Per tanti tifosi milanisti, una delle domeniche più tristi e dolorose reca una data precisa: 16 maggio ‘82. E’ il giorno che registrò la seconda retrocessione in B del diavolo rossonero, la prima sul campo dopo quella a tavolino per le vicende del calcio-scommesse. Dopo una settimana di passione, con l’intermezzo della Mitropa Cup conquistata mercoledì 12 maggio battendo i cecoslovacchi del Vitkovice, la squadra allenata da Italo Galbiati (subentrato a Radice) si presentò all’appuntamento decisivo per la salvezza. Vincere non bastava, occorreva più di un miracolo per non retrocedere. Ai rossoneri toccò l’opzione che il destino riserva agli sfigati: “la tua sorte non dipende da te ma dagli altriâ€.
Classifica alla mano, infatti, il Milan per restare in A doveva battere il Cesena (già matematicamente salvo), il Bologna non doveva vincere e una squadra, tra Cagliari e Genoa, doveva perdere. Una matassa ingarbugliata e contorta, peggio di una roulette russa. Quel pomeriggio di metà maggio sembrò, meteorologicamente, un’anticipazione dell’estate. I primi minuti furono un colpo al cuore dei tifosi rossoneri a causa del vantaggio di Genoa e Bologna. A Cesena, intanto, il Milan provava qualche sortita ma con poca convinzione. Le poche opportunità da gol furono sventate dal portiere avversario Recchi. Al 42’, il romagnolo Garlini spinse in rete un pallone vagante dalle parti di Piotti: padroni di casa in vantaggio e via negli spogliatoi. Nonostante una situazione da coma quasi irreversibile, i tifosi milanisti rimasero attaccati fiduciosi alle radioline. La ripresa peggiorò ulteriormente le cose.
Piraccini, infatti, raddoppiò al 18’. Il 2-0 sembrò la fine di ogni minima speranza. Nessuno aveva notato, in quella situazione da cupa rassegnazione, l’uno-due del Napoli sul Genoa. “Squalo†Jordan riuscì ad interrompere la lunga astinenza da gol, accorciando le distanze. Nei successivi cinque minuti arrivarono il pareggio dell’Ascoli contro il Bologna e il missile da fuori area di Ciccio Romano che fissò il risultato di Cesena sul 2-2. Di colpo tornò la speranza. Un gol, solo uno e il Milan si sarebbe salvato. A nove minuti dal termine, Roberto Antonelli, soprannominato Dustin per l’eccezionale somiglianza con l’attore americano Hoffman, prese palla sulla trequarti campo milanista.
In rapida successione, il giocatore rossonero superò come birilli i difensori avversari. Stremato dalla fatica, sembrò cadere a terra, quasi come il soldato che dopo aver evitato i proiettili avversari non vede l’ora di prendere fiato, fiero di aver salvato la pelle. Poi, quasi dalla linea di fondo, da posizione impossibile, Antonelli fece partire un diagonale che andò ad insaccarsi passando dall’unico pertugio disponibile. Gol !!! Milan in vantaggio. L’esultanza dei tifosi fu indescrivibile. Uno dei giocatori più deludenti, in una stagione terribile, aveva trovato lo spunto risolutore nel momento decisivo. Quel gol fu una perla da consegnare agli archivi, da vedere e rivedere. Enrico Ameri prese la linea da Cesena per annunciare, alla sua maniera, che il Milan era passato in vantaggio. Bortoluzzi dallo studio aggiunse che la squadra rossonera con quel gol era virtualmente salva. Quella prodezza cancellava di colpo mesi di amarezze e delusioni.
Intanto, il Bologna, sconfitto ad Ascoli, retrocedeva in B mentre a Cagliari veniva annullato un gol alla Fiorentina, ai più sembrato regolare. L’arbitro Bergamo sancì la fine dell’incontro di Cesena. A quel punto mancava solo il finale di Napoli. I tifosi milanisti, encomiabili e come sempre al seguito della squadra, invasero il campo ritenendo ormai raggiunta la salvezza. Il secondo tempo allo stadio “San Paolo†era cominciato in ritardo. I genoani si riversarono a capofitto in attacco, incitati persino dai tifosi di casa, alla disperata ricerca del gol del pareggio. L’epilogo di quel campionato fu il più beffardo che la sorte avrebbe potuto riservare al Milan. Il portiere napoletano Castellini, cincischiando con il pallone in fase di rinvio, regalò un calcio d’angolo agli avversari. Fu un palese insulto alla lealtà sportiva.
Nell’area napoletana affollata di giocatori, il barbuto Mario Faccenda, tenuto in gioco e lasciato libero di colpire ad un metro dalla porta, insaccò comodamente. Il pareggio mise in salvo il Genoa, per il Milan si spalancò il baratro della serie B. A Cesena calò il gelo mentre ad Avellino i tifosi interisti esultarono, manco avessero vinto una coppa dei campioni. A Napoli, i restanti minuti di gioco furono all’insegna di continui lanci del pallone in tribuna, tra i cori festanti di tutto lo stadio. Al fischio finale, genoani e napoletani festeggiarono insieme, avviando un gemellaggio che prosegue ancora oggi. Dopo un pomeriggio di speranza ed inquietudine, ai milanisti restò solo tanta rabbia per le occasioni sprecate nei mesi precedenti. “Dopo quella a pagamento, ecco la retrocessione gratis del Milanâ€, sentenziò con sferzante sarcasmo l’avvocato interista Peppino Prisco.
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