A proposito dell'ultima partita una intervista divertente di Matteo (che sta prendendo Oki da tre giorni per farsi passare il mal di testa).
Gazzetta dello Sport - Contini: «Messi? Lo sogno di notte»
Testimone oculare, vittima sacrificale, spettatore privilegiato. Matteo Contini, quasi trent’anni e quasi 200 partite tra Serie A e Liga, domenica è stato travolto dal ciclone Messi. Arrivato in prestito dal Napoli al Saragozza lo scorso gennaio, il difensore lombardo ha retto per oltre un’ora e nel finale ha offerto a Colunga i due assist per i gol del Saragozza, ma la sua serata è stata segnata dalle finte «maradoniane» di Messi. In un’occasione Leo lo ha bruciato per segnare il 2-0, in un’altra Contini lo ha atterrato in area: rigore. «Me lo sogno la notte. Inutile cercare scuse, in questo momento nell’uno contro uno non ti dà chance. Per fermarlo ci vuole fortuna e il raddoppio dei compagni. Non sono arrivati..».
Facciamo partire la moviola. Messi la punta, lei cosa fa? «Io guardo il pallone, e almeno a livello teorico non lo perdo mai di vista. Dico teorico perché evidentemente non basta: la rapidità dei movimenti è tale che a un certo punto quando decidi d’intervenire e pensi di prendere la palla lui l’ha già spostata. Quindi o colpisci l’aria o la sua caviglia: nel primo caso se n’è andato, nel secondo è stato rigore ».
Dov’è la chiave? «Nella velocità di piedi e gambe. Si ferma, riparte, si ferma di nuovo, accelera, tutto in frazioni di secondo. Tu gli vai dietro, ma la sua rapidità crea un buco temporale tra la sua azione e la tua reazione».
Si era mai trovato in una situazione del genere? «Solo con Pato, che ha caratteristiche molto simili per velocità d’esecuzione e modo di puntare l’avversario».
Messi è il più forte del mondo? «Premesso che non ho giocato contro Rooney e Cristiano Ronaldo, penso di sì. Però aggiungo una cosa: mi piacerebbe vederlo in Italia. Secondo me avrebbe vita più dura, certe reti farebbe più fatica a segnarle. Prendiamo il secondo gol: lui è bravissimo perché va a recuperare palla a metà campo. Poi decide per l’azione solitaria, ma quando batte il nostro portiere ha saltato solo due uomini, non 3 o 4. Ha dovuto far fuori Jarosik, che è l’altro difensore centrale, uscito lontanissimo dall’area a fare quello che doveva fare un centrocampista. Poi ha saltato me ed era già davanti al portiere. In Italia ci sono meno spazi, i difensori sono meno soli».
Che tipo è in campo? «Tranquillo, silenzioso, incita i compagni, non si lamenta se gli stai addosso. Parla poco, non ha neanche bisogno di chiamare la palla perché i suoi sanno già dov’è o dove andrà . Mi sembra un tipo molto umile, assolutamente non sbruffone, non cerca lo scontro, la provocazione, pensa solo a mettere le proprie grandi qualità al servizio dei compagni. E per quanto mi diceva Lavezzi è un ragazzo eccezionale anche fuori dal campo, per nulla montato, non si crede superiore agli altri».
Lei pensa già al suo futuro? «Per ora penso solo a salvare il Saragozza, cosa lunga e complicata. L’esperienza spagnola mi piace, vedremo».