E torniamo a noi! Secondo la Profezia "Lux in tenebris" si doveva avere una Europa fatta di chiese nazionali, con scopi filantropici e che fossero tutte sullo stesso piano, disconoscendo di fatto il Papa che di fatto non aveva motivo d'essere.
Questo progetto però cozzava con gli Asburgo cattolici, con la Russia anch'essa cattolica e col Reame.
Quest'ultimo infatti fu il primo stato che aveva saputo integrare il dogma cattolico con il verbo del Vangelo; tradotto in pratica da leggi che non disdegnavano le novità della rivoluzione francese o quelle comuniste del Campanella e di Marx.
E come s'è visto, nella Penisola italiana era il Piemonte preposto a tale funzione. D'altra parte i Savoia - legati mani e piedi alle consorterie massoniche inglesi - poco avevano da obiettare.
E Londra mandò Lord Gladstone a Napoli e Lord Mintho nei vari stati italiani a preparare il terreno, ovvero quella che doveva essere una rivoluzione geo-politica.
Rivoluzione che doveva essere guidata - ideologicamente - da Giuseppe Mazzini, capo della Carboneria Italiana, il cui scopo finale, secondo il suo fondatore genovese Antonio Maghella, era "..quello di Voltaire e della rivoluzione francese: il completo annientamento del cattolicesimo ed infine del cristianesimo".
La pianificazione del progetto che riguardava il Piemonte ebbe buon fine, con enormi vantaggi per i Savoia!
Il bottino finanziario sabaudo fu enorme e parte servì per pagare i mercenari che si unirono a Garibaldi e i suoi mille. Che mille non erano ma erano molti di più.
Scrive Vittorio Gleijes storico e profondo conoscitore degli intrecci sabaudo-inglesi: "... il tesoro del Regno delle Due Sicilie rinsanguò le finanze del nuovo stato, mentre l'unificazione gravò sensibilmente la situazione dell'Italia meridionale, in quanto il Piemonte e la Toscana erano indebitate sino ai capelli ed il regno sardo era in pieno fallimento. L'ex Regno delle Due Sicilie, quindi, sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia e, per tutta ricompensa, il meridione, oppresso dal severissimo sistema fiscale savoiardo, fu declassato quasi a livello di colonia. Con l'unificazione, a Napoli, aumentarono le imposte e le tasse, mentre i piemontesi videro ridotti i loro imponibili e col denaro rubato al Sud poterono incrementare le loro industrie ed il loro commercio " .
Ferdinando Ritter ha scritto che: "... il Regno delle Due Sicilie contribuì alla formazione dell' erario nazionale, dopo l'unificazione d'Italia, nella misura di ben 443 milioni di lire in oro, mentre il Piemonte, la Liguria e la Sardegna ne corrisposero 27, la Lombardia 8,1, il Veneto 12,7, il Ducato di Modena 0,4, Parma e Piacenza 1,2, la Romagna, le Marche e l'Umbria 55,3; la Toscana 84,2; Roma 35,3...".
Edoardo Spagnuolo, nel n° 5 dei quaderni di Nazione Napoletana, così commenta la fine del sogno vissuto dalle popolazioni meridionali dopo l'annessione piemontese:
" I grandi progetti ferroviari del Governo Borbonico avevano dunque un fine preciso. Le strade ferrate dovevano divenire un supporto fondamentale per l'economia meridionale ed essere di servizio allo sviluppo industriale che il Mezzogiorno d'Italia andava mirabilmente realizzando in quei tempi.
Il governo unitario, dopo aver distrutto le fabbriche del Sud a proprio vantaggio, realizzò un sistema ferroviario obsoleto che, assieme alle vie marittime, servì non per trasportare merci per le manifatture e gli opifici del meridione ma per caricare masse di diseredati verso le grigie e nebbiose contrade del Nord o delle Americhe".
Abbiamo visto all'inizio alcune cifre che ci hanno detto come i Savoia non avessero nessun rispetto per le popolazioni del Reame. Ripartiamo da lì.
Quel milione di morti ci dice che vi fu una vera e propria persecuzione contro il popolo meridionale e ciò avvenne grazie alla cosiddetta Legge Pica, voluta dal Governo Minghetti e promulgata nell'agosto 1863.
Questo il testo della Legge: Legge Pica: Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari; Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione; Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre gradi di pena; Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai manutengoli e camorristi; Art.5: In aumento dell'articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte: Atti parlamentari. Camera dei Deputati).
Come ben si evince, si trattava di una vera e propria persecuzione che favorì il crescere del fenomeno del brigantaggio.
Lo storico Lemkin che per primo ha dato una definizione di genocidio affermava che "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà , della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
Bisogna dire anche delle carceri dove furono rinchiusi i vinti meridionali. Il primo impatto parla di 1.700 ufficiali e 24.000 soldati fino alla fine del 1860. C'è da dire poi - ne abbiamo già parlato - che divenne obbligatoria la leva militare anche se - ad onor del vero - la prima chiamata fu volontaria e si presentarono solo un 20 mila a fronte degli 80.000 sperati. E anche questi 20.000 furono ospitati al nord.
Ma proprio in quella chiamata volontaria stava il subdolo inganno! Infatti i restanti 60.000 furono considerati disertori e furono arrestati. Solo chi si unì ai briganti si salvò dall'arresto
Tornando ai prigionieri, essi furono internati in carceri del nord e il Generale La Marmora, in un editto, ordinò che nessuno venisse liberato senza il consenso dell'esercito.
I Savoia istituirono dei veri campi di concentramento e lì furono ammassati i prigionieri. Vediamoli allora questi campi:
1. Fenestrelle,
2. S. Maurizio Canavese,
3. Alessandria,
4. nel forte di S. Benigno in Genova,
5. Milano,
6. Bergamo,
7. Forte di Priamar presso Savona,
8. Parma,
9. Modena,
10. Bologna,
11. Ascoli Piceno.
C'è da dire che nei dieci anni di funzionamento dei lager molti prigionieri morirono di fame e sete.
La fortezza più tristemente famosa era quella di Feenstrelle di Sestriere, già usata da Napoleone. Qui vennero internati gli ufficiali e sottufficiali che non tradirono i Borboni e quei civili che si rifiutarono di prestare servizio di leva. Non vi sto a dire come era organizzata Fenestrelle perché è argomento che tratterò in un altro post. Dico solo che era il lager più temuto!
Il 22 agosto 1861 vi fu un tentativo di rivolta che però fallì e come risultato i prigionieri si ritrovarono le palle ai piedi del peso di 16 chili!
Mal nutriti, picchiati, con le finestre senza imposte ma solo provviste di grate, il freddo uccideva quelli che erano larve umane. Anche i carcerieri avevano libertà di azione e potevano uccidere per qualsiasi motivo. Un prigioniero che inveì contro i Savoia fu ucciso a colpi di baionetta.
Altro soprus ai prigionieri venivano confiscati tutti i beni familiari per cui le mogli e i figli si trovavano sulla strada e la loro casa svenduta ai sodali della Real Casa Sabauda.
Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è ancora visibile l'iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce".
In seguito furono istituiti altri campi. Ecco dove:
1. Gorgonia,
2. Capraia,
3. Giglio,
4. all'Elba,
5. Ponza,
6. in Sardegna,
7. nella Maremma.
Importante: tutte le atrocità che si susseguirono per anni sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi parlamentari dell'epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove si svolsero i fatti.
Se avete dei dubbi andate a controllare perché sono pubblici! Naturalmente i libri di storia tacciono.
Quella che segue è la risposta che La Marmora da a Cavour circa i prigionieri detenuti in Lombardia, di fatto confermando l'esistenza di campi in Lombardia!
"…non ti devo lasciar ignorare che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600 che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di verminia…e quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi servizio. Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, gli rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, che erano un branco di carogne…che avessimo trovato modo di metterli alla ragione".
Ancora un documento tratto da Civiltà Cattolica:
"Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare di fame e di stento per le ghiacciaie".
In un prossimo post vedremo nello specifico le varie prigioni.
Fonti:
- archivio di Stato di Torino;
- archivio di Stato di Milano;
- atti Parlamentari in Torino e Firenze;
- archivi di Londra;
- documentazione di Civiltà Cattolica;
- archivio di Casa Borbone.
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Per chi è interessato a Comenius!
COMENIUS
Una parentesi per capire Comenius. Chiedo aiuto al Professor Carlo Talenti.
Komenskà½, Jan Amos (o Comenius, Comenio). Educatore e pedagogista ceco (Nivnice, Moravia. 1592-Amsterdam 1670).
Vita e opere.
Compiuti gli studi sotto la protezione della comunità religiosa Unione dei fratelli boemi, nel 1613 discusse la tesi di dottorato, nel 1616 fu nominato sacerdote e nel 1618 si sposò. La battaglia della Montagna Bianca, del 1620, segnò la fine dell'indipendenza boema e diede avvio ad una dura repressione contro l'Unione in cui K. perse la moglie e i figli, e vide distrutti tutti i suoi libri e manoscritti. Dopo la proclamazione del cattolicesimo a religione ufficiale della Boemia, nel 1628, i fratelli dell'Unione si trasferirono a Leszno, in Polonia. Tale città rimase un punto di riferimento per tutta l'attività pastorale, educativa e pedagogica di K. fino al 1656, anno in cui, in seguito alla guerra polacco-svedese, la città venne devastata dai nobili polacchi cattolici. In questo periodo K. pubblicò alcune delle sue opere più importanti: nel 1628 la Didactica Magna (La grande didattica), nel 1631 e poi nel 1633 la Iauna linguarum reserata (La porta delle lingue dischiusa) nel 1637 e poi nel 1641 la Pansophiae prodromus (L'introduzione alla pansofia), nel 1643 Pansophiae diatyposis (Il disegno della pansofia). Sostenitore, come più tardi Leibniz, di un riavvicinamento delle varie confessioni cristiane, K. prese parte alla conferenza ecumenica di Toràºn (1644-45). Dal 1650 al 1654 visse in Ungheria a Sà¡rospatak, presso il principe Rà¡kà³cki. Qui scrisse la Schola pansophica (La scuola pansofica) nel 1652, la Eruditio scolastica (La erudizione scolastica) sempre nel 1652, e più tardi, negli anni 1653-54, l'Orbis sensualium pictus (Il mondo delle cose sensibili figurato). Negli anni 1656-57 lavorò intensamente ad una delle sue opere più impegnative, la De rerum humanarum emendatione consultatio catholica (Esame universale sul perfezionamento della condizione umana), una riforma universale in sede educativa, religiosa e politica che aveva cominciato a progettare fin dal 1641 e che rimarrà incompiuta e in gran parte inedita fino al 1996.
II pensiero.
L'opera di K. si appella ad un cristianesimo ecumenico ripensato e rivissuto nell'ambito del neoplatonismo. La sua visione è a volte alimentata dalle sue convinzioni millenaristiche e dalla sua fede ingenua nelle profezie, ma si concreta in un programma di educazione universale e permanente per tutti gli uomini. Da questo programma nasce l'esigenza di una nuova didattica per tutti gli insegnamenti, a cominciare da quello delle lingue. K. si appella a tre fonti di verità , la Bibbia, la natura e l'uomo, che implicano tre strumenti di ricerca: la fede, i sensi e la ragione. Tutto il processo educativo mira a ricondurre l'uomo a Dio, mettendo a frutto la grazia meritata da Cristo per redimere l'umanità dal peccato. La ragione mediante l'analisi, i sensi mediante la sintesi, sono al servizio della fede; e compito di ogni uomo è di sviluppare la conoscenza del mondo divino che è presente in lui. Da ciò deriva che tutti gli uomini, senza distinzione alcuna, devono essere educati; occorre dunque inventare un'"arte universale di insegnare tutto a tutti". Obiettivi di questa "grande didattica" son cercare e trovare il metodo che consenta ai docenti di insegnare di meno e ai discenti di imparare di più; evitare le chiacchiere, la noia e i lavori inutili; accrescere il divertimento di imparare, ottenere un maggior profitto e disporre di maggior tempo libero. Il tutto subordinato ai fini supremi della pace della tolleranza religiosa e del progresso scientifico.
La nuova didattica.
L'universalità dell'educazione riguarda ad un tempo tutto il genere umano e tutto il sapere e il saper fare umani. Affinché questi due universi giungano progressivamente a coincidere occorre, secondo K., una radicale riforma delle istituzioni scolastiche che è compito dei pubblici poteri programmare e realizzare. Il processo educativo investe l'uomo tutta la vita, perciò la scuola deve essere differenziata secondo i periodi tipici dello svilupp infanzia, fanciullezza, adolescenza, gioventù. Ogni periodo comprende sei anni, e il processo di maturazione raggiunge la sua pienezza a 24 anni. I quattro tipi di scuola son 1) la scuola materna (da 0 a 6 anni), che mira ad esercitare i sensi esterni; 2) la scuola elementare in lingua materna (da 6 a 12 anni), che mira ad esercitare i sensi interni, cioè l'immaginazione e la memoria, con i loro organi esecutivi la mano e la lingua; 3) la scuola latina o ginnasio (da 12 a 18 anni), che mira a formare l'intelligenza e il giudizio mediante le arti del trivio (grammatica, dialettica e retorica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia) e mediante le scienze naturali e quelle storico-geografiche; 4) l'accademia (dai 18 ai 24 anni), che mira alla formazione superiore della volontà , insegnando a conservare in armonia il corpo, la mente, il possesso dei beni esterni e la fede in Dio, mediante la medicina, la filosofia, la giurisprudenza e la teologia. La riforma universale dell'educazione e dell'istituzione scolastica investe due altri compiti: 1) la riorganizzazione del sapere; 2) il rinnovamento radicale dei metodi di insegnamento. K. precisa minuziosamente le procedure del metodo pansofico. àˆ contrario in genere alle punizioni corporali, alle astrazioni intempestive e gratuite, al verbalismo, alla precipitazione, all'isolamento e alla contemplazione inutile del sapere, e alle forme di apprendimento prive di motivazione. A livello di didattica generale mira ad una razionalizzazione dei processi di insegnamento-apprendimento che consenta ad un solo insegnante di reggere alcune centinaia di ragazzi. Alla costruzione di nuovi manuali scolastici K. dà un contributo fondamentale con l'opera Orbis sensualium pictus, che diventerà un modello per i successivi sillabari e libri "figurati", cioè impostati sul rapporto "figura-nomenclatura-descrizione". Per l'alfabetizzazione sostiene la stretta connessione delle abilità della lettura con quelle della scrittura e la necessità di far scaturire entrambe da precedenti abilità grafico-visive. Un'attenzione tutta particolare dedica infine all'insegnamento-apprendimento delle lingue, sul quale torna ripetutamente in opere specialistiche come la Ianua linguarum, sviluppando due fondamentali orientamenti metodologici: 1) la lingua, orale o scritta, materna o straniera, deve essere appresa e perfezionata come strumento di istruzione e di comunicazione e non come pratica fine a se stessa; 2) di conseguenza qualsiasi lingua deve essere appresa in funzione delle "cose" che si vogliono conoscere e comunicare. Nel complesso la pedagogia di K. rimane disputata tra realismo e utopia: da una parte il suo appello all'esperienza sensibile non giunge a collegarsi alla più matura coscienza epistemolgica del suo tempo, dall'altra la sua tensione escatologica non gli impedisce di anticipare precise istanze educative che matureranno con l'affermarsi della borghesia. [Professor Carlo Talenti]
http://www.scrivendo.it/node/4574