Un autentico suicidio. Avrebbe rischiato la vita per una sacca di sangue mal conservato. Se davvero le rivelazioni che giungono da Modena sono fondate, la vicenda di Riccardo Riccò e del malore (blocco renale ed edema polmonare secondo quando ammesso dallo stesso padre del corridore) che lo ha costretto al ricovero di urgenza nell'ospedale di Baggiovara (Modena) rischia di diventare un autentico suicidio. Non solo per le possibili e dannosissime complicanze del malore stesso, ma sopratutto per le conseguenze sportive. Il pm di Modena Pasquale Mazzei, infatti, avrebbe aperto sulla vicenda un procedimento penale per presunta violazione della legge 376/2000, la legge antidoping. Agli atti dell'indagine ci sarebbe il referto del medico che curò per primo il corridore all'ospedale di Pavullo, prima del trasferimento a Baggiovara. Un referto in cui si parla di autoemotrasfusione. Lo stesso corridore, giunto in stato di choc grave, avrebbe ammesso alla presenza del medico e della compagna Vania Rossi di essersi praticato da solo una trasfusione con una sacca di sangue precedentemente prelevato e conservato nel frigorifero. Una sacca probabilmente conservata troppo a lungo e forse deteriorata. Si è attivato anche l'ufficio della procura antidoping del Coni, che ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti di Riccò.
Se l'indagine penale dovesse confermare tutto per Riccardo Riccò le porte del ciclismo e dello sport in generale si chiuderebbero definitivamente. Il corridore sarà sentito appena le sue condizioni fisiche lo permetteranno. E l'indagine sarà approfondita anche dal punto di vista ematico. Ma nel caso di conferma di doping sanguigno (tale è considerata l'autoemotrasfusione) incapperrebbe nei rigori della legge (da 3 mesi a 3 anni). E sul piano sportivo scatterebbe in caso di doping acclarato la squalifica a vita. Infatti lo scalatore emiliano sarebbe alla seconda grave infrazione, dopo la positività al Cera (l'epo di ultima generazione) al Tour del 2008, costatagli 20 mesi di stop. E' presto per trarre conclusioni o considerazioni. Ma se le ipotesi dovessero trovare riscontri concreti ci troveremo di fronte al paradigma del vecchio adagio del lupo che cambia il pelo ma non il vizio. Riccò era uscito indenne dalla bufera che aveva coinvolto la sua compagna (positiva ai campionati italiani di ciclocross del 2010 e poi scagionata) e il fratello di lei, Enrico, ventottenne corridore della Flaminia Bossini, formazione di categoria Professional Continental, per il quale sono scattate le manette assieme ad altri personaggi che figurano nell'indagine dei Carabinieri di Perugia coordinati dal pm Sergio Sottani. Una storia oscura di criptici messaggi sms sul telefonino e di un cicloamatore-pusher al centro di una vera e propria organizzazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze dopanti. E dare credito alla sua nuova immagine il fatto che recentemente il corridore era entrato nel novero di quelli seguiti dal centro Mapei diretto dal compianto Aldo Sassi, recentemente scomparso per un brutto male. Una scommessa perduta se le ipotesi che aleggiano sulla vicenda dovessero trovare conferma. Al Coni la Procura antidoping ha già rizzato le orecchie e si segue con attenzione ogni sviluppo della situazione. (08 febbraio 2011)
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