le distanze da ciò. Ombre su uno scudetto che invece fu meritato almeno quanto lo fu quello del Milan sottratto al Napoli due anni prima. Ma ciò che importa è che, almeno quella volta, fu Napoli a festeggiare. E nonostante i veleni, quel ricordo ha sempre un sapore dolcissimo.
Angelo Forgione.
Berlusconi zucati il limone. ma che uomo di merda, incredibile...