Ci sarebbero assai cose da dire, mi limito a sottolineare come Camilleri sia stato e sia tutt'oggi un gigante del suo campo. Parliamo di un genere, il giallo, abbastanza inflazionato ma che suscita sempre consensi. Appartenente alla vecchia scuola, quella appunto di Vasquez Montalban, di Izzo, ha chiuso il cerchio del Noir Mediterraneo (non essendo poi la sua una serie realmente noir, ma con sfumature buttate accussi) dando comunque lustro all'Italia in quel campo. È stupido essenzialmente giudicare le abilità di un pesce in base alla sua capacità di salire su di un albero (cit.)
Possiamo contestargli la serialità, l'eccessiva commercializzazione del suo personaggio, ma il suo lavoro, specie nei primi romanzi, è un lavoro di livello (per il genere) assoluto.
Quindi ne faccio volgarmente una questione di gusto, per quanto appaia banale ricorrere al de gustibus tocca riconoscere che la letteratura non è una scienza esatta, ma metà intrattenimento, metà catalizzatrice di pensieri. Può essere anche formazione. Io ad esempio impazzisco per Hrabal ma non posso soffrire nemmeno dieci pagine di Kafka, dillo a uno che se ne intende di letteratura ceca e non esiterebbe un secondo a smentirmi. Eppure è il banalissimo gusto a farla da padrone, sempre.
Su De Crescenzo non entro nel merito divulgativo, di filosofia so quanto di fisica quantistica, però come al solito mi ha intristito leggere determinati commenti da persone intelligenti come alcuni di voi. La cultura, più che l'intelligenza, stimolano il senso critico, aspetto fondamentale per vedere il mondo oltre quella che è la classica e stantia facciata, eppure ho imparato col tempo che quel senso critico tanto prezioso può diventare un'arma a doppio taglio, si può perdere la misura, e finire per criticare tutto ciò che non sia di nicchia, iperstudiato, ipercurato. Di De Crescenzo, di cui visto e rivisto solo i film cult, per me c'è poco da dire. Ha creato una sorta di cartella piena di piccole perle filosofiche (o come vogliamo chiamarle) su una specie di cloud immaginario tutto partenopeo. Lo stesso in cui ci trovi quella di Totò, Troisi, Eduardo ecc. Andando via da Napoli mi impressiona sempre come gli altri popoli italici siano poveri di frasi, modi di dire, spezzoni cult da condividere e ricordare nel quotidiano, in questo paese c'è una cultura, una filosofia, tutta Napoletana che fa da filo conduttore non solo tra campani, ma anche tra siciliani, molisani, lucani, calabresi del nord, basso Lazio, che collega tramite piccole perle di cultura, modi di dire, crea interazione, intesa, e questa è una roba meravigliosa che soltanto lontano da Napoli puoi apprezzare a pieno. La cosa più difficile del mondo per me è pariare con un lombardo, un veneto, un piemontese, un trentino, cambiano codici di comunicazione, tempi, cultura artistica, una battuta a Napoli banale per loro è genialità e ridono mezzora, una battuta a Napoli geniale manco a capiscono pure se gliela spieghi trenta volte.
Questo per dire che persone come De Crescenzo sono purtroppo rare, che ne avremmo bisogno di uno ogni dieci anni accussi, perché con la loro arte collegano le persone, contribuiscono all'arricchimento di un patrimonio umano inestimabile rappresentato dalla cultura partenopea che è una cosa tutt'altro che territoriale e di nicchia, e ridurre la sua produzione ad una becera banalizzazione stereotipata della napoletanità, quando per anni ne ha solo caricaturizzato gli aspetti folkloristici, è proprio da persone che si prendono troppo sul serio.
Detto con affetto sincero.