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Maglie Napoli 2013/2014
Corrado Rubaino:
Guagliu', ma chi se ne fotte dei neo-borbonici? Solo mi farebbe piacere ci si accostasse alla "questione" attraverso dinamiche "post-colonial" e non "colonial" e non solo. Ad esempio. La storia dell'industrializzazione al sud non può essere letta fuori dalla dinamica dell'unità d'Italia. Senza la consapevolezza che ci fu una scelta scientifica, inequivocabile, di ostacolare e chiudere le industrie delle ex Due Sicile, i suoi cantieri navali, le sue fonderie. Quando dici a qualcuno che il complesso siderurgico più grande della penisola preunitaria era a Mongiana, in Calabria, ti guardano come se fossi appena sceso dall'alta velocità Marte-Terra. Che poi, è più o meno la stessa faccia che ho fatto io quando l'ho scoperto.
La stessa faccia che ho fatto, apprendendo che dopo la battaglia di Lissa (1866), nella quale andò quasi completamente distrutta la flotta navale italiana, si scelse come sede del nuovo polo cantieristico nazionale La Spezia e non Napoli e Castellammare, che avevano ben altra perizia e tradizione. La Spezia in pochi anni passò da 25mila a 100mila abitanti. Il sud resistette ancora qualche anno e poi non ebbe altra scelta che alimentare una delle più grandi migrazioni che la storia ricordi.
Ma anche lo stesso stupore di fronte alla scoperta che nel 1860 l'opificio di Pietrarsa, che contava 1050 fra operai e impiegati, costruiva le locomotive che venivano vendute agli stessi Savoia. Appena tre anni dopo, e a due dall'unità d'Italia, la forza lavoro si era dimezzata. Il 6 agosto del 1863 gli operai, esasperati dànno vita a una veemente protesta. Per tutta risposta, convergono sul posto la Guardia Nazionale Italiana, i Bersaglieri e i Carabinieri, che aprono il fuoco uccidendo quattro operai.
Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri, sono i primi quattro martiri operai della storia d'Italia. Non semplicemente concittadini napoletani, carne della nostra carne, ma anche fratelli di quell'internazionalismo proletario al quale abbiamo eretto monumenti in ogni angolo del mondo. A loro non abbiamo dedicato nemmeno una targa. Solo l'oblio e l'irriconoscenza.
Quando si parla del gap del sud rispetto al nord, è luogo comune considerarlo già esistente nel 1860. Invece, l'Italia al tempo dell'unificazione, ma è più giusto e storicamente corretto chiamarla annessione, era un paese sostanzialmente deindustrializzato, con poche aree sviluppate, che in maggioranza erano nelle Due Sicilie e non al nord. Il vero sviluppo industriale arriva dopo, grazie all'imponente mole, non antonelliana, ma di denaro delle ex Due Sicilie. Guagliu', 'e nn'arricciate' 'o nasill', non posso che consigliarvi la lettura del XXIV capitolo del Capitale di Marx, quello sull'accumulazione originaria che è la conditio sine qua non del capitalismo industriale. Del resto è lo stesso Marx a scrivere che la violenza è una forza immediatamente economica.
Perciò, la sinistra meridionale farebbe bene a liberarsi dei miti risorgimentali. Non gli ideali di giustizia e fratellanza, che resteranno comunque, qualsiasi cosa accada, le stelle polari della nostra etica e della nostra politica ( :compagni:). Ma di quella fetentissima analisi eterodiretta, che arriva da altri luoghi ed è destinata a protrarre il nostro stato di subalternità, perché non riconosce il nocciolo della questione, ovvero che il sottosviluppo forzato del sud è stato in 151 anni immediatamente funzionale allo sviluppo del nord. Imparare a scindere le chincaglierie neo-borb dal pensiero meridionalista (o è troppo sia per i rafanielli che per i progressisti vecchio stampo?)
La sinistra meridionale, se vuole ripartire, deve smetterla di tacciare di "borbonismo" e leghismo, ogni tentativo di leggere la fase, che prova a comprendere la dinamica contraddittoria fra globalizzazione e tendenziale dissoluzione degli Stati-nazione. Siamo internazionalisti e non ci piacciono i confini, però dentro dei confini ci viviamo, e utopia per utopia, io penso sia venuto il momento di smetterla di inseguire proposte politiche che non hanno cuore, braccia, gambe e cervello, ben radicati nei nostri territori...
Ciò detto:
Spoiler
falceEmarcello:
--- Citazione da: Neapolis84 - 02 Luglio, 2013, 16:54:04 pm ---perdonami, ma questo è l'esatto esempio di quello che dicevo prima. Si parla di Borbone (Borbone...non borboni, accuminciamm dal principio proprio), del Regno delle 2 Sicilie e vuje parlat ro bidet o da ferrovia. C'è altro, tutt'altro. Oggi sei quello che sei per quello che è avvenuto 152 anni fa, ce sta poc a fa. Al di là di bidet, ferrovie e chell c vuò, il fenomeno emigrazione è nato lì. Ma, cosa più importante, la cara e vecchia camorra, la simpatica mafia, fino a quel momento, erano dei "movimenti" idioti che non comandavano un cazzo, senza dimenticare le chiusure delle scuole per anni e anni, i saccheggi e le industrie strappate alla nostra terra.
Lo ripeto, io non parlo di secessione e di Sud libero e indipendente, ma conoscere la storia, i valori, quello che è successo, sarebbe fondamentale. Qua 'e creatur nascono sapendo che la loro vita è segnata, che in questa zona d'Italia facimm schif perchè è sempre stato così e meno male che garibaldo c'ha salvat altrimenti stavamo pure peggio.
E facitem 'o piacer, quando si parla di Borbone, Regno delle 2 Sicilie e di tutto quello che riguarda quel periodo storico, levatevi dalla testa Forgione. Per piacere.
--- Termina citazione ---
I borbonE eran na maniat e chiavec e merd, come tutti i regimi totalitaristi ne piu' ne meno.
Non a caso garibaldi e' sceso con 1000 ed e' salito con un esercito reclutando per la via tutti gli scontenti (non poteva essere altrimenti) di una dittatura tanto illuminata dal profilo evolutivo e scientifico quanto crudele e spietata nei confronti del popolo sopratutto di quella parte del popolo che non era vicino ai reali.
Il fatto poi che abbiamo scartato fruscio e pigliato primiera passando dai fetenti con accento spagnolo ai fetenti con accento francese non toglie e non mette
Jena Plissken:
Ind a tutt stu burdell, e maglie addò stanno? :look:
Genny Fenny:
Senza tirarla per le lunghe penso anche io che il logo monarchico sia umiliante e ridicolo.
Poi ognuno si fa le letture che vuole e matura le proprie convinzioni.
Spero nel colletto a polo e in un tessuto anatomico che valorizzi la panza di Calaiò come merita.
falceEmarcello:
--- Citazione da: Corrado Rubaino - 02 Luglio, 2013, 16:57:05 pm ---Guagliu', ma chi se ne fotte dei neo-borbonici? Solo mi farebbe piacere ci si accostasse alla "questione" attraverso dinamiche "post-colonial" e non "colonial" e non solo. Ad esempio. La storia dell'industrializzazione al sud non può essere letta fuori dalla dinamica dell'unità d'Italia. Senza la consapevolezza che ci fu una scelta scientifica, inequivocabile, di ostacolare e chiudere le industrie delle ex Due Sicile, i suoi cantieri navali, le sue fonderie. Quando dici a qualcuno che il complesso siderurgico più grande della penisola preunitaria era a Mongiana, in Calabria, ti guardano come se fossi appena sceso dall'alta velocità Marte-Terra. Che poi, è più o meno la stessa faccia che ho fatto io quando l'ho scoperto.
La stessa faccia che ho fatto, apprendendo che dopo la battaglia di Lissa (1866), nella quale andò quasi completamente distrutta la flotta navale italiana, si scelse come sede del nuovo polo cantieristico nazionale La Spezia e non Napoli e Castellammare, che avevano ben altra perizia e tradizione. La Spezia in pochi anni passò da 25mila a 100mila abitanti. Il sud resistette ancora qualche anno e poi non ebbe altra scelta che alimentare una delle più grandi migrazioni che la storia ricordi.
Ma anche lo stesso stupore di fronte alla scoperta che nel 1860 l'opificio di Pietrarsa, che contava 1050 fra operai e impiegati, costruiva le locomotive che venivano vendute agli stessi Savoia. Appena tre anni dopo, e a due dall'unità d'Italia, la forza lavoro si era dimezzata. Il 6 agosto del 1863 gli operai, esasperati dànno vita a una veemente protesta. Per tutta risposta, convergono sul posto la Guardia Nazionale Italiana, i Bersaglieri e i Carabinieri, che aprono il fuoco uccidendo quattro operai.
Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri, sono i primi quattro martiri operai della storia d'Italia. Non semplicemente concittadini napoletani, carne della nostra carne, ma anche fratelli di quell'internazionalismo proletario al quale abbiamo eretto monumenti in ogni angolo del mondo. A loro non abbiamo dedicato nemmeno una targa. Solo l'oblio e l'irriconoscenza.
Quando si parla del gap del sud rispetto al nord, è luogo comune considerarlo già esistente nel 1860. Invece, l'Italia al tempo dell'unificazione, ma è più giusto e storicamente corretto chiamarla annessione, era un paese sostanzialmente deindustrializzato, con poche aree sviluppate, che in maggioranza erano nelle Due Sicilie e non al nord. Il vero sviluppo industriale arriva dopo, grazie all'imponente mole, non antonelliana, ma di denaro delle ex Due Sicilie. Guagliu', 'e nn'arricciate' 'o nasill', non posso che consigliarvi la lettura del XXIV capitolo del Capitale di Marx, quello sull'accumulazione originaria che è la conditio sine qua non del capitalismo industriale. Del resto è lo stesso Marx a scrivere che la violenza è una forza immediatamente economica.
Perciò, la sinistra meridionale farebbe bene a liberarsi dei miti risorgimentali. Non gli ideali di giustizia e fratellanza, che resteranno comunque, qualsiasi cosa accada, le stelle polari della nostra etica e della nostra politica ( :compagni:). Ma di quella fetentissima analisi eterodiretta, che arriva da altri luoghi ed è destinata a protrarre il nostro stato di subalternità, perché non riconosce il nocciolo della questione, ovvero che il sottosviluppo forzato del sud è stato in 151 anni immediatamente funzionale allo sviluppo del nord. Imparare a scindere le chincaglierie neo-borb dal pensiero meridionalista (o è troppo sia per i rafanielli che per i progressisti vecchio stampo?)
La sinistra meridionale, se vuole ripartire, deve smetterla di tacciare di "borbonismo" e leghismo, ogni tentativo di leggere la fase, che prova a comprendere la dinamica contraddittoria fra globalizzazione e tendenziale dissoluzione degli Stati-nazione. Siamo internazionalisti e non ci piacciono i confini, però dentro dei confini ci viviamo, e utopia per utopia, io penso sia venuto il momento di smetterla di inseguire proposte politiche che non hanno cuore, braccia, gambe e cervello, ben radicati nei nostri territori...
Ciò detto:
Spoiler
--- Termina citazione ---
ah ecco bravo finalmente, il pensiero meridionalista ha una sua valenza che pero' resta puramente storica non se ne puo' e non se deve assolutamente fare una leva per orientare o polarizzare l'ATTUALITA'
Sono daccordo con te che devo conoscere e valorizzare la mia storia e ancora di piu' che devo analizzare la situazione del mezzogiorno con lucido e razionale spirito critico non abboccando alla retorica che tu hai ben definito eterodiretta.
Ma vedi, il fatto di avere subito un torto e di essere stati sempre male interpretati e male trattati deve essere lo spunto per trovare unita' di intenti e spirito di lotta e non di croggiularsi sul passato perche', che ve ne siati accorti o no, il mondo e' cambiato e non parlo solo di sud e nord di italia ma proprio del mondo come concetto.
P.s.
A magliett e' uerr
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