
Era un pò di tempo che volevo vedere questo film....poi vedere quelle immagini l'altro giorno in cui i marines facevano il tiro a bersaglio con i fotografi iracheni, mi ha smosso.
Per me questo è un film sull'alienazione che ti porta il lavoro. E sui diversi modi che ci sono nel porsi nel lavoro che si fa. Vi faccio un esempio : Giulio Natta. L'inventore della plastica. Un nobel per la chimica. Una capa esagerata direte voi, e invece lui di autodefiniva, senza falsa modestia, una persona con un'intelligenza poco al di sopra,non un genio quindi, della norma, ma che lavorava come un pazzo. Lo stesso Einstein affermava di aver preso davvero poco ferie nella sua vita. Però Natta quando camminava per le campagne, era talmente assorto nei propri pensieri, che dimenticava suo figlio nel bosco, e per quanto riguarda Einstein, beh, le sue stravaganze sono più o meno note.
Questo perchè è assai raro che il successivo lavorativo che porta all'eccellenza si coniughi bene con la vita matrimoniale o familiare in genere. Perchè ci sono persone talmente innamorate di quello che fanno, che ad un certo punto finiscono per dipendere dall'adrenalina della realizzazione, del raggiungimento di un obiettivo, della riuscita di una missione gli provoca.
E' questo il caso dell'artificiere di cui sono raccontate le gesta in questo film. Questo individuo ha una dipendenza da bombe. Non si capisce bene se ha fantasmi nel passato, o quantomeno il racconto è vago al riguardo, ma ovunque ci sia una bomba lui c'è. E' sporco, è cattivo, è gioviale, è simpatico, è sprezzante del pericolo, è tutto e il contrario di tutto, ma sempre in un contesto bellico.
Disinnesca bombe in pochi minuti con una sfrontatezza quasi "disarmante", e poi si ferma imbambolato di fronte ad un bancone dei cereali, non sapendo quali scegliere.
Il film secondo me , più che una riflessione sulla guerra,( visto che i temi sono triti e ritriti e lo potremmo chiamare FULL METAL BOMB), pone una bella domanda allo spettatore : PERCHè, NELLA VITA QUOTIDIANA, FAI QUELLO CHE FAI?
Io questa domanda me l'ero posta già in precedenza e ho trovato una risposta, forse impopolare per alcuni, forse da cinici per altri, ma credo comunque sia sincera. La mia scelta di studi è stata meramente vincolata ad una maggiore possibilità di lavoro dopo la fine dell'università . Io avrei voluto fare una qualche facoltà umanistica, ma avevo troppo poco coraggio per menarmi e troppa poca furbizia per usare tutto quelle parole imparate in qualche altro settore lavorativo. Non mi dispiace quello che studio, ma sono sincero, forse ero più portato per altro. Mi riesce e questo mi basta. Sono un poco come quei soldati che nel film contano i giorni al congedo. Quelli che faranno il futuro dell'informatica invece sono come quell'artificiere pazzo e sconsiderato, ma a suo modo geniale.
Per quanto riguarda le 6 statuette..beh: l'america ha voluto far vincere una "storia" molto "americana" dopo i vari oscar a The Milionaire(favola indiana americanizzata), e quindi si è riproposto un pò la stessa cosa che ci fu con Crash. Il film sul "contatto fisico" raccontava l'anima di Los Angeles, un'anima molto multietnica, ma comunque fortemente americana. The Hurt Locker racconta l'anima dell'america in iraq, e tanto basta per avergli fatto vincere 6 oscar. Oltre comunque una bella fotografia. E una regia con telecamere a spalla che mi è piaciuta molto.
Voto : *** e 1/2