Ma so già cosa risponderete per filo e per segno,perché siete stati plagiati per anni pure voi e avete ormai la sindrome di stoccolma congenita dello schiavo.
Tu pazzei Giggì, io veramente mi trovo in una situazione kafkiana dove l'unica non-soluzione è andarsene da questa città che è a tutti gli effetti autenticamente una città di merda, abitata da gente di merda.
Io sono ormai della scuola Troisiana che promuoveva una sorta di nuova Napoletanità che sa di anti-Napoletanità concepita anticamente come quella dal fare macchiettistico e chiassoso (riportata in auge dai 'nostri' 'nuovi' 'artisti'). Lui è stato un pioniere in tal senso, se pensi all'immagine del Napoletano emigrante di Ricomincio da Tre che lotta contro gli stereotipi provincialisti del Sud Italia sulle relazioni, la gelosia, il lavoro, questo e quell'altro. Pure in Pensavo Fosse Amore Invece Era Un Calesse dipinge magistralmente le abitudini tribali di una città che crede alla maga che fa le carte, che lavora sui capelli ecc.
E se pensi che le cose ripudiate trent'anni fa da un artista enorme sono ancora la realtà alle porte del 2018 significa che questa città è senza speranze.
Molto spesso ci ritroviamo ad elencare i difetti politici, logistici ed economici di questo territorio, e voglia 'e parla di fuossi, metropolitane fantasma, pullman alla stregua dei carri bestiame, parcheggiatori abusivi, bonobi che abitano in pieno centro e deturpano tutto il deturpabile, il problema di questa città resterà sempre la sua cultura. Io voglio, desidero, spero di de-napoletanizzarmi il prima possibile, perché la nostra cultura è una cultura retrograda, insostenibile in un paese che cerca già a fatica di sviluppare un profilo europeo, una cultura che funzionava trent'anni fa quando abbastavano una birra ed un tarallo a mergellina per sentirsi parte dell'umanità, e faceva niente se eri scemo come la merda campavi bene lo stesso. Oggi abbiamo bisogno di altro, e se siamo quello che siamo lo dobbiamo solo (quasi) esclusivamente alla nostra cultura.
Alfredo fa benissimo a dire che siamo i neri d'Italia, perché come i neri abbiamo una cultura che non sta al passo con la cultura occidentale, viviamo in una campana fatta di padreppii, macumbe ed ignoranza portata al petto come una medaglia. Ovviamente si generalizza, ma si sa che il male di questo territorio, differentemente a come vogliono farci credere, è la maggioranza della popolazione.