Un rispettabile chimico inglese dell'Ottocento trova una formula per separare il bene dal male nell'anima; decide di sperimentarla su sé stesso.Mamoulian, regista di origini armene, compie l'adattamento più convincente del romanzo di Stevenson. All'intuizione psicanalitica dell'autore inglese, che anticipava sommariamente le teorie sulla presenza di un inconscio, aggiunge una forte componente erotica (probabilmente di derivazione freudiana) e lo fa in termini assolutamente scabrosi considerando gli standard cinematografici dell'epoca, con allusioni esplicite e ammiccamenti prolungati.
La contrapposizione tra il bene e il male è forse ancora troppo netta e semplificata, ma il difetto è ben bilanciato da un dosaggio perfetto di ritmo e dilatazione narrativa che rende la visione estremamente piacevole.
Il merito maggiore però è nella capacità di conciliare i dialoghi sontuosi con gli artifici stilistici della stagione del muto: lente dissolvenze incrociate o a tendina, split screen e la lunga soggettiva iniziale sono storia del cinema.
Nota di merito anche per fotografia e scenografia (Londra è splendidamente tetra), nonchè per gli effetti speciali (considerando l'età del film..).
Voto: ****
